MOZIONE
premesso che,
l’agroalimentare
è uno dei settori che resiste meglio alla crisi economica in atto e, in
particolare,
l’agricoltura
italiana registra risultati migliori dell’industria e dell’economia nel
complesso sia in
termini di contributo
alla crescita economica (Pil) che di occupazione; ancora meglio si posiziona
l’industria
alimentare che presenta indicatori in termini di valore aggiunto che sono
costantemente
migliori della
media dell’industria in generale; l'export si conferma il motore
dell'agroalimentare
italiano, con un
nuovo record di 32 miliardi di euro di fatturato nel 2012 (+5,4% sul 2011), e
un
avvio di 2013
molto promettente (Ismea su dati Istat);
le performance
attuali del settore dipendono sia da fattori generali del sistema Paese, che
specifici
del settore
caratterizzati da un enorme sforzo dei produttori italiani a tutela della
qualità e della
tracciabilità
della produzione agroalimentare nazionale che si contrappone ad una visione che
a
livello
internazionale tende a considerare la produzione agricola solo una commodity
che, al pari del
petrolio, può
determinare ingenti fortune finanziarie; in tale ultimo contesto, l’attività
lobbistica
delle
multinazionali che vogliono trarre profitto dal transgenico, a prescindere
dalle conseguenze
che derivano
dalla loro coltivazione e commercializzazione, ha spesso il sopravvento nelle
decisioni
in materia di
alimentazione ponendo ostacoli alla ricerca indipendente a causa dei brevetti
sui semi
detenuti;
ad oggi i nodi da sciogliere
connessi al transgenico sono ancora molti: oltre ai rischi per la salute e
l’economia del nostro Paese, che
si contraddistingue per i suoi tradizionali prodotti tipici e di
qualità, resta irrisolto il
problema dell’impossibilità di coesistenza tra le colture Ogm con quelle
convenzionali, dato che non
esistono misure idonee ed efficaci per evitare la contaminazione che
determina un inquinamento
dell’ambiente irreversibile;
una vasta parte della comunità
scientifica continua ad esprimere forti e rinnovate perplessità e
significative resistenze
all’impiego di tecnologie transgeniche in agricoltura richiamando
l’attenzione sull’importanza che
sia la comunità dei cittadini a prendere le decisioni di merito
sull’uso di tali tecnologie, in
considerazione delle ricadute globali ed incontrollabili su salute e
ambiente che potrebbero derivare
da eventuali errori di valutazione;
una eventuale introduzione di
colture transgeniche avrebbe inoltre come diretta conseguenza la
messa in discussione di uno dei
principali fattori di creazione di valore aggiunto del Paese e, cioè, il
nostro modello agricolo, fondato
su produzioni di qualità apprezzate sul mercato interno ma, anche
di più, all’estero che danno vita
a quel Made in Italy così apprezzato da essere costantemente
minacciato da imitazioni e
falsificazioni;
in realtà la maggioranza dei
cittadini italiani ed europei ha già manifestato la propria volontà di non
autorizzare la coltivazione di
sementi transgeniche sui propri territori al fine di tutelarne l’integrità
per le future generazioni;
la direttiva 2001/18/CE del 12 marzo 2001
costituisce il testo normativo fondamentale, in punto sia
di “immissione in commercio” di
OGM, sia di “emissione deliberata” di OGM nell'ambiente e
prevede, per i singoli stati
membri, la possibilità di dichiarare l'intero territorio nazionale come
libero da Ogm attraverso
l'applicazione del principio di “salvaguardia”;
la direttiva n. 2001/18/CE
sull’emissione deliberata di organismi geneticamente modificati è stata
recepita in Italia con il decreto
legislativo n. 224/2003. Con tale atto il Ministero dell’Ambiente è
stato indicato quale autorità
competente a livello nazionale con il compito di coordinare l’attività
amministrativa e
tecnico-scientifica, il rilascio delle autorizzazioni e le comunicazioni
istituzionali
con la Commissione Europea ,
con il supporto della Commissione Interministeriale di Valutazione.
il decreto 224/2003, all’articolo
25 recepisce quanto stabilito dall’articolo 23 della direttiva n.
2001/18/CE, in relazione alla
cosiddetta “clausola di salvaguardia” mediante la quale le autorità
nazionali preposte – per l’Italia
i Ministeri dell’ambiente, delle politiche agricole e della salute -
possono bloccare l’immissione nel
proprio territorio di un prodotto transgenico ritenuto pericoloso.
Con l’attivazione di tale
clausola si dà luogo ad una serie di consultazioni fra la Commissione
europea, le autorità nazionali,
il produttore, gli organismi che sono intervenuti nella procedura di
valutazione della conformità e
tutte le parti interessate. La normativa comunitaria consente
comunque alla Commissione europea
di annullare il ricorso alla clausola di salvaguardia in caso di
evidenze scientifiche contrarie;
coesistenza tra colture
transgeniche, convenzionali e biologiche. Infatti, con l’articolo 22 è previsto
che gli OGM autorizzati in
conformità alla direttiva devono poter circolare liberamente all’interno
dell’Unione Europea, mentre con
l’articolo 26 bis (introdotto dal Reg. 1829/2003), si dispone che
«gli Stati membri possono
adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di
OGM in altri prodotti». Questa
disposizione consente quindi agli stati membri di poter introdurre,
nel proprio ordinamento, norme
specifiche per regolare la coesistenza;
con il decreto legge n. 279/2004,
convertito con la legge n. 5/2005, erano state previste disposizioni
per assicurare la «coesistenza»
tra colture transgeniche, biologiche e convenzionali. La
Corte
costituzionale con la sentenza n.
116/2006 ha dichiarato la parziale incostituzionalità del D-L
279/2004 nella parte ritenuta di
esclusiva competenza legislativa regionale in materia di agricoltura.
L’intervento della Corte ha
causato un vuoto normativo molto dannoso poiché sono stati mantenuti
in vigore sia il principio della
libertà di scelta dell’imprenditore sia il principio della coesistenza,
mancando però del tutto le parti
operative e tecniche per attuare la coesistenza. Il risultato è che
ogni norma nazionale o regionale
che vieta l’utilizzo di colture transgeniche diventa contraria al
principio di coesistenza
stabilito a livello europeo;
tale orientamento è stato da
ultimo riconfermato nella sentenza della Corte di Giustizia Europea
dell’ottobre 2012 (sul caso di
specie Pioneer Hi Bred Italia Srl contro Ministero delle Politiche
agricole alimentari e forestali)
con cui la Corte
si è pronunciata in via pregiudiziale
sull'interpretazione dell'articolo
26-bis della direttiva 2001/18/CE. Per la
Corte uno Stato membro,
ai sensi del citato articolo
26-bis, può disporre restrizioni e divieti geograficamente delimitati, solo
nel caso e per effetto delle
misure di coesistenza realmente adottate. Viceversa uno Stato membro
non può, nelle more dell'adozione
di misure di coesistenza dirette a evitare la presenza accidentale
di organismi geneticamente
modificati in altre colture, vietare in via generale la coltivazione di
prodotti OGM autorizzati ai sensi
della normativa dell'Unione e iscritti nel catalogo comune;
fin dal 2010 il Parlamento
italiano si è espresso a favore della proposta di regolamento di modifica
della direttiva 2001/18/CE -
attualmente in fase di stallo presso le istituzioni europee - che
consentirebbe agli Stati membri
di decidere in merito alle coltivazioni OGM sulla base di più ampi
criteri oltre a quelli già
previsti di tutela della salute e dell’ambiente; più in generale e in ambito
comunitario, l'Italia ha da
sempre sottolineato l'importanza dell'impatto socio-economico derivante
dall’uso del transgenico che deve
essere valutato a pieno titolo accanto a quelli già riconosciuti in
merito all’ambiente e alla
salute;
al riguardo si evidenzia
l’intenzione del commissario europeo alla salute Tonio Borg di rilanciare il
negoziato Ue sugli Ogm rendendo
gli stati membri maggiormente autonomi sulle linee guida da
autorizzare a livello nazionale;
anche le Regioni hanno
ripetutamente dichiarato la loro ferma opposizione all’introduzione di
colture transgeniche in Italia
sottolineando la necessità che il futuro regolamento del Parlamento
europeo e del Consiglio che
modifica la direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per
gli Stati membri di limitare o
vietare la coltivazione di Ogm sul loro territorio sia il più possibile
adeguato a salvaguardare
l'agricoltura italiana, la qualità e la specificità dei suoi prodotti;
a tal proposito la Conferenza
delle regioni e delle province autonome ha approvato un ordine del
giorno con cui impegna il
“Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nelle more
dell'approvazione della proposta
di modifica della direttiva 2001/18/CE in materia di possibili
divieti alla coltivazione di
piante geneticamente modificate, di procedere con l'esercizio della
clausola di salvaguardia ai sensi
dell'articolo 23 della direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo
e del Consiglio del 12 marzo
2001” (..) e “tenuto conto delle competenze in materia riconosciute
dalla Costituzione impegna il
Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali a rappresentare
al Ministro dell'ambiente e in
occasione delle riunioni in sede comunitaria la posizione unanime
delle Regioni e delle Province
autonome di assoluta contrarietà rispetto alla autorizzazione della
coltivazione degli organismi
geneticamente modificati sul territorio nazionale;”
il rischio che corre il sistema
agroalimentare nazionale, in assenza di una chiara posizione del
Governo con l’adozione della
clausola di salvaguardia, potrebbe essere imminente se, come si
apprende da alcune notizie
stampa, fosse vero che “nei silos di stoccaggio della Lombardia, del
Veneto, dell’Emilia e del Friuli
ci sono 52 mila sacchi di mais transgenico autorizzato dalla UE
MON810, sufficienti a coltivare
32 mila ettari, pronti per le semine di primavera”;
la tutela e la valorizzazione
della qualità del nostro sistema agroalimentare è un obiettivo di
rilevanza strategica che trova
attuazione attraverso una concreta tutela istituzionale del comparto
primario dall’inquinamento transgenico
ed un efficace sistema di tracciabilità, di riconoscibilità e di
etichettatura dei prodotti
agroalimentari;
in presenza di rischi concreti
per il sistema agricolo nazionale di inquinamento da colture
transgeniche che potrebbe
verificarsi a causa di una normativa nazionale e comunitaria
contraddittoria e incompleta lo
stesso Ministro delle politiche agricole, lo scorso 28 gennaio, ha
chiesto formalmente al Ministro
dell’Ambiente, in qualità di Autorità nazionale in materia, di
“guardare concretamente alla
prospettiva di una clausola di salvaguardia per le coltivazioni di Ogm
in Italia”; ad oggi otto nazioni
(Francia, Germania, Lussemburgo, Austria, Ungheria, Grecia,
Bulgaria e Polonia) hanno già
adottato delle clausole di salvaguardia per vietare le colture di Ogm
autorizzate nei loro territori;
in realtà l’ultimo Rapporto
del Servizio Internazionale per l’acquisizione delle applicazioni
biotecnologiche
per l’agricoltura (ISAA) sullo Status globale della commercializzazione di
colture
biotech/Ogm dello scorso
febbraio, ha evidenziato che in Europa sono rimasti solo cinque paesi
(Spagna, Portogallo, Repubblica
Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare Ogm, con 129.000 ettari di
mais transgenico piantati nel
2012, una percentuale irrisoria della superficie agricola comunitaria
che conferma l’opposizione in
Europa alla diffusione del transgenico in agricoltura;
al fine di difendere le
produzioni nazionali da possibili contaminazioni da colture geneticamente
modificate e collocarne i
prodotti ad un livello di maggiore interesse e competitività nel panorama
economico mondiale;
che in data 29
marzo il Ministro della Salute Balduzzi ha inoltrato alla Direzione generale Salute e Consumatori della
Commissione europea la richiesta di sospensione d'urgenza dell'autorizzazione
della messa in coltura in Italia e nel resto d'Europa di sementi di mais
Mon810, con allegato il dossier elaborato dal ministro del MIPAF Catania a
norma dell'art.34 del regolamento(CE)1829/2003 ;
impegna il
Governo:
ad adottare la clausola di
salvaguardia, di cui all’articolo 25 del decreto legislativo n. 224 del 2003,
di recepimento della direttiva n.
2001/18/CE, al fine di evitare ogni forma di coltivazione in Italia di
Ogm autorizzati a livello europeo
e di tutelare la sicurezza del modello economico e sociale di
sviluppo dell’agroalimentare
italiano;
a prevedere, in
relazione alla stagione delle semine avviata in gran parte del Paese,
l'incremento delle attività di controllo per potenziare, d'intesa con le
Regioni, la sorveglianza sui prodotti sementieri in corso di distribuzione ed
intervenire in presenza di sementi transgeniche non autorizzate.
- Cenni
- Rosato
Ettore
- Braga
Chiara
- Gnecchi
- Benamati
- Mongiello
- Realacci
- Lenzi
- Arlotti
- Magorno
- Fanucci
- Lodolini
- Miotto
- Manfredi
- Rubinato
- Murer
- Moscatt
Tonino
- Antezza
Maria
- D’Incecco
- Petrini
- Fossati
- Marantelli
- Marchi
- Bianchi
- Mariani
- Fregolent
- Dallai
- Bratti