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giovedì 19 novembre 2015

Negli ultimi anni nel nostro Paese è aumentata la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di mangimi

Negli ultimi anni nel nostro Paese è aumentata la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di mangimi. Qualcuno grida allo scandalo, poichè nel nostro Paese è vietato coltivare piante OGM, ma è possibile importare mangimi OGM.

Pertanto, anche se i 3/4 dei nostri connazionali gli OGM non li vogliono nè coltivare e nè mangiare, purtroppo già li stanno mangiando attraverso i prodotti derivati dell'allevamento animale (carne, latte, uova, ecc.)!!!!!

Come mai?

Erano i primi anni 2.000 quando qualcuno, consapevole dei rischi economici che potevano esserci, chiedeva l’”Etichettatura dei derivati” ……. ed è stato fatto di tutto affinchè non fosse applicata (si diceva che non era possibile distinguere il latte ottenuto da mangimi OGM rispetto a quello convenzionale, stessa cosa per la carne ….. oppure non potevamo vietare l’import di mangimi OGM perchè c’era il WTO ……. oppure perchè i costi di separazione della filiera erano troppo alti, ecc.)

La mancata etichettatura dei derivati da mangimi OGM ha determinato una sorta di “concorrenza sleale” tra allevatori che utilizzano mangimi OGM e allevatori che utilizzano mangimi convenzionali (hanno un prezzo superiore di quelli OGM di importazione), poichè il prodotto finale viene comunque venduto allo stesso prezzo. E' ovvio che in una situazione di questo tipo i margini di guadagno per gli allevatori convenzionali è ridotto rispetto a quello degli allevatori che utilizzano mangimi OGM, poichè il prezzo di vendita è rapportato a questi ultimi.

In questa situazione di mancata etichettatura dei derivati OGM, anche gli allevatori che in un primo momento erano contrari all’utilizzazione di mangimi OGM si sono dovuti adattare ed hanno sostituito i mangimi convenzionali con quelli OGM, poichè il loro sforzo di produrre “OGM free” non era riconosciuto dal mercato, ovvero a fronte di maggiori costi, non c'era un prezzo di vendita maggiore. 

Ovviamente questa situazione, con i prezzi del mais e della soia che hanno raggiunto prezzi minimi di 20 anni addietro, ha portato ad una diminuzione della produzione interna di mangimi e ad un aumento delle importazioni.

A distanza di 15 anni, quello che qualcuno aveva previsto, ovvero l’aumento della dipendenza del nostro Paese dalle importazioni, poichè i mangimi OGM costano meno, si è puntualmente verificato.

E adesso ne paghiamo le conseguenze.

sabato 31 ottobre 2015

Etichettiamo anche i derivati da OGM

Il Parlamento europeo ha respinto la proposta della Commissione di lasciare agli Stati membri la possibilità di autorizzare o meno l'importazione di mangimi OGM.

A giustificazione di questa decisione è stata portata la preoccupazione che questa Legge potrebbe dimostrarsi irrealizzabile e condurre alla reintroduzione di controlli alle frontiere tra i Paesi favorevoli e quelli contrari agli OGM. Hanno quindi chiesto alla Commissione di presentare un nuovo progetto di Legge.
A questo punto una domanda sorge spontanea: Ci sarebbe una soluzione semplicissima (tra l’altro già adottata in taluni comparti come per esempio quello degli alimenti biologici, quello dei prodotti IGP, quello dei DOP, ecc.) che si chiama “TRACCIABILITA’ DI FILIERA”, ovvero garantire mediante specifica etichettatura il processo produttivo adottato. PERCHE’ NON ADOTTIAMO L’ETICHETTATURA DEI DERIVATI DA OGM?

Sarebbe tutto molto più semplice. Il consumatore diventerebbe padrone delle sue scelte. Il produttore orienterebbe la produzione sulla base dei desiderata dei consumatori e, nel caso di reale coesistenza, nessuno più si occuperebbe di OGM, liberando così menti e risorse da questa problematica.


SPERO CHE LA PROSSIMA VOLTA LA COMMISSIONE EUROPEA PROPONGA AL PARLAMENTO UNA NORMA SULL’ETICHETTATURA DEI DERIVATI DA OGM!

venerdì 5 settembre 2014

Considerazioni finali sulle domande della neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo al Ministro Martina sugli OGM in agricoltura

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
in meno di 4 mesi, sui quotidiani di maggior rilievo del nostro Paese, è riuscita a scrivere 8 articoli sulle proprietà quasi miracolose degli OGM in agricoltura, con argomentazioni tautologiche, spesso inesatte, che giravano intorno all’assioma, sue parole, “…l’intera mangimistica italiana si basa sull’uso di OGM” (affermazione, purtroppo, non vera, poiché al massimo, senza considerare la produzione nazionale degli alpeggi, siano al 20-25%). Pertanto, secondo Lei, visto che importiamo la totalità dei mangimi che sono OGM e utilizziamo gli OGM per la nutrizione degli animali e la produzione di derivati …….. è assurdo impedire di coltivarli nel nostro Paese?
A mio parere avrebbe dovuto anche chiedere al Ministro Martina: “perché i derivati da questi mangimi (carne, latte, uova, ecc.) non vengono etichettati? …….. in modo tale da dare la possibilità ai consumatori di poter scegliere il modo che ritengono più opportuno di alimentarsi per se stessi e per i loro figli!” Ma questo non l’ha scritto …………  peccato. A mio parere se l’avesse scritto, e se fosse stata attuata l’etichettatura, con ogni probabilità, in relazione al fatto che i 2/3 dei cittadini sono contrari agli OGM, nel nostro Paese le importazioni di mangimi OGM sarebbero diminuite e i nostri approvvigionamenti si sarebbero rivolti maggiormente al mercato interno, con grande vantaggio per i nostri agricoltori, oppure ai Paesi in grado di garantire rifornimenti di mangimi “OGM free”.

Peccato, occasione persa, a mio parere avrebbe realmente fatto un servizio alla nostra agricoltura.

Nei suoi interventi, purtroppo, ha messo in luce solo le capacità quasi miracolose degli OGM, senza portare alcun elemento di incertezza in merito alla loro utilizzazione, sia in merito ai possibili effetti sulla salute umana, sia ai possibili effetti sull’ambiente. E’ realistico secondo Lei che tutte, sottolineo tutte, le opinioni di alcuni scienziati scettici in merito all’utilizzazione degli OGM nell’agricoltura italiana siano frutto, cito Sue parole estratte da un Suo pregevolissimo articolo con lo storico corbellini, di “irrazionalità, fanatismo, emotività, tecnofobia, antimodernismo, anti-industrialismo, populismo, etc.”

Possibile che senza conoscere pienamente l’argomento, Lei stessa afferma che sono solo alcuni mesi che si occupa del problema OGM in agricoltura e che non è il Suo campo specifico(sue parole "Caro direttore, da mesi studio la vicenda italiana degli Ogm. Non è il mio campo specifico,………), voglia intervenire in un ambito che nel nostro Paese è dibattuto da almeno 20 anni. Personalmente credo che, forse ingenuamente, si sia fatta strumentalizzare.

Senza la pretesa di voler sostituire il Ministro, si è cercato di rispondere alle 16 domande che Lei ha posto a Martina, con la speranza di aver dato un contributo di conoscenza alle problematiche che investono l’adozione degli OGM in ambito agroalimentare nel nostro Paese.

In questo link le domande della neuroscienziata, sotto i link alle risposte:

-         Risposta n. 1 
-         Risposta n. 2
-         Risposta n. 3
-         Risposta n. 4
-         Risposta n. 5
-         Risposta n. 6
-         Risposta n. 7
-         Risposta n. 8
-         Risposta n. 9
-         Risposta n. 10
-         Risposta n. 11
-         Risposta n. 12
-         Risposta n. 13
-         Risposta n. 14
-         Risposta n. 15
-         Risposta n. 16

     Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, come vede in agricoltura non è tutto così semplice. E’ vero che importiamo una buona parte (20-25%), non tutti, dei mangimi che utilizziamo, ma è anche vero che saremmo in grado di produrceli, ma ci sono altre motivazioni che ci impediscono di farlo.

Cerchiamo, senza fretta, di fare le scelte migliori ……… per noi e per i nostri figli. 

giovedì 21 agosto 2014

Non è vero, come dice la Cattaneo, che l’intera mangimistica italiana si basa sull’uso di materia prima OGM!

Ogni tanto i sostenitori degli OGM, spesso scienziati di chiara fama che vivono nel loro laboratorio di chimica o di genetica e non hanno mai visto un campo coltivato, affermano che “l’intera mangimistica italiana si basa sull’uso di derivati di OGM", pertanto, secondo loro,  è ipocrita vietare la coltivazione di piante OGM in Italia e consentire allo stesso tempo l’importazione del mangime OGM ottenuto da queste stesse piante. Purtroppo per loro,che utilizzano questo argomento per sponsorizzare gli OGM,  non è vero che l’alimentazione del nostro bestiame dipenda per intero dall’importazione di alimenti OGM, ma è vero che importiamo solo il 20% circa del nostro fabbisogno, che il mangime OGM è rappresentato quasi esclusivamente da soia e che non possiamo evitare queste importazioni, in relazione al fatto che provengono da Paesi che  hanno questa unica moneta per pagare le nostre esportazioni di prodotti industriali.

Per gli “addetti ai lavori” è risaputo che nell'allevamento animale non vengono utilizzati solo alimenti di importazione, ma vengono utilizzati una miriade di prodotti ottenuti dalla nostra agricoltura che, come è risaputo, non è OGM. In particolare, i mangimi per uso zootecnico non sono costituiti solamente da "mangimi concentrati", ma sono composti anche da:

- foraggi verdi o secchi (fieno, insilati)
- radici, tuberi, semi o frutti vari (fave, lupini, orzo, castagne, carrube, ghiande)
- sottoprodotti dei cereali (pule, crusche, stocchi di mais)
- sottoprodotti dello zucchero (melassa, polpa di barbabietola)
- sottoprodotti di carni o di pesce.

Il mangime cosiddetto "concentrato", ottenuto con miscele di prodotti di importazione che possono essere OGM, è costituito da miscugli di cereali, legumi e altri mangimi semplici. Indicativamente un mangime concentrato contiene farine di cereali (30-80 %), di legumi (10-20%), integratori minerali e vitaminici (30-40 grammi per kg) e diversi sottoprodotti delle industrie molitoria e degli zuccherifici. Questi prodotti concentrati vengono realizzati dalle industrie mangimistiche, che si approvvigionano delle materie prime in Italia e all'estero.

Pertanto il nostro Paese produce ancora una grande quantità di mangimi, che non sono costituiti solo da mais, da soia, da colza, ecc. di origine transgenica e comprendono tanti altri prodotti (erba medica, sorgo, loietto, pisello proteico, veccia, mais ceroso, ecc.), che non sono certamente "OGM”. Secondo una specifica indagine della Commissione Europea, nell’Unione Europea il foraggio verde rappresenta circa metà della quantità totale dei mangimi consumati. È ottenuto direttamente da terreni a pascolo, oppure tagliando e conservando prati e pascoli permanenti o temporanei e foraggi annuali o pluriennali (erba medica, trifoglio, mais da insilato, eccetera)........... vedi pag. 4 del seguente link


Anche considerando solo “i cereali, i semi oleosi e le farine proteiche” utilizzati dall'industria mangimistica per la produzione di "mangimi concentrati" (costituiti per la gran parte da soia, mais, colza e cotone, che potrebbero essere di origine OGM), il nostro Paese importa circa il 45% delle sue necessità e non il 100% come i sostenitori degli OGM lasciano intendere.

images.lab-to.camcom.it/f/seminari/Ga/Galli.pps

Occorre poi tener presente che nei dati precedenti non è presente la produzione italiana di sorgo, di avena, di erba medica, di lupinella, di festuca, di loiessa, di loglio perenne, di mais da foraggio, di mais insilato integrale, di sulla, di trifoglio bianco, di trifoglio pratense e di  leguminose da granella, quali favino,  pisello da foraggio (Pisum arvense), pisello proteico (Pisum sativum) e veccia, tutte piante destinate per la quasi totalità alla produzione di mangimi. Così come non è presente l'erba che i nostri animali mangiano nei pascoli degli alpeggi.

Se, tra questi prodotti, avessimo considerato la sola produzione di erba medica (25 milioni di tonnellate), della quale, anche in relazione alla produzione di Parmigiano Reggiano, l'Italia è il primo Paese produttore nella UE con circa 900.000 ettari coltivati, avremmo scoperto che il rapporto "alimenti necessari/importazione" sarebbe sceso al 25% circa.

http://users.unimi.it/agroecol/pdf/bocchi/alpicoltura/erba_medica_2009.pdf

Occorre, inoltre, considerare che per il mais le importazioni rappresentano il 20% del fabbisogno nazionale, mentre solo per la soia questa quota raggiunge quasi il 90%. Per la soia, proveniente per la gran parte dagli USA, dal Brasile e dall’Argentina è vero che per la gran parte essa è OGM. Mentre per il mais questo non è vero, poiché  oltre il 90% di questo mais importato è di origine comunitaria, per cui, con ogni probabilità , non è OGM! 


Pertanto, in conclusione, “non è vero che l'intera mangimistica italiana si basa sull'uso di derivati OGM, ma è vero che è un'aliquota intorno al 20%. Tutto sommato pochissimo, soprattutto se pensiamo che gran parte di queste importazioni sono attuate come contropartita per le nostre esportazioni di prodotti industriali! Il nostro Paese potrebbe vietare queste importazioni? Probabilmente no! Poichè non accettare queste importazioni, con ogni probabilità, significherebbe andare contro gli accordi di libero scambio del WTO e significherebbe non esportare tanti altri prodotti industriali.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2013/12/le-importazioni-di-alimenti-sono-la.html

Per quanto attiene al mais, al fine di ottenere un miglioramento dell'autosufficienza nazionale, sarebbe sufficiente un modesto aumento del prezzo di mercato per consentire un ampliamento delle superfici coltivate, prezzo di mercato che negli ultimi anni si è notevolmente abbassato anche a causa delle importazioni da Paesi che riescono a produrre a costi decisamente più bassi dei nostri. Purtroppo, negli ultimi anni molte aree produttive di collina e di montagna del nostro Paese sono state abbandonate a causa della flessione dei prezzi di mercato ……… in pratica, l’attuale prezzo di mercato del mais, anche a causa della presenza sul mercato di mais OGM,  non copre completamente il costo di produzione delle aree di collina e di montagna. Pertanto, essere favorevoli al mais OGM significa favorire l'agricoltura di pianura a scapito, ancora una volta, dell'agricoltura di collina e di montagna, favorendo così l'esodo rurale dai territori marginali, con effetti disastrosi all'assetto idrogeologico del territorio.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2014/06/motivazionidiverse-da-effetti-sulla.html

Per la soia il discorso è diverso, in quanto vi  sono motivazioni agronomiche che limitano la produzione interna……..in pratica nel nostro Paese, soprattutto nel Centro-Sud, non ci sono condizioni produttive ottimali da un punto di vista pedoclimatico. A sostegno di queste affermazioni è possibile osservare l'andamento delle produzioni di soia nel nostro Paese (fino al 1992, anno di introduzione del disaccoppiamento, la produzione di soia era dell'ordine di 2 milioni di tonnellate ...... oggi la produzione di soia in Italia si è ridotta a 500 mila tonnellate).

ftp://ftp.elet.polimi.it/users/Alessandra.Gragnani/MCSA2/Soia.pdf

...... il  grafico precedente si ferma al 2005, ma negli anni successivi la produzione di soia in Italia si è mantenuta sulle 500 mila tonnellate, molto distante dai 2 milioni di tonnellate dei primi anni '90.

Pertanto, anche se fosse introdotta la coltivazione della soia RR, il nostro Paese non potrebbe competere con le produzioni americane, brasiliane o argentine, che sono ottenute con un costo di produzione decisamente inferiore al nostro ………… conseguentemente, anche nel caso in cui nel nostro Paese fosse liberalizzata la coltivazione di soia OGM, non aspettiamoci forti incrementi delle superfici coltivate ………. le importazioni non diminuiranno. Interessante come apporto proteico in zootecnia potrebbe essere la sostituzione della soia con erba medica, così come evidenziato da alcune associazioni di categoria........... sarebbe un bene per la nostra agricoltura e sarebbe un bene per le generazioni future, poichè l'erba medica è una pianta miglioratrice della struttura, della tessitura e del contenuto nutrizionale del terreno.

http://www.cialombardia.org/documenti/produzioni_vegetali/proteine_vegetali_ott09.htm

http://www.associazioneforaggi.it/alimentazione-animale.html

         Purtroppo la dipendenza del nostro Paese nei confronti delle importazioni di mangimi è in aumento. In particolare, il nostro Paese, da quando ha deciso di essere un Paese industriale, ha sacrificato l’agricoltura a favore dell’industria e, pertanto, esporta prodotti industriali e riceve in cambio prodotti agricoli (nel Commercio Internazionale vige ancora il baratto, poiché molti Paesi non hanno dollari o euro con i quali pagare i fornitori e ci pagano con quello che hanno, molto spesso prodotti agricoli). Pertanto, per un Paese industriale come l’Italia, spesso, è necessario importare prodotti agricoli se vogliamo esportare prodotti industriali. Importazioni che provengono da Paesi che non hanno le nostre regole produttive, per cui hanno prezzi decisamente più bassi dei nostri. Tutto questo deprime il prezzo delle derrate agricole nazionali e i nostri agricoltori non guadagnano, abbandonano i territori marginali, stanno zitti e noi paghiamo i disastri ambientali prodotti dal dissesto idrogeologico del territorio.

         Che l’agricoltura nel nostro Paese sia in crisi è un fatto accertato, ma non è colpa della mancata adozione degli OGM. Secondo i dati dei diversi Censimenti dell’agricoltura, gli agricoltori in 10 anni sono passati da 2,5 milioni a 1,5 milioni e le aziende agricole sono diminuite del 50% in collina e del 60% in montagna.

http://www.istat.it/it/files/2012/12/PresentazioneGreco.pdf

 Questo, ovviamente, non vuol dire nulla in termini produttivi, poiché, pur in presenza di un minor numero di agricoltori,  il terreno coltivato potrebbe essere rimasto lo stesso e la produzione potrebbe essere rimasta costante. I terreni coltivabili sono sicuramente diminuiti a causa della loro utilizzazione per scopi non agricoli (aree edificabili, strade, aeroporti, ecc.). Ma tale evoluzione del numero di agricoltori è sintomatica di quello che sta accadendo in agricoltura, ovvero che il reddito per unità di superficie si sta abbassando, per cui molti agricoltori sono costretti ad abbandonare la loro piccola azienda agricola, che non è più in grado di fornire un reddito adeguato. Perché? Molto semplicemente perché la dinamica dei prezzi dei prodotti agricoli non ha seguito la dinamica dei costi di produzione (ad un aumento dei costi di produzione agricoli, non ha fatto seguito un analogo aumento dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli) e, pertanto, i redditi agricoli si sono enormemente abbassati.

A questo punto la domanda potrebbe essere: perché i prezzi agricoli nel nostro Paese non hanno seguito la dinamica dei costi di produzione? Cerchiamo di dare una delle tante risposte.
     Una delle tante motivazioni che hanno determinato questa situazione, a mio parere tra le più importanti, è sicuramente dovuta alla forte concorrenza esercitata sul mercato interno dal prodotto di importazione, che determina un  "forzato" abbassamento dei nostri prezzi interni (prodotto nostrano e prodotto di importazione competono sullo stesso mercato e, pertanto, i prezzi tendono a coincidere). Prodotto di importazione che a volte proviene da Paesi che attuano forme di dumping diverse dal dumping sul prezzo, per cui è caratterizzato da un prezzo molto vantaggioso rispetto ai nostri prezzi interni. Prodotto di importazione che spesso, è “forzatamente importato” dall’Italia come contropartita di altre esportazioni italiane (soprattutto prodotti industriali). A questo riguardo occorre ricordare che nel Commercio Internazionale vige ancora il baratto e, pertanto, le esportazioni di un determinato prodotto verso un Paese, sono pagate con l'importazione di altri prodotti ottenuti da questo stesso Paese.

     In merito al primo punto (Dumping), è risaputo che spesso le nostre importazioni provengono da Paesi che non adottano il nostro sistema sociale/produttivo/economico. Per farla molto breve, si tratta di Paesi che non hanno le nostre regole produttive, che non hanno i nostri costi sociali, che non hanno i nostri costi burocratici, ecc. e che, pertanto, sono in grado di produrre a costi agricoli decisamente inferiori ai nostri. L’importazione di alimenti da questi Paesi a prezzi contenuti determina sicuramente una concorrenza per il prodotto nazionale ed i prezzi agricoli interni tendono ad una diminuzione. Da un punto di vista generale, occorre essere consapevoli del fatto che nel Commercio Internazionale le Bilance dei Pagamenti dei diversi Stati che vi partecipano, devono essere nel limite del possibile in pareggio (per un Paese si avrebbero problemi economici di svalutazione interna, di effetti sul tasso di cambio della moneta, ecc. sia nel caso di un forte sbilanciamento negativo, sia nel caso contrario di un forte sbilanciamento positivo). Ecco allora che l’Italia, che notoriamente produce alimenti di altissima qualità, ma che non è certo un Paese agricolo (meno del 2% del PIL), quando esporta macchinari, medicinali, autoveicoli, elettrodomestici, abbigliamento, ecc. è costretta ad accettare qualcos’altro come pagamento e questo qualcos’altro molto spesso è costituito da prodotti agricoli. Ecco allora che, in termini generali, potremmo affermare che, pur di sostenere le esportazioni di prodotti industriali e, conseguentemente, pur di sostenere la nostra industria, siamo disposti a sacrificare l’agricoltura. E' un bene o è un male?


In parole molto povere “i nostri agricoltori producono ai costi italiani/europei e vendono ai prezzi mondiali” …….. non ce la possono fare!

mercoledì 6 agosto 2014

7 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina…….risposta 7 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
ribadisco che Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro, mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, come le ho già detto, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc.

DOMANDA N. 7 - Può confermare l'informazione che nei Consorzi agrari legati a Coldiretti (che mi pare sia contraria agli Ogm) si vendono mangimi Ogm di derivazione extraeuropea?


RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 7 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,  ancora una domanda retorica, con una vena di polemica nei confronti della COLDIRETTI, ........... “che mi pare sia contraria agli OGM”. Sì, guardi, lo posso confermare, se per caso non l'avesse capito e avesse ancora dei dubbi, visto che sono pochi mesi che si occupa di OGM, la COLDIRETTI è contraria agli OGM!

Gent. neuroscienziata, non c’è bisogno di scomodare il Ministro Martina  per avere una risposta alla domanda n. 7. E’ sufficiente recarsi in un Consorzio Agrario Provinciale (CAP), o in una qualsiasi rivendita di mangimi, quindi non solo nei Consorzi Agrari, e acquistare un sacco di mangime. Sull’etichetta, purtroppo, ci sarà scritto che gli alimenti, forse non tutti, ma soia sicuramente, derivano da OGM.  Mi trova completamente d’accordo e la farei anch’io questa domanda, pleonastica, al Ministro Martina, perché è assurdo che i nostri agricoltori/allevatori che si autoproducono i mangimi, giochino una stessa “partita taroccata” con altri allevatori, che, invece, acquistano mangimi OGM, senza poi essere obbligati ad indicare in etichetta che la carne, il latte, le uova, ecc. sono state ottenute mediante l’utilizzazione di questa tipologia di mangimi.

Gent. neuroscienziata, a me, sinceramente, sorge anche un dubbio…..ovvero che i mangimi animali in Italia siano etichettati come OGM anche se non lo sono. Mi spiego, se io fossi un produttore di mangimi, consapevole del fatto che siamo in presenza di “inquinamento genetico” ormai diffuso, e conseguentemente risulta difficile avere materiale completamente esente da OGM, per togliermi ogni responsabilità, etichetterei come OGM anche il mangime che non lo è! Risparmierei tutti i costi di segregazione e di analisi, e, soprattutto, eviterei tutte le responsabilità legali, qualitative e commerciali legate alla etichettatura come “mangime non OGM”. Tanto gli allevatori, in un mercato in cui il prezzo della carne e del latte non è correlato alle caratteristiche qualitative del mangime utilizzato, lo acquistano ugualmente e acquistano quello che ha il minor costo per Unità Foraggera. Pertanto, la presenza sul mercato di mangime OGM, ritenuto (ripeto ritenuto, poi andremo a vedere se è vero oppure no) qualitativamente inferiore, venduto ad un prezzo leggermente più basso, determina anche un abbassamento del prezzo del “mangime non OGM”……… e questo è un fatto gravissimo per i nostri coltivatori/allevatori che sono costretti ad utilizzare un mangime autoprodotto "OGM free", e che non vedono ripagato adeguatamente il fatto di non coltivare OGM.

Le dirò di più gent. neuroscienziata, in Italia viviamo il paradosso che importiamo una modestissima quantità di mais OGM destinato all'alimentazione animale, che è più o meno pari a quella che destiniamo ai biodigestori per la produzione di singas. Pertanto, paradossalmente, utilizziamo il mais OGM per l'alimentazione animale e destiniamo il nostro mais "non OGM" ai digestori. Tutto questo in relazione al fatto che non c'è etichettatura dei derivati ottenuti da mangimi OGM. Se ci fosse etichettatura, il nostro mais "non OGM" sarebbe sicuramente più apprezzato e sarebbe destinato all'alimentazione animale e non ai digestori. Assurdo, veramente assurdo. 

Gent. neuroscienziata, colui che Le ha suggerito questa domanda l’ha utilizzata per fare polemica con la COLDIRETTI. Ma che colpa ne ha la COLDIRETTI se l’80% delle persone non vuole questa innovazione tecnologica. Certo, la COLDIRETTI, così come la CIA (almeno quella romana), gli OGM non li vuole ………. e allora? Per non fare ipocrisia deve smettere di vendere mangimi OGM, anche se sul mercato ci sono solo quelli? Senatrice Cattaneo Lei vuole forse che noi dipendiamo dall’estero anche per la carne e per il latte, così poi possiamo esportare una maggior quantità di prodotti industriali? Facciamo le cose seriamente. Mettiamo l’etichettatura anche sui derivati da OGM (carne, latte, uova, ecc.) e poi vedrà come diminuirà l’importazione e la vendita di mangimi OGM, anche nei Consorzi Agrari della COLDIRETTI.

Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, ancora una volta, come vede non è tutto così semplice. E’ vero che la COLDIRETTI vende mangimi OGM presso i suoi Consorzi Agrari, ma cosa dovrebbe fare? Se fossero etichettati i derivati (carne, latte, uova, ecc.) probabilmente la gente sceglierebbe quelli ottenuti senza gli OGM. Ecco allora che i nostri agricoltori potrebbero produrre di più e con ogni probabilità potremmo fare a meno delle importazioni di soia OGM, ma ci sono altre motivazioni che ci impediscono di farlo. Se fossi in Lei, visto che ha anche un ruolo istituzionale di prestigio, proporrei una bella Legge sull’etichettatura dei derivati da mangimi OGM (carne, latte, uova, ecc.), con la certezza di rendere un ottimo servizio alla nostra agricoltura, alla nostra Società e ai nostri figli.


martedì 22 luglio 2014

2 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina ……. risposta 2 di 16


Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
ribadisco, che molto probabilmente Lei non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro, mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc.

DOMANDA N. 2 - È vero che ogni anno importiamo 8 milioni di tonnellate di soia e mais in buona parte Ogm per un costo di 2,2 miliardi di euro, per nutrire le nostre filiere?

RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 2 di 16
Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo, è vero che importiamo 8 milioni di tonnellate di soia e di mais e che la soia importata è per la gran parte OGM………..e allora? Cosa vuol dire? Vuol forse dire che  l’intera mangimistica italiana si basa sull’uso di derivati OGM? Questo è un sillogismo che abbiamo già visto non essere vero, poichè dipendiamo dall'estero solo per il 20% e poi l'unico mangime OGM che importiamo è costituito da soia! Abbiamo  poi visto che probabilmente, molto probabilmente, siamo costretti ad importare soia perchè abbiamo esportato macchinari e altri prodotti industriali e abbiamo ricevuto in cambio 8 milioni di tonnellate di prodotti agricoli …………. e queste importazioni, purtroppo, deprimono i nostri prezzi interni, i nostri agricoltori non guadagnano, abbandonano le aziende agricole di collina e di montagna, con i conseguenti problemi di dissesto idrogeologico, e stanno zitti!

     Colui che Le ha suggerito questa seconda domanda l’ha utilizzata per far credere alla gente comune che il nostro Paese potrebbe risparmiare 2,2 miliardi di euro……….. ma anche questo non è vero o, quantomeno, è una "mezza verità"! Purtroppo, ancora una volta, la verità è un’altra, poiché il nostro Paese, vuoi perché utilizza questo mais e questa soia come forma di pagamento di altri beni esportati, vuoi perché non ha le condizioni pedoclimatiche ottimali per la coltivazione di soia, vuoi perché l’agricoltura dei territori marginali di collina e di montagna non è più competitiva, per cui è stata abbandonata, ecc. non potrà mai azzerare questa spesa……….. che non è una vera e propria spesa, ma costituisce un unico mezzo di pagamento dei prodotti industriali esportati (“o mangiar questa minestra o saltar dalla finestra”). Se non accettassimo come pagamento questi prodotti agricoli offerti dai Paesi importatori delle nostre esportazioni, con ogni probabilità non esporteremmo tanti altri prodotti industriali.

Gent. Neuroscienziata Cattaneo, ne vuole un esempio? Tanto per rendercene conto, di seguito saranno riportati alcuni dati relativi ai flussi di import-export da alcuni Paesi. Trattasi solo di esempi, e come tali devono essere considerati, e vogliono esclusivamente evidenziare che a fronte di una esportazione di prodotti meccanico/tecnologici/moda (prodotti industriali), il nostro Paese accetta in pagamento prodotti agricolo/alimentari (i dati sono ufficiali e sono del Ministero dello Sviluppo Economico e si riferiscono all'anno 2012).

ESPORTAZIONI ITALIANE (1.019 milioni di euro), principali prodotti esportati
-          Macchine per impiego speciale (90 milioni di euro)
-          Macchine per impiego generale (35 milioni di euro)
-          Medicinali (32 milioni di euro)
-          Parti di Autoveicoli, motori, ecc. (27 milioni di euro)

IMPORTAZIONI ITALIANE (1.025 milioni di euro), principali prodotti importati
-          Oli e grassi vegetali e animali (84 milioni di euro)
-          Prodotti di colture agricole permanenti (35 milioni di euro)
-          Carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne (22 milioni di euro)
-          Prodotti di colture agricole non permanenti (19 milioni di euro)
-          Pesce, crostacei e molluschi lavorati e conservati (18 milioni di euro)

ESPORTAZIONI ITALIANE (4.994 milioni di euro), principali prodotti esportati
-          Parti di Autoveicoli, motori, ecc. (408 milioni di euro)
-          Macchine per impiego generale (737 milioni di euro)
-          Macchine per impiego speciale (365 milioni di euro)
-          Altre macchine (203 milioni di euro)

IMPORTAZIONI ITALIANE (3.402 milioni di euro), principali prodotti importati
-          Prodotti di colture agricole permanenti (268 milioni di euro)
-          Pasta-carta, carta e cartone (259 milioni di euro)
-          Prodotti di colture agricole non permanenti (155 milioni di euro)
-          Carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne (127 milioni di euro)

Altri esempi:
                                                                                                                
Cara Neuroscienziata Cattaneo, Lei crede che con gli OGM questa situazione potrebbe essere modificata in meglio? Personalmente credo, invece, che la situazione potrebbe modificare in peggio, poiché fin tanto che i consumatori richiederanno alimenti “Non OGM” noi agricoltori italiani saremo in grado di produrli e di rifornirli. Quando, invece, alimenti “OGM” e alimenti “Non OGM” saranno considerati la stessa cosa (ma non sono la stessa cosa!), per noi gli spazi di manovra saranno finiti e compreremo ad un prezzo più basso tutto dall’estero. Devo dire che anche come consumatore non sarei molto contento.

Gent. Neuroscienziata Cattaneo, sacrificare l’agricoltura a favore dell’industria è un bene o un male? E’ una domanda importante, che richiede una risposta altrettanto importante, poiché l’agricoltura nel nostro Paese svolge funzioni che vanno al di là della semplice produzione di alimenti sani e di buona qualità. La nostra agricoltura è importante per il paesaggio, per l’assetto idro-geologico del territorio, per la tutela della flora e della fauna, per le attività indotte, ecc. Il nostro Paese potrà rinunciare alle esternalità prodotte dall’agricoltura? Il nostro Paese potrà rinunciare alle nostre produzioni alimentari di qualità? Il nostro Paese potrà rinunciare all’agricoltura? Non credo proprio.  

Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, come vede non è tutto così semplice. E’ vero che importiamo una parte (20%), non tutti, dei mangimi che utilizziamo, ma è anche vero che saremmo in grado di produrceli, ma ci sono altre motivazioni che ci impediscono di farlo, non certo la mancata adozione degli OGM.

domenica 20 luglio 2014

1 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina ……. risposta 1 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,

in relazione al fatto che molto probabilmente non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su argomenti di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro, mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Nell'affrontare la problematica relativa agli OGM in agricoltura, occorre poi un approccio olistico, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc.

DOMANDA N. 1 - È vero che l'intera mangimistica italiana si basa sull'uso di derivati di Ogm (soia, mais ed anche semi di cotone)?


RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 1 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo, non è vero, come qualcuno le ha suggerito, che ".......l’intera mangimistica italiana si basa sull’uso di derivati di OGM"......... ma è vero che importiamo solo il 20% circa del nostro fabbisogno e il mangime OGM è rappresentato quasi esclusivamente da soia.

Colui che Le ha suggerito la prima domanda l’ha utilizzata per far credere alla gente comune che il nostro Paese dipenda interamente dalle importazioni di mangimi per l'alimentazione animale, nella fattispecie mangimi OGM. Invece la verità è un’altra, poiché nell'allevamento animale non vengono utilizzati solo alimenti di importazione, ma vengono utilizzati una miriade di prodotti ottenuti dalla nostra agricoltura che, come è risaputo, non è OGM. In particolare, i mangimi per uso zootecnico non sono costituiti solamente da "mangimi concentrati", ma sono composti anche da:


- foraggi verdi o secchi (fieno, insilati)
- radici, tuberi, semi o frutti vari (fave, lupini, orzo, castagne, carrube, ghiande)
- sottoprodotti dei cereali (pule, crusche, stocchi di mais)
- sottoprodotti dello zucchero (melassa, polpa di barbabietola)
- sottoprodotti di carni o di pesce.

Il mangime cosiddetto "concentrato", ottenuto con miscele di prodotti di importazione che, è vero, possono essere OGM, è costituito da miscugli di cereali, legumi e altri mangimi semplici. Indicativamente un mangime concentrato contiene farine di cereali (30-80 %), di legumi (10-20%), integratori minerali e vitaminici (30-40 grammi per kg) e diversi sottoprodotti delle industrie molitoria e degli zuccherifici. Questi prodotti concentrati vengono realizzati dalle industrie mangimistiche, che si approvvigionano delle materie prime sia in Italia, sia all'estero.

Pertanto il nostro Paese produce ancora una grande quantità di mangimi, che non sono costituiti solo da mais, da soia, da colza, ecc. di origine transgenica e comprendono tanti altri prodotti (erba medica, sorgo, loietto, pisello proteico, veccia, mais ceroso, ecc.), che non sono certamente "OGM”. Secondo una specifica indagine della Commissione Europea, nell’Unione Europea il foraggio verde rappresenta circa la metà della quantità totale dei mangimi consumati. È ottenuto direttamente da terreni a pascolo, oppure tagliando e
conservando prati e pascoli permanenti o temporanei e foraggi annuali o pluriennali (erba medica, trifoglio, mais da insilato, eccetera)........... vedi pag. 4 del seguente link


Anche considerando solo i cereali, i semi oleosi e le farine proteiche utilizzati dall'industria mangimistica per la produzione di "mangimi concentrati" (costituiti per la gran parte da soia, mais, colza e cotone, che possono essere di origine OGM), il nostro Paese importa circa il 45% delle sue necessità e non il 100% come Lei ha lasciato intendere.

images.lab-to.camcom.it/f/seminari/Ga/Galli.pps

Tenga poi presente, gent. neuroscienziata, che in queste statistiche non è presente la produzione italiana di sorgo, di avena, di erba medica, di lupinella, di festuca, di loiessa, di loglio perenne, di mais da foraggio, di mais insilato integrale, di sulla, di trifoglio bianco, di trifoglio pratense e di  leguminose da granella, quali favino,  pisello da foraggio (Pisum arvense), pisello proteico (Pisum sativum) e veccia, tutte piante destinate per la quasi totalità alla produzione di mangimi. Così come non è presente l'erba che i nostri animali mangiano nei pascoli degli alpeggi.

Se, tra questi prodotti, avessimo considerato la sola produzione di erba medica (25 milioni di tonnellate), della quale, anche in relazione alla produzione di Parmigiano Reggiano, l'Italia è il primo Paese produttore nella UE con circa 900.000 ettari coltivati, avremmo scoperto che il rapporto "alimenti necessari/importazione" sarebbe sceso al 25% circa.

http://users.unimi.it/agroecol/pdf/bocchi/alpicoltura/erba_medica_2009.pdf

Deve poi considerare, gent. neuroscioenziata, che per il mais le importazioni rappresentano il 20% del fabbisogno italiano di questo cereale, mentre solo per la soia questa quota raggiunge quasi il 90%. Per la soia, proveniente per la gran parte dagli USA, dal Brasile e dall’Argentina è vero che per la gran parte essa è OGM. Mentre per il mais questo non è vero, poiché  oltre il 90% di questo mais importato è di origine comunitaria, per cui, con ogni probabilità, non è OGM! 


Pertanto, a conclusione di questa prima parte di risposta alla Sua domanda, nella quale chiede in modo retorico "E' vero che l'intera mangimistica italiana si basa sull'uso di derivati OGM?", si può rispondere con un secco NO! Non è vero che l'intera mangimistica italiana si basa sull'uso di derivati OGM, ma è vero che è un'aliquota intorno al 20%. Tutto sommato pochissimo, soprattutto se pensiamo che gran parte di queste importazioni sono attuate come contropartita per le nostre esportazioni di prodotti industriali! Il nostro Paese potrebbe vietare queste importazioni? Probabilmente no! Poichè non accettare queste importazioni, con ogni probabilità, significherebbe mettersi contro il WTO e non esportare tanti prodotti industriali.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2013/12/le-importazioni-di-alimenti-sono-la.html

        Per quanto attiene al mais, al fine di ottenere un miglioramento dell'autosufficienza, sarebbe sufficiente un modesto aumento del prezzo di mercato per consentire un ampliamento delle superfici coltivate, prezzo di mercato che negli ultimi anni si è notevolmente abbassato anche a causa delle importazioni da Paesi che riescono a produrre a costi decisamente più bassi dei nostri (Le ricordo, gent. neuroscienziata, a questo proposito che negli ultimi anni molte aree produttive di collina e di montagna del nostro Paese sono state abbandonate a causa della flessione dei prezzi di mercato ……… in pratica, l’attuale prezzo di mercato del mais, anche a causa della presenza sul mercato di mais OGM,  non copre completamente il costo di produzione delle aree di collina e di montagna) ......... Essere favorevoli al mais OGM significa favorire l'agricoltura di pianura a scapito dell'agricoltura di collina e di montagna, favorendo così l'esodo rurale dai territori marginali, con effetti disastrosi all'assetto idrogeologico del territorio.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2014/06/motivazionidiverse-da-effetti-sulla.html

      Per la soia il discorso è diverso, in quanto vi  sono motivazioni agronomiche che limitano la produzione interna……..in pratica nel nostro Paese, soprattutto nel Centro-Sud, non ci sono condizioni produttive ottimali da un punto di vista pedoclimatico. A sostegno di queste affermazioni se vuole può guardare l'andamento delle produzioni di soia nel nostro Paese (fino al 1992, anno di introduzione del disaccoppiamento, la produzione di soia era dell'ordine di 2 milioni di tonnellate ...... oggi la produzione di soia in Italia si è ridotta a 500 mila tonnellate).

ftp://ftp.elet.polimi.it/users/Alessandra.Gragnani/MCSA2/Soia.pdf

...... il  grafico precedente si ferma al 2005, ma negli anni successivi la produzione di soia in Italia si è mantenuta dell'ordine di 500 mila tonnellate, molto distante dai 2 milioni di tonnellate dei primi anni '90.

Pertanto, anche se fosse introdotta la coltivazione della soia RR, il nostro Paese non potrebbe competere con le produzioni americane, brasiliane o argentine, che sono ottenute con un costo di produzione decisamente inferiore al nostro ………… conseguentemente, anche nel caso in cui nel nostro Paese fosse liberalizzata la coltivazione di soia OGM, come Lei auspica, non aspettiamoci forti incrementi delle superfici coltivate ………. le importazioni non diminuirebbero. 
Interessante come apporto proteico in zootecnia potrebbe essere la sostituzione della soia con erba medica, così come evidenziato da alcune associazioni di categoria........... sarebbe un bene per la nostra agricoltura e sarebbe un bene per le generazioni future, poichè l'erba medica è una pianta miglioratrice della struttura, della tessitura e del contenuto nutrizionale del terreno.

http://www.cialombardia.org/documenti/produzioni_vegetali/proteine_vegetali_ott09.htm

http://www.associazioneforaggi.it/alimentazione-animale.html

         Purtroppo la dipendenza del nostro Paese nei confronti delle importazioni di mangimi è in aumento. In particolare, il nostro Paese, da quando ha deciso di essere un Paese industriale, ha sacrificato l’agricoltura a favore dell’industria e, pertanto, esporta prodotti industriali e riceve in cambio prodotti agricoli (come Lei saprà, gent. neuroscienziata, nel commercio internazionale vige ancora il baratto, poiché molti Paesi non hanno dollari o euro con i quali pagare i fornitori e ci pagano con quello che hanno, molto spesso prodotti agricoli). Pertanto, è necessario importare prodotti agricoli se vogliamo esportare prodotti industriali. Importazioni che provengono da Paesi che non hanno le nostre regole produttive, per cui hanno prezzi decisamente più bassi dei nostri. Tutto questo deprime il prezzo delle derrate agricole nazionali e i nostri agricoltori non guadagnano, abbandonano i territori marginali, stanno zitti e noi paghiamo i disastri ambientali prodotti dal dissesto idrogeologico del territorio.

         Che l’agricoltura nel nostro Paese sia in crisi è un fatto accertato, ma non è colpa della mancata adozione degli OGM. Secondo i dati dei diversi Censimenti dell’agricoltura, gli agricoltori in 10 anni sono passati da 2,5 milioni a 1,5 milioni e le aziende agricole di collina e di montagna sono diminuite rispettivamente del 50% e del 60%.

http://www.istat.it/it/files/2012/12/PresentazioneGreco.pdf

 Questo, ovviamente, non vuol dire nulla in termini produttivi, poiché, pur in presenza di un minor numero di agricoltori,  il terreno coltivato potrebbe essere rimasto lo stesso e la produzione potrebbe essere rimasta costante. I terreni coltivabili sono sicuramente diminuiti a causa della loro utilizzazione per scopi non agricoli (aree edificabili, strade, aeroporti, ecc.). Ma tale evoluzione del numero di agricoltori è sintomatica di quello che sta accadendo in agricoltura, ovvero che il reddito per unità di superficie si sta abbassando, per cui molti agricoltori sono costretti ad abbandonare la loro piccola azienda agricola, che non è più in grado di fornire un reddito adeguato ……….… perché? Molto semplicemente perché la dinamica dei prezzi dei prodotti agricoli non ha seguito la dinamica dei costi di produzione (ad un aumento dei costi di produzione agricoli, non ha fatto seguito un analogo aumento dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli) e, pertanto, i redditi agricoli si sono enormemente abbassati.

     A questo punto la domanda potrebbe essere: perché i prezzi agricoli nel nostro Paese non hanno seguito la dinamica dei costi di produzione? Cerchiamo di dare una delle tante risposte.

     Una delle tante motivazioni che hanno determinato questa situazione, a mio parere tra le più importanti, è sicuramente dovuta alla forte concorrenza esercitata sul mercato interno dal prodotto di importazione, spesso OGM, che determina un  "forzato" abbassamento dei nostri prezzi interni (prodotto nostrano e prodotto di importazione competono sullo stesso mercato e, pertanto, i prezzi tendono a coincidere). Prodotto di importazione che a volte proviene da Paesi che attuano forme di dumping diverse dal dumping sul prezzo, per cui è caratterizzato da un prezzo molto vantaggioso rispetto ai nostri prezzi interni. Prodotto di importazione che spesso, è “forzatamente importato” dall’Italia come contropartita di altre esportazioni italiane (soprattutto prodotti industriali). A questo riguardo occorre ricordare che nel Commercio Internazionale vige ancora il baratto e, pertanto, le esportazioni di un determinato prodotto verso un Paese, sono pagate con l'importazione di altri prodotti ottenuti da questo stesso Paese.

     In merito al primo punto (Dumping), è risaputo che spesso le nostre importazioni provengono da Paesi che non adottano il nostro sistema sociale/produttivo/economico. Per farla molto breve, si tratta di Paesi che non hanno le nostre regole produttive, che non hanno i nostri costi sociali, che non hanno i nostri costi burocratici, ecc. e che, pertanto, sono in grado di produrre a costi agricoli decisamente inferiori ai nostri. L’importazione di alimenti da questi Paesi a prezzi contenuti determina sicuramente una concorrenza per il prodotto nazionale ed i prezzi agricoli interni tendono ad una diminuzione. Da un punto di vista generale, occorre essere consapevoli del fatto che nel Commercio Internazionale le Bilance dei Pagamenti dei diversi Stati che vi partecipano, devono essere nel limite del possibile in pareggio (per un Paese si avrebbero problemi economici di svalutazione interna, di effetti sul tasso di cambio della moneta, ecc. sia nel caso di un forte sbilanciamento negativo, sia nel caso contrario di un forte sbilanciamento positivo). Ecco allora che l’Italia, che notoriamente produce alimenti di altissima qualità, ma che non è certo un Paese agricolo (meno del 2% del PIL), quando esporta macchinari, medicinali, autoveicoli, elettrodomestici, abbigliamento, ecc. è costretta ad accettare qualcos’altro come pagamento e questo qualcos’altro molto spesso è costituito da prodotti agricoli. Ecco allora che, in termini generali, potremmo affermare che, pur di sostenere le esportazioni di prodotti industriali e, conseguentemente, pur di sostenere la nostra industria, siamo disposti a sacrificare l’agricoltura. E' un bene o è un male?


     Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, come vede non è vero ".......che l'intera mangimistica italiana si basa sull'uso di derivati OGM? Ma è vero che solo il 20% circa, forse meno, degli alimenti che noi utilizziamo per l'allevamento animale, praticamente la sola soia di importazione, che potrebbe essere sostituita con altre fonti proteiche, è con ogni probabilità OGM. Pertanto sarebbero superflue, e cadono di interesse, la gran parte delle domande successive, quasi tutte imperniate su questo aspetto, ovvero sulla dipendenza del nostro Paese dalle importazioni dall'estero di mangimi per l'alimentazione degli animali.

Gent. neuroscienziata, è vero che importiamo una parte, non tutti, dei mangimi che utilizziamo in ambito zootecnico, ma è anche vero che saremmo in grado di produrceli, ma ci sono altre motivazioni che ci impediscono di farlo, come per esempio gli accordi del WTO, e, comunque, gli OGM ne rappresentano una modestissima parte. Purtroppo, queste importazioni sono inevitabili, anche perchè non c'è distinzione di merccato tra derivati zootecnici ottenuti con mangimi OGM e stessi derivati ottenuti con mangimi convenzionali. Se vuole veramente bene all'agricoltura nazionale, si batta in Senato per ottenere l'etichettatura dei derivati da mangimi OGM.......Le saremmo tutti grati, agricoltori e consumatori. 

lunedì 25 febbraio 2013

L'aumento delle superfici coltivate a OGM nel mondo non è solo gradimento dell'agricoltore


Secondo quanto emerge dal Rapporto del Servizio Internazionale per l'acquisizione delle applicazioni nelle biotecnologie per l'agricoltura (ISAAA) sullo "Status globale della commercializzazione di coltura biotech/OGM", a livello globale nel 2012 sono stati coltivati 170,3 milioni di ettari di colture biotech, con un tasso di crescita medio annuo del 6%, 10,3 milioni in più rispetto ai 160 milioni di ettari del 2011.

Molti associano questo dato al gradimento della coltivazione di queste piante da parte degli agricoltori, sottintendendo, e facendo credere ai meno informati,  che queste piante, se sono preferite a quelle convenzionali, significa che sono decisamente migliori, sia da un punto di vista agronomico, sia da un punto di vista delle performance economiche. 

Purtroppo, tutto questo non è vero, poichè tra le motivazioni che hanno determinato un aumento delle superfici coltivate a OGM nel mondo sono legate quasi esclusivamente alla mancata etichettatura degli alimenti ottenuti da queste coltivazioni. Ci si riferisce sia agli alimenti direttamente utilizzati come cibo quotidiano, sia agli alimenti derivati dall’utilizzazione degli OGM nell’attività zootecnica (carne, latte, uova, ecc.). 

Cosa accade, per esempio, per il mais? Non essendoci etichettatura dei derivati, nessun trasformatore (allevatore) ha interesse alcuno a tener separati i due prodotti e ad adottare "mais non OGM", piuttosto di "mais OGM". Se non c'è etichettatura, sul mercato è presente un unico prezzo del mais, sia esso OGM o "non OGM". Ecco allora spiegata l'esplosione delle superfici coltivate a mais OGM (la stessa cosa vale per soia e per colza)............. molto semplicemente, in presenza di un unico prezzo di mercato per "mais OGM" e "mais non OGM", gli agricoltori tendono a produrre e ad utilizzare quello che ha il minor costo di produzione, ovvero quello OGM (alcuni hanno calcolato un minor costo di produzione agricolo del 5-6%, che, laddove è obbligatoria l'etichettatura, non sarebbe sufficiente a compensare i maggiori costi di separazione di filiera). 

E' forse inutile fare osservare che, molto probabilmente, in relazione alla diffidenza manifestata dai consumatori, se "alimenti diretti" e "alimenti derivati" fossero etichettati, così come avviene nei Paesi della UE, non avremmo assistito a questa ascesa.

L’ISAAA sottolinea inoltre che dei 28 paesi che hanno piantato colture biotech nel 2012, 20 sono in via di sviluppo e 8 sono industrializzati; mentre nel 2011 erano 19 Paesi in via di sviluppo e 10 industrializzati.

I 5 Paesi in via di sviluppo leader nel biotech sono la Cina, l’India, il Brasile, l’Argentina ed il Sud Africa, che coltivano il 46% delle colture biotech globali (78,2 milioni di ettari) ed insieme rappresentano circa il 40% della popolazione mondiale. Da rilevare che l'aumento delle coltivazioni di piante OGM in queste aree del Globo è dovuto soprattutto al fatto che in questi Paesi il brevetto sulle piante non è ammesso, per cui gli agricoltori, soprattutto per la soia, trattengono una parte della produzione dell'annata per poi riseminarla nell'annata successiva (questa pratica, purtroppo, non è attuabile per il "mais ibrido"). Pertanto lo sviluppo degli OGM in questi Paesi è in pratica un obbligo per l'agricoltore, determinato dal fatto che essi hanno queste sementi e non ne hanno di altro tipo. 

Gli Stati Uniti continuano ad essere leader nella produzione di coltivazioni geneticamente modificate, con 69,5 milioni di ettari.

L’India ha coltivato 10.8 milioni di ettari di cotone Bt; mentre la Cina ne ha coltivati 4.0 milioni di ettari.

In Africa, il Sudan si è aggiunto alla lista dei paesi (Sud Africa, Burkina Faso ed Egitto) che hanno adottato colture biotech.

Cinque paesi europei (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) hanno piantato 129.071 ettari di mais geneticamente modificato (di cui il 90% in Spagna), con un aumento del 13% rispetto al 2011. In relazione al fatto che in questi Paesi dell’UE esiste l’obbligo di coesistenza, è auspicabile, al più presto, che si arrivi ad una etichettatura dei “Derivati da OGM” (carne, latte, uova, ecc.), poichè, se così non fosse, si assisterebbe ad una sorta di concorrenza sleale da parte dei Paesi che consentono la coltivazione di OGM, nei confronti di quelli che, invece, preferiscono attendere risposte certe da parte della scienza prima di adottarli.