In questi ultimi anni il più
evidente elemento di trasformazione, a livello mondiale, del settore sementiero,
è stato il massiccio ingresso in queste attività di grandi imprese
multinazionali che, già attive nel settore chimico e farmaceutico, hanno esteso
il proprio campo di azione all’ingegneria genetica e alla commercializzazioni
dei prodotti biotecnologici.
Tale
evoluzione ha determinato una forte riduzione della nostra industria
sementiera, che rappresenta un reale pericolo per la nostra sicurezza
alimentare, sia essa intesa in termini quantitativi, sia essa intesa in termini
qualitativi.
In particolare, di seguito
saranno evidenziate le principali società che operano nel settore, con le
relative quote di mercato a livello mondiale:
1)
Monsanto (USA) …………………23%
2)
DuPont (USA)…………………….15%
3)
Syngenta (Switzerland)……………9%
4)
Groupe Limagrain (France)………6%
5)
Land O’ Lakes (USA)……………...4%
6)
KWS AG (Germany)……………….3%
7)
Bayer (Germany)……………………2%
8)
Sakata (Japan)……………………..<2%
9)
DLF-Trifolium (Denmark)………..<2%
10)
Takii (Japan)……………...…<2%
TOTALE……………………………68% circa
Le strategie di sviluppo attuate
dalle multinazionali hanno sostanzialmente determinato due grandi fenomeni:
i) una crescente concentrazione
dell’offerta sia nel settore degli agrofarmaci, che in quello delle sementi;
ii) una crescente osmosi tra il settore delle
sementi e quello degli agrofarmaci, nonché tra tali settori e quello
farmaceutico.
Come esito di
tali processi, non soltanto si assiste a una progressiva assimilazione
dell’identità degli operatori presenti nel settore delle sementi e in quello degli
agrofarmaci, ma anche ad un’analoga evoluzione delle dinamiche competitive,
incentrate in misura crescente sullo sfruttamento e sulla difesa dei diritti di
proprietà intellettuale, così come da anni avviene nel settore farmaceutico.
A livello mondiale, 5 grandi
compagnie controllano oltre il 90% delle colture transgeniche (Monsanto,
Aventis, Syngenta, DuPont e Dow). Esse sono il risultato di un intenso processo
di fusioni e di acquisizioni attuate negli ultimi decenni: Syngenta è, a
esempio, il risultato della fusione parziale tra la britannica Zeneca e
l'elvetica Novartis, la quale a sua volta era frutto della fusione tra Ciba
Geigy e Sandoz; Monsanto si è ingrandita grazie a una serie numerosa di
acquisizioni di compagnie quali Asgrow, Agracetus, Dekalb, Cargil, ecc.;
Aventis nasce dalla fusione della francese Rhone Poulenc e della tedesca Hoest;
Du Pont ha acquistato la Pioneer.
I processi di concentrazione e
integrazione descritti, funzionali al perseguimento della massima efficienza
tecnico-produttiva, pongono tuttavia il problema dei possibili comportamenti
strategici dei grandi gruppi multinazionali diretti a realizzare un maggiore
controllo dei mercati e a orientare le scelte degli utilizzatori. Da un lato,
infatti, l’evoluzione tecnologica e normativa dei settori in esame ha
certamente generato la necessità di disporre di maggiori risorse e dimensioni
per affrontare gli ingenti costi legati allo sviluppo e alla registrazione
delle nuove varietà e delle nuove molecole; dall’altro, la concentrazione in
poche mani delle risorse destinate alla ricerca e allo sviluppo delle varietà
di sementi, nonché delle sostanze più idonee a garantirne la coltivazione e la
crescita, consente di esercitare un potere di mercato nei confronti degli
agricoltori, utilizzatori finali dei prodotti sementieri e fitofarmacologico,
aumentandone di fatto il grado di dipendenza dall’industria della produzione
degli input.
Al riguardo, è appena il caso di
ricordare, ad esempio, come la diffusione di prodotti trasngenici, tutelati dai
diritti di protezione intellettuale, ostacoli
l'utilizzazione delle sementi di seconda generazione per la semina successiva,
garantendo l'impossibilità per gli agricoltori di appropriarsi del seme
proveniente dal raccolto dell'anno precedente senza corrispondere i relativi
diritti all'azienda costitutrice.
Nonostante in Europa e in Italia
l'espansione dei prodotti biotecnologici sia stata sino ad oggi frenata da una
normativa ambientale e sanitaria più restrittiva, ispirata al principio di
precauzione per evitare gli effetti nocivi degli OGM sulla salute e
sull'ambiente, ormai anche in tali aree la tendenza in atto è verso una maggiore
concentrazione della produzione in capo alle stesse multinazionali.
Sotto il profilo concorrenziale,
il settore sementiero è rappresentato da un insieme estremamente numeroso e
composito di mercati, che si differenziano tra di loro sia a livello orizzontale,
in funzione della specifica tipologia di coltivazione cui la semente è
destinata (riso, mais, soia, orticole, barbabietole, ecc.), sia, a livello
verticale, in funzione della specifica fase della catena produttiva e
distributiva alla quale si fa riferimento. Ciò in quanto, ad esempio,
l’immissione sul mercato di sementi comporta la realizzazione di diverse
attività produttive, verticalmente collegate, nelle quali sono spesso presenti
soggetti imprenditoriali distinti, caratterizzati da un diverso grado di
integrazione verticale. Solo in un numero ristretto di casi, l’attività delle
imprese sementiere si estende dalla fase più a monte della ricerca di base sino
alla quella più a valle della distribuzione agli utilizzatori finali.
Le ditte sementiere possono ad
esempio distinguersi a seconda che:
1) siano attive anche nella fase
della ricerca di base finalizzata alla realizzazione del materiale genetico
(ricerca genetica);
2) si limitino ad acquistare il
materiale genetico di base e a svolgere attività di moltiplicazione;
3) siano costitutori del
materiale di moltiplicazione e procedano all’iscrizione delle varietà,
commercializzandole con marchio proprio;
4) acquistino le diverse varietà
di seme per rivenderle con un proprio marchio.
E' evidente che la struttura dei
mercati tende ad essere tanto più concentrata quanto più si risale alla fase
produttiva a monte della ricerca di base, la quale richiede ingenti
investimenti, non solo legati ai costi specifici dell'innovazione e della
sperimentazione, ma anche alla necessità di affrontare i rischi commerciali
legati all'immissione sul mercato delle nuove molecole e delle nuove varietà.
Secondo i dati contenuti
nell'ultimo rapporto disponibile di Databank
sull'industria sementiera in Italia, nel 2007 le prime 8 imprese
controllavano circa il 50% del settore, mentre le prime 4 circa il 40%.
Maggiori livelli di concentrazione si riscontravano nei comparti del mais e
della soia, mentre si osservava una forte polverizzazione dell'offerta
soprattutto nelle aree delle foraggere e delle orticole.
Questi dati testimoniano
inequivocabilmente di una debolezza
endemica delle imprese agricole nei confronti dei fornitori degli input dei
processi produttivi.
La
concentrazione di imprese che forniscono gli strumenti alla produzione
agricola, quali le sementi e gli agrofarmaci, configura un regime di oligopolio
che incide pesantemente sui rapporti contrattuali tra i soggetti della filiera,
specialmente per quanto attiene all'andamento dei prezzi dei suddetti mezzi
tecnici di produzione, che mostrano crescite costanti rispetto a quelle
registrate per i prezzi alla produzione.
Gli agricoltori sono costretti a
confrontarsi con poche imprese organizzate su basi multinazionali che, di
fatto, svolgono sempre e comunque il ruolo di price maker a fronte della
concentrazione dell'offerta dei mezzi tecnici di produzione.
Il regime di
oligopolio in cui opera il mercato delle sementi favorisce inoltre la riduzione
della base genetica e della diversità genetica delle risorse fitogenetiche per
l'alimentazione e l'agricoltura, diminuendo la possibilità di scelta degli
agricoltori e quindi la loro libertà imprenditoriale.
La base genetica andrebbe invece
ampliata attraverso la produzione di sementi che siano realmente diversificate
(non solo nel nome) in una logica di mercato libero in cui sia garantita la
protezione dei diritti brevettuali, rafforzando la vigilanza sull'operato
dell'Ufficio europeo dei brevetti.
Per quanto venga sempre più riconosciuta
l'importanza del ruolo dei sistemi informali delle sementi nel mantenere la
biodiversità agricola, occorrono maggiori sforzi a sostegno delle produzioni
locali, per il miglioramento dell'accesso a sementi di qualità e per lo
sviluppo dell'imprenditoria su piccola scala.
Alcuni strumenti atti a favorire la
diversificazione delle sementi sono già operativi, ma vanno potenziati in una
logica di sistema che coinvolga tutti gli operatori della filiera. Il Trattato
internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura,
ponendo l'accento sulla speciale natura di tali risorse e sulle peculiarità
delle loro caratteristiche, rappresenta la cornice normativa entro la quale
attivare una serie di azioni che vanno dall'attuazione delle indicazioni
dettate dalle «Linee guida nazionali per la conservazione in situ, on farm ed
ex situ della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario»
(adottate con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e
forestali 6 luglio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24
luglio 2012) ad una più attenta riformulazione dei piani di sviluppo rurale.
La conservazione e il miglioramento
delle risorse genetiche vegetali in situ e on farm dipendono tuttavia dalla
possibilità effettiva di utilizzare tali risorse in modo duraturo e richiedono
pertanto norme che permettano la commercializzazione di materiali genetici
diversificati. Il quadro giuridico di riferimento deve pertanto consentire la
commercializzazione di varietà provenienti dalla conservazione in situ e non
incluse negli elenchi ufficiali delle sementi, che si fondano sui criteri di conformità
«DUS» (carattere distintivo, uniformità e stabilità). Occorre cioè consentire
la coltivazione e la commercializzazione di sottospecie indigene e varietà che
si sono adattate naturalmente alle condizioni locali e regionali e che sono
minacciate dall'erosione genetica. In tal senso, per tutelare le varietà da
conservazione, ossia quelle dotate di determinate caratteristiche, a partire da
un legame tra risorsa genetica, storia e territorio, l'Italia ha disciplinato,
con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 18
aprile 2008, le condizioni per la commercializzazione di sementi di varietà da
conservazione. Queste, dopo essere state iscritte in una apposita sezione del
registro nazionale delle varietà di specie agrarie e ortive, possono essere
commercializzate in modiche quantità, mediante vendita diretta da parte dei
produttori e soltanto in ambito locale.
In conclusione, gli strumenti per una
razionalizzazione del mercato delle sementi esistono, ma occorre che diventino
temi rilevanti nell'agenda delle nostre istituzioni. L'insediamento di tavoli
di confronto nei quali associazioni degli agricoltori, ministeri competenti,
regioni e associazioni di rappresentanza delle case produttrici di sementi e
fitofarmaci possano confrontarsi periodicamente su soluzioni operative per
migliorare il sistema, potrebbe essere un primo passo per arrecare grandi
benefici al settore agroalimentare.