Finalmente, era ora. Il Ministro delle Politiche Agricole
Alimentari e Forestali Nunzia De Girolamo, della Salute Beatrice Lorenzin e
dell'Ambiente e della tutela del territorio e del Mare, Andrea Orlando hanno
firmato oggi, 12 luglio 2013, il decreto interministeriale che vieta in modo
esclusivo la coltivazione di mais geneticamente modificato MON810 sul
territorio italiano. Il divieto è così in vigore fino all'adozione delle misure
previste dal regolamento comunitario 178/2002 e comunque per un periodo di
massimo diciotto mesi. Il provvedimento sarà immediatamente notificato alla
Commissione europea e agli altri 27 Stati membri dell'Unione europea.
"Con i Ministri Lorenzin e Orlando avevamo preso un
impegno preciso sugli Ogm, considerate anche le posizioni unitarie del
Parlamento e delle Regioni. Con il decreto che abbiamo firmato oggi - spiega in
una nota De Girolamo - vietiamo la sola coltivazione del mais Mon810 in Italia,
colmando un vuoto normativo dovuto alle recenti sentenze della Corte di
Giustizia europea. È un provvedimento che tutela la nostra specificità, che
salvaguardia l'Italia dall’omologazione. La nostra agricoltura si basa sulla
biodiversità, sulla qualità e su queste dobbiamo continuare a puntare, senza
avventure che anche dal punto di
vista economico non ci vedrebbero competitivi. Il decreto di oggi è solo il
primo elemento, quello più urgente, di una serie di ulteriori iniziative, con
le quali definiremo un nuovo assetto nella materia della coltivazione di Ogm
nel nostro Paese"
Il divieto di coltivazione del Mais MON810 è motivato dalla
preoccupazione sollevata da uno studio del Consiglio per la ricerca e la
sperimentazione in agricoltura,
http://www.infogm.org/IMG/pdf/italie_lettre_moratoire_mon810_avril2013.pdf
consolidato da un recentissimo approfondimento tecnico scientifico dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ne evidenzia l'impatto negativo sulla biodiversità, non escludendo rischi su organismi acquatici, peraltro già evidenziati da un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare reso nel dicembre 2011.
http://www.infogm.org/IMG/pdf/italie_lettre_moratoire_mon810_avril2013.pdf
consolidato da un recentissimo approfondimento tecnico scientifico dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ne evidenzia l'impatto negativo sulla biodiversità, non escludendo rischi su organismi acquatici, peraltro già evidenziati da un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare reso nel dicembre 2011.
Il decreto giunge a conclusione della procedura di emergenza
attivata dal nostro Governo nell'aprile 2013, ed è giuridicamente sostenuto
anche dal precedente provvedimento di divieto di coltivazione di Organismi
geneticamente modificati, fondato su analoghe motivazioni, adottato il 16 marzo
2012 dal Governo francese e tuttora in vigore. Le sentenze della Corte di
Giustizia dell’Unione europea, cui l'Italia si conforma, ribadiscono la
legittimità di misure
di coesistenza che salvaguardino le colture tradizionali e biologiche, e
che dovranno essere adottate dalle Regioni conformemente alla sentenza n. 116
del 2006 della Corte costituzionale, nel quadro di una organica e condivisa
disciplina statale che definirà principi comuni al fine di garantire il
rispetto della libera concorrenza e della libertà di iniziativa economica, a
parità di condizioni sull’intero territorio nazionale.
Si auspica che in futuro la “Clausola di salvaguardia” possa
essere chiesta anche per motivazioni economiche e non soltanto per motivazioni
salutistiche o ambientali. In particolare, è ormai assodato che:
1 – questi OGM non sono adatti all’agricoltura italiana. L’Italia, anche con gli OGM, con le sue piccole aziende agricole non potrà mai competere sul mercato mondiale sulla base dei bassi costi e dei bassi prezzi, ma potrà competere solo sulla base della qualità;
2 – con gli OGM l’agricoltore non guadagnerà di più,
perché se è vero che calano i costi è altrettanto vero che calano anche i
prezzi di mercato, in quanto il prezzo non viene fissato dall’agricoltore (in
agricoltura, nel lungo periodo, costo unitario medio, costo marginale e prezzo
di mercato tendono a coincidere). Anche l’esplosione delle superfici coltivate
a livello mondiale in certi Paesi non è sinonimo di maggior reddito per il
coltivatore, ma è dovuta alla mancata etichettatura degli alimenti OGM in
questi stessi Paesi;
3 – gli OGM favoriscono la delocalizzazione
produttiva. Quando avremo piante che “resistono” ad ogni avversità e
ad ogni condizione pedoclimatica, è molto probabile che la loro coltivazione si
sposterà in Paesi che hanno situazioni di costo di produzione più favorevoli
delle nostre;
4 – il brevetto sugli OGM rende dipendente il
coltivatore dalle multinazionali del seme, che potrebbero avviare
coltivazioni con contratti di soccida per le piante sulla falsa riga di quello
che già avviene nell’allevamento animale;
5 - non è vero che con gli OGM la produzione
per ettaro è superiore a quella delle sementi convenzionali;
6 – gli OGM sono contro la biodiversità, poiché
il patrimonio genetico delle piante OGM coltivate deriva da un ristretto numero
di cellule trasformate;
7 – gli attuali OGM hanno il transgene inserito nel
nucleo e determinano “inquinamento genetico” e, pertanto non rendono possibile
la coesistenza con altre forme di agricoltura, sia essa convenzionale o
biologica. Da rilevare che, oggigiorno, le moderne tecniche di ingegneria
genetica consentirebbero di introdurre il transgene nei cloroplasti, evitando
così l’inquinamento genetico;
8 – gli OGM favoriscono le strategie di
appropriazionismo e di sostituzionismo del settore industriale nei confronti
del settore agricolo. Con gli OGM il reddito dell’agricoltore nel
lungo periodo è destinato a diminuire;
9 – gli OGM possono determinare la scomparsa
dell’industria sementiera nazionale, determinando così grande
preoccupazione per la sicurezza alimentare, sia da un punto di vista
quantitativo, sia da un punto di vista qualitativo.
10 – gli OGM da soli non risolvono il problema delle
micotossine;
11 – le piante OGM resistenti ai diserbanti non
risolvono il problema delle erbe infestanti, in quanto:
- le erbe infestanti dopo pochi anni maturano una resistenza genetica al
diserbante;
- le erbe infestanti parentali acquisiscono il transgene dalle piante OGM
coltivate e diventano esse stesse resistenti al diserbante;
- le piante transgeniche coltivate (per esempio colza OGM) in annate successive
diventano esse stesse infestanti di altre coltivazioni;
12 – non risolvono il problema degli insetti nocivi (anche
utilizzando il mais BT, la piralide dopo pochi anni diventa resistente alla
tossina BT);