La prof. Chiara Tonelli, nota
sostenitrice delle piante OGM per scopi alimentari, ha recentemente rilasciato
una intervista pubblicata da “Tutto scienze e tecnologia” dal titolo “Siete
pronti a curarvi con carote, girasoli e pomodori OGM?”. Sinceramente la mia
risposta è positiva, poiché se mi ammalerò, vorrò, nel limite del possibile,
anche guarire. Però non sono d’accordo sul fatto di nutrirmi con questi
alimenti, per cui spero essi siano venduti in farmacia. Perché il problema è
proprio questo: quando ci saranno questi pomodori miracolosi, arricchiti di
qualsiasi cosa, chi potrà garantirmi una scelta consapevole? Potrò
essere sicuro di mangiare quello che ritengo più opportuno e salutare per me,
per la mia famiglia e per i miei figli?
Pertanto, non si vogliono mettere in
discussione le reali capacità nutrizionali/”farmacologiche” di questi alimenti,
che dovranno essere vagliate e supportate da specifiche indagini scientifiche,
ma sussistono elementi di chiarezza che non possono essere elusi. In
particolare, in questi ultimi anni sempre più spesso la ricerca genetica ci
ha stupito con le sue possibilità
applicative. Le promesse sono
entusiasmanti, piante alimentari che produrranno vitamine di ogni tipo e che
salveranno dalla cecità milioni di bambini, frutti che potranno rimanere sugli
scaffali dei negozi di vendita per settimane o, forse mesi, senza marcire,
alimenti ricchi di licopene, che impediranno la formazione di qualsiasi tipo di
cancro, alimenti ricchi di “Omega 3”, che impediranno l’invecchiamento delle
nostre cellule e ci allungheranno la vita, “frutti particolari”, che
impediranno la diffusione di malattie fortemente invalidanti, alimenti
“ipocalorici”, in grado di banalizzare ogni dieta alimentare e l’elenco
potrebbe continuare ancora e stupirci ancor di più. Sarà vero benessere o pura
utopia? Miglioreranno la nostra salute o saranno fonte di angosce?
Come ci fa notare la prof.
Tonelli, le promesse sono entusiasmanti, ma occorrerà considerare, così come
sostengono alcuni studiosi, che qualsiasi manipolazione ingegneristica tesa a
modificare il contenuto nutrizionale degli alimenti, interferendo in modo
profondo con importanti vie metaboliche, può dar luogo a variazioni della
concentrazione di altri importanti nutrienti, comprese, purtroppo, alcune
tossine. Per esempio, inaspettatamente, il mais Bt (resistente alla piralide),
già largamente coltivato negli U.S.A., presenta un elevato contenuto di lignina
rispetto al mais isogenico. Un altro esempio è costituito dal pomodoro
arricchito di betacarotene, che presenta, però, un basso contenuto in licopene.
La problematica è sicuramente importante e fa sorgere alcune domande:
- nel caso in cui non ci trovassimo di fronte
allo stesso alimento (un pomodoro che a causa della modificazione genetica ha
perso parte delle sue normali caratteristiche nutrizionali), lo potremo
comunque utilizzare con le stesse modalità dell’alimento convenzionale?
- otterremo da questo alimento gli stessi
apporti nutrizionali?
- il nutraceutico determinerà sicuramente una
diminuzione della probabilità di contrarre una certa malattia, ma la
possibilità di contrarre altre malattie rimarrà la stessa, diminuirà o
aumenterà?
- la nostra dieta quotidiana potrà rimanere la
stessa, oppure dovrà subire delle modificazioni in relazione alla presenza di
un alimento funzionale che, oltre all’apporto/sottrazione di quel nutrimento,
porta con sé altri effetti nutrizionali?
Purtroppo,
però, le aspettative non sono tutte favorevoli, in quanto questi nuovi alimenti
prima di essere utilizzati dovranno rispondere a requisiti minimi essenziali di
sicurezza alimentare ed ambientale, sui quali non è possibile derogare. Tali
requisiti possono essere così individuati:
-
da un punto di
vista nutrizionale essi non dovrebbero avere controindicazioni di alcun tipo,
in quanto quello della “sicurezza alimentare del cibo” è un prerequisito del
quale non si dovrebbe nemmeno discutere; il cibo, per sua natura e in quanto
tale, non deve nuocere alla salute (per esempio, come è risaputo, un’elevata
assunzione di vitamine liposolubili, come per esempio la vitamina A, può
determinare effetti dannosi per l’organismo simili a quelli di una carenza di
queste stesse vitamine);
-
essi dovranno
avere una comprovata e significativa azione preventiva nei confronti di talune
malattie;
-
l’alimento
funzionale dovrà svolgere la sua attività nell’ambito della normale dieta
giornaliera e non dovrà essere oggetto di specifica somministrazione come nel
caso dei farmaci;
-
da un punto di
vista della produzione agricola vi dovrà essere comprovata possibilità di
coesistenza con altre forme di agricoltura convenzionale e/o biologica (non vi
dovranno essere fenomeni di inquinamento genetico delle forme di agricoltura
convenzionale);
-
vi dovrà
essere separazione netta della filiera distributiva di questi “prodotti
arricchiti” da quelli convenzionali;
-
essi dovranno
essere caratterizzati da un favorevole grado di redditività per l’agricoltore,
a prescindere dal pagamento di royalty e dalla presenza di contratti di
coltivazione;
-
vi dovrà
essere una reale accettazione da parte dell’utilizzatore, sia esso privato o
industria di trasformazione;
-
non dovranno
agevolare comportamenti di consumo parossistici, sia da un punto di vista della
sostituzione di altri alimenti convenzionali, sia da un punto di vista della
loro utilizzazione per prevenire situazioni patologiche inesistenti.
Occorrerà poi risolvere alcuni
problemi strettamente connessi al loro consumo. In particolare:
-
esiste
un problema di conservazione casalinga di questi alimenti, al fine di evitare
azioni di consumo che non siano consapevoli, soprattutto da parte dei bambini;
-
occorrerà
valutare attentamente eventuali interazioni con altri alimenti funzionali o con
altri farmaci;
-
occorrerà
riorganizzare il sistema di distribuzione di queste derrate
agricolo/alimentari/farmaceutiche, al fine di evitare comportamenti illeciti;
-
occorrerà
creare specifiche e dettagliate modalità di comunicazione delle caratteristiche
di questi prodotti;
-
occorrerà
evitare che essi siano considerati dal consumatore alla stessa stregua di un
farmaco e come tali siano consumati;
-
occorrerà
considerare che la domanda di nutraceutici non raggiungerà livelli elevati, per
cui il loro prezzo di mercato per unità
di peso sarà sicuramente più elevato di quello degli omologhi prodotti
convenzionali. Come cambierà l’assunzione degli altri fattori nutrizionali?
Saranno assunti nelle precedenti quantità, oppure in quantità ridotta a causa
del maggior prezzo del nutraceutico?;
-
occorrerà
verificare se il prezzo unitario del “fattore nutrizionale funzionale”, sarà
competitivo rispetto alle altre opportunità di acquisizione della funzionalità
attraverso l’assunzione di altri alimenti presenti sul mercato;
-
in
termini quantitativi, il fattore nutrizionale introdotto con la modificazione
genetica in un determinato alimento, dovrà essere superiore a quello che è
normalmente contenuto in altri nutrienti convenzionali. E’ inutile modificare
geneticamente un alimento se è possibile ottenere la stessa funzionalità da
altri alimenti;
-
l’efficacia
degli “alimenti funzionali transgenici” dovrà essere uguale a quella ottenibile
dagli integratori alimentari e dai farmaci che essi andranno a sostituire;
-
le
modalità di assunzione non dovranno presentare difficoltà, soprattutto in
termini di praticità e di semplicità di assunzione in viaggio o nei luoghi di
lavoro;
-
occorrerà verificare se essi consentiranno di acquisire con una certa
facilità la dose giornaliera di principio attivo in grado di prevenire quella
particolare patologia;
-
occorrerà verificare se essi svolgono la loro attività anche nel caso in cui siano sottoposti a
trattamenti termici di cottura e/o di preparazione culinaria in genere;
-
essi non
dovranno perdere la loro funzionalità nel caso in cui siano oggetto di
conservazione nel tempo;
-
la loro
reperibilità non dovrà essere più
difficoltosa di quella degli “integratori alimentari” e dei farmaci che essi
andranno a sostituire;
-
occorrerà considerare che essi aumenteranno le incertezze nutrizionali
dei consumatori, in relazione alla presenza sul mercato di nutraceutici con
diverso contenuto di principio attivo (per esempio, ogni ditta potrà produrre
una patata arricchita di vitamina A con un diverso contenuto di vitamina per kg
di prodotto) ed in relazione alla possibilità che, in modo fraudolento, vengano
venduti come funzionali alimenti che non lo sono;
-
essi potrebbero favorire
comportamenti di consumo dannosi per la salute del consumatore (il consumatore
potrebbe essere portato ad assumere il succo di frutta arricchito di vitamine e
a non mangiare più la frutta!);
-
essi potrebbero assecondare il mantenimento di errati stili di vita da
parte del consumatore (in presenza di un alimento arricchito che può avere
effetti positivi sulla formazione di neoplasie, il consumatore potrebbe essere
spinto a non smettere di fumare o di assumere alcool);
-
essi
determineranno una situazione di mercato degli alimenti che sotto certi punti
di vista è fortemente contraddittoria, in relazione ad una certa perdita di
biodiversità;
-
il problema
di maggior rilevanza riguarderà la qualità dell’”alimento funzionale
transgenico”. Chi deciderà la quantità di “principio attivo funzionale”
presente nell’alimento? Chi deciderà le
altre caratteristiche nutrizionali dell’alimento, che, con ogni probabilità,
saranno inevitabilmente modificate?
In definitiva, consapevoli del
fatto che non esistono “alimenti buoni o cattivi”, ma solo “regimi alimentari
buoni o cattivi”, quando il consumatore potrà utilizzare per l’alimentazione
quotidiana un “alimento funzionale”, aumenterà o diminuirà la probabilità di dar luogo ad una dieta
equilibrata? Aumenterà o diminuirà la probabilità che il
suo stato di salute si mantenga ad un buon livello o, addirittura, migliori,
così come auspicato?
Per i “nutraceutici transgenici”,
appare evidente che il problema dell’accettazione da parte del consumatore sarà
commisurato alle reali capacità di poter prevenire situazioni patologiche per
l’organismo (pensiamo, per esempio, ad un alimento funzionale come il sale
iodato, largamente utilizzato, con successo, per prevenire problemi alla
tiroide). A questo riguardo, importanti divengono gli elementi legati alla ricerca
scientifica, che dovrà essere in grado di fornire certezze in merito agli
effetti salutistici di questi “nuovi alimenti”, all’informazione, che
dovrà comunicare al consumatore le caratteristiche di questi alimenti, e all’etichettatura,
che dovrà consentire al consumatore una scelta consapevole.