Il problema è sicuramente attuale…….nel caso di coesistenza
tra “piante non OGM”, siano esse convenzionali o biologiche, e “piante OGM”, e soprattutto nel caso in cui uno Stato preveda l'etichettatura degli alimenti derivati, ci
sarà sicuramente un generalizzato aumento dei costi di coltivazione per le diverse tipologie produttive (non OGM, OGM e biologico), in
relazione alle aree di rispetto, alla pulizia delle attrezzature di lavorazione
e di raccolta, ai costi di segregazione, ecc.
Una domanda sorge spontanea: a chi spettano i maggiori costi
di coesistenza? Agli agricoltori "non OGM” o agli agricoltori che vogliono
introdurre gli OGM sul territorio nazionale? La risposta non è semplice, poiché
ognuno di essi dirà che dovranno essere gli altri a sostenere i costi di
coesistenza.
Al fine di rispondere a questa domanda è
necessario focalizzare l’attenzione sulle caratteristiche di ogni diversa forma
di agricoltura e sui conseguenti danni che ne possono derivare nel caso di
coesistenza.
Per l’agricoltore convenzionale la presenza di polline
transgenico che può inquinare la sua produzione non OGM deve essere evitata, ma
non costituisce un grande problema, poiché non ha una dotazione particolare di
macchine da ammortizzare. L’importante è che questa soglia di inquinamento non
superi la soglia dello 0,9%, così come previsto dalla Legge sull’etichettatura,
per non avere una riduzione di prezzo. Nel caso in cui, invece, questa soglia
superasse lo 0,9% ecco che si presentano una serie di danni per l’agricoltore
convenzionale, che sarà costretto a vendere sul mercato del transgenico la sua
produzione convenzionale (ha sostenuto i costi del convenzionale, per poi vendere
ai prezzi, più bassi, del transgenico).
Diverso è il discorso per l’agricoltore biologico, che ha
fatto le siepi intorno alla sua azienda agricola, si è dotato di macchine
particolari per effettuare la “falsa semina” e per l’esecuzione dei trattamenti
antiparassitari con prodotti naturali, si è dotato di strutture particolari per
l’allevamento degli animali biologici, si è dotato di macchine particolari per
la trasformazione dei prodotti agricolo/zootecnici, ha sopportato i minori
introiti del periodo di conversione, si è sottoposto ai controlli previsti
dalla Legge………..tutto questo comporta maggiori costi, con la speranza di poter
ottenere maggiori prezzi di vendita, che non otterrà se il suo prodotto sarà
anche in parte OGM. Con ogni probabilità il prodotto biologico inquinato da OGM
non sarà accettato dalla filiera biologica e dovrà essere venduto sul mercato
del convenzionale. Se poi il livello di inquinamento supererà lo 0,9%, anche
questo prodotto che doveva essere biologico, dovrà essere venduto sul mercato
del transgenico, con indubbi maggiori perdite negli incassi.
Chi guadagnerà da questa situazione? Gli unici che
guadagneranno saranno i coltivatori di piante OGM, che vedranno aumentare i
costi e le difficoltà produttive di chi fa agricoltura convenzionale e/o
biologica e vedranno divenire maggiormente competitive le loro produzioni.
In una situazione come quella delineata, anche al fine di
ristabilire una determinata concorrenza di mercato, è necessario che siano gli
agricoltori che intendono coltivare OGM a sostenere i costi di coesistenza…….se
così non fosse, dopo pochi anni le coltivazioni “non OGM”, convenzionale e biologica,
scomparirebbero.