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mercoledì 3 febbraio 2016

Dalla manipolazione delle piante alla manipolazione dell'informazione

Può accadere che per agevolare l'introduzione degli OGM in campo agricolo anche l'informazione, soprattutto quella ritenuta imparziale, sia oggetto di condizionamenti. Di seguito un articolo del "The New York Times".

http://www.nytimes.com/2015/09/06/us/food-industry-enlisted-academics-in-gmo-lobbying-war-emails-show.html?hp&action=click&pgtype=Homepage&module=first-column-region&region=top-news&WT.nav=top-news&_r=1

lunedì 25 gennaio 2016

Ogni Paese europeo potrà vietare l’uso di prodotti contenenti ogm?

Ogni Paese europeo potrà vietare l’uso di prodotti contenenti ogm? Si tratta di una proposta della Commissione Europea che se approvata aprirebbe al blocco dell’importazione di mais e soia ogm per la produzione di mangimi. Sorge spontanea la domanda: dove troveremo mais e soia ogm free dato che importiamo per il mais il 30% e per la soia l’85% del nostro fabbisogno? Ma vediamo i numeri. Prendendo in considerazione solo mais e soia, a livello mondiale la quota di superfici ogm è pari, rispettivamente, al 30 e all’85% di quella totale, ma nei tre principali produttori ed esportatori – Argentina, Brasile e Stati Uniti – varia dal 94 e all’88%. È chiaro quindi che approvvigionarsi di mais e di soia ogm free da questi Paesi sarà piuttosto difficile.



Lo scenario per il mais

Nel 2013 l’Italia ha importato quasi 4 milioni di tonnellate di mais principalmente dall’Ucraina, che non produce mais ogm, e dai Paesi comunitari. La quota di mais importata da Paesi con coltivazioni ogm (Brasile, Argentina, Stati Uniti) incide per pochi punti percentuali per un totale di circa 100.000 tonnellate, di cui il Brasile ne fornisce circa 96.000.

Il potenziale produttivo di mais ogm free del Brasile, che è il principale fornitore dell’UE, potrebbe raggiungere i 13-14 milioni di tonnellate, valore che confrontato con le attuali esportazioni complessive, circa 20 milioni di tonnellate, lascia intravedere ancora un ampio margine di sicurezza rispetto ai volumi importati dall’Italia e anche dell’Ue nel suo complesso (le importazioni totali UE dal Brasile si aggirano sui 2,4 milioni di tonnellate). Tuttavia il Brasile esporta anche in altri Paesi, come ad esempio il Giappone, con i quali potrebbero essere già in atto accordi per la vendita di prodotti non ogm.

In sintesi la domanda di mais ogm free potrebbe essere soddisfatta senza grosse difficoltà.




Lo scenario per la soia



Per quanto riguarda la soia la situazione è più problematica sia per la nostra marcata dipendenza dall’importazione, sia per la concentrazione della produzione in pochi Paesi.

Nel 2013 l’Italia ha importato circa 1,4 milioni di tonnellate di semi e circa 1,8 milioni di tonnellate di farine di soia per un volume complessivo di circa 3,2 milioni di tonnellate di prodotto estero.

La produzione mondiale di soia si concentra soprattutto nei Paesi dell’America meridionale e settentrionale: i primi 10 produttori offrono il 97% della soia mondiale e il 98% dell’export sia per i semi, sia per le farine.

Di questi 10 Paesi 8 sono esportatori e solamente l’Ucraina produce solo soia non ogm; negli altri – Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia – la quota di superfici ogm varia dal 60% del Canada al 100% dell’Argentina.

La produzione di soia ogm free, considerando che le rese delle colture no ogm sono inferiori, potrebbe aggirarsi sui 43 milioni di tonnellate, pari al 15% di quella mondiale. Una produzione che dovrebbe soddisfare anche le richieste interne di questi Paesi, visto che in particolare negli Stati Uniti esiste una domanda interna da soddisfare.

Anche ipotizzando che tutta la soia ogm free fosse offerta sul mercato mondiale, l’export di semi tradizionali ammonterebbe a circa 16 milioni di tonnellate, pari a circa il 15% dell’export di semi. Per le farine la disponibilità di prodotto ogm free sarebbe invece poco significativa.

Confrontando per ogni singolo Paese fornitore dell’Italia la disponibilità di prodotto ogm free, l’export

complessivo e l’import italiano, emerge una buona copertura della domanda di semi, mentre per le farine si rileva un deficit di oltre il 70% in conseguenza degli acquisti dai Paesi sudamericani.

Una situazione difficile che peraltro non tiene conto di eventuali accordi commerciali tra esportatori e importatori e della concorrenza tra Paesi, ad esempio quelli comunitari, per acquisire il prodotto ogm free.

giovedì 24 dicembre 2015

GENOME EDITING e OGM, la colza resistente ad un diserbante ottenuta con tecniche di CRISPR/Cas9

La tecnica di manipolazione genetica conosciuta come “Genome Editing” (CRISPR/Cas9) consente di introdurre delle mutazioni nei vegetali e di ottenere nuove piante con caratteristiche modificate, simili a quelle ottenute per “Mutazione indotta” da radiazioni, da sostanze chimiche, ecc.. E’ sicuramente una tecnica potentissima, che porterà grandi risultati per la cura di malattie umane e che qualcuno vorrebbe applicare anche alla selezione genetica delle piante che quotidianamente ci forniscono il cibo.

 

A dir la verità la prima pianta ottenuta con tecniche di Genome Editing è già disponibile. Si tratta di una varietà di colza resa resistente ad un diserbante (così come “colza RR”) il “sulfonilurea”. La necessità agronomica di poter avere a disposizione una pianta resistente a questo specifico diserbante nasce dal fatto che in alcuni Paesi, che frettolosamente hanno introdotto piante OGM resistenti ai diserbanti, dopo anni di utilizzazione dello stesso diserbante nelle coltivazioni RR, le piante infestanti hanno maturato una resistenza genetica a questo diserbante, per cui l’infestazione è incontrollabile. L’introduzione di questa nuova resistenza consentirà, quindi, di controllare infestazioni di piante che al momento risultano essere resistenti.


Il nome di questa varietà di colza ottenuta con tecniche di Genome Editing è “SU Canola" ed è frutto di una giovane società sementiera di nome “Cibus” operante in California. 
Per quanto attiene ai Paesi della UE, una delle problematiche da risolvere per consentire la coltivazione di questa colza anche nel nostro Paese è sicuramente quella relativa alla sua appartenenza o meno al gruppo delle piante OGM. In particolare, occorre rispondere ad una domanda, le piante ottenute attraverso Genome Editing sono da comprendere tra quelle OGM oppure no? La risposta è sicuramente molto difficile, in quanto le piante ottenute con questa tecnica sono indistinguibili da quelle ottenute attraverso mutazione indotta, che al momento non sono comprese tra quelle che la legislazione dell’UE definisce OGM.
A parere di alcuni scienziati la nuova generazione di biotecnologie (CRISPR/Cas9) crea risultati identici a quelli che si sarebbero ottenuti attraverso l’utilizzazione di agenti mutanti (radiazioni, sostanze chimiche, ecc.) e, pertanto, non sarebbe possibile discriminare tra queste piante e quelle ottenute per mutazione indotta. In conclusione, non farebbero parte del gruppo OGM, così come definito dalla legislazione comunitaria.



Altri invece affermano che queste nuove piante hanno il patrimonio genetico modificato in laboratorio, mediante tecniche di ingegneri genetica, e, pertanto, appartengono al gruppo di quelle piante che la legislazione identifica come OGM. In particolare, eminenti studiosi, come per esempio la Sen. Elena Cattaneo, hanno fatto notare che “Definire come giuridicamente diverso ciò che è scientificamente uguale (sempre di “taglia e cuci del Dna” si tratta) può essere una ennesima alchimia politica a cui la scienza non si dovrebbe prestare”.

martedì 8 dicembre 2015

Il Genome Editing in agroalimentare, questo sconosciuto

Cos’è il Genome Editing? Si tratta in termini generali dello sfruttamento del sistema immunitario adattativo scoperto nei batteri, con importanti implicazioni per la medicina di domani e che qualcuno vuole utilizzare per il miglioramento genetico delle piante alimentari, per conferire loro resistenza a malattie di origine batterica, virotica o fungina, per far produrre loro nutraceutici e, perché no, per renderle resistenti a particolari sostanze e/o situazioni (diserbanti, caldo, freddo, ecc.). 
Si chiama CRISPR/Cas9. L’acronimo sta per l’enzima prodotto dal gene Cas9 e i Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, le ripetizioni palindromiche di gruppi di Dna estraneo (di virus o quant’altro) disposti a intervalli regolari.
Il sistema CRISPR–Cas9, scoperto nel 2005 nell'ambito delle applicazioni biotecnologiche per la produzione casearia, è un meccanismo di difesa immunitaria utilizzato dai batteri per resistere alle infezioni dei virus batteriofagi.

Nel corso dell'evoluzione, i batteri hanno imparato a immagazzinare parte del DNA dei virus nel proprio genoma e ad utilizzarlo per difendersi da una successiva infezione degli stessi virus, grazie a un ingegnoso meccanismo. Per dar corpo a questo meccanismo sono d
ue gli strumenti necessari:
- un enzima capace di tagliare il DNA (nel caso specifico quello del virus, ma può essere utilizzato per tagliare il DNA di altri organismi), la Cas9 endonucleasi;
- una molecola di RNA ogni volta diversa, che serve ad indirizzare l’enzima CAS9 su una sequenza corrispondente nella doppia elica del virus, dove avverrà l’incisione.
Da dove viene questo attrezzo biologico? Da una specie di sistema immunitario con cui la maggior parte dei batteri si difende dai virus. In pratica, ogni volta che un batterio incontra un batteriofago ne colleziona un pezzo di DNA. È una specie di foto segnaletica. Dopo ogni esposizione a un virus resta questo ricordo, che il batterio incastona nel proprio DNA, per poi utilizzarlo nel caso di una nuova infezione da parte dello stesso virus.
Quando i batteri incontrano un altro virus che ha una di quelle sequenze, lo riconoscono e quindi producono l’RNA corrispondente. Poi, con l’RNA montato sulla Cas9, piombano sul punto preciso del DNA virale e lo tagliuzzano. A quel punto il virus, con i geni a pezzi, è diventato inservibile e innocuo.

Ulteriori studi hanno permesso di scoprire i dettagli molecolari del funzionamento di Cas9 che, una volta associato a un'opportuna sequenza di RNA, può essere utilizzato dai ricercatori per tagliare il genoma anche di altre cellule eucariote, modificando nel modo voluto specifici geni, in quello che viene definito Editing Genetico.

Cas9 insieme all’RNA formano un ribozima, un’antica invenzione che è alla base della vita, permettendo la sintesi di proteine in ogni cellula; i ribosomi, sono dei ribozimi. Diventa chiaro che il ribozima puo’ funzionare con qualunque sequenza guida a RNA che segua poche semplici regole. Da qui a dimostrare che Cas9 taglia qualunque sequenza di DNA in modo preciso ed efficiente, se armato dell’RNA complementare corrispondente, il passo e’ breve. E ancora meno a capire che il sistema costituisca l’equivalente di una microscopica forbice molecolare specifica per manipolare in DNA a piacere. Infatti, si scopre che in cellule eucariotiche, come le nostre, i tagli vengono riparati in modo imperfetto, creando frequentemente microinserzioni o delezioni, ovvero l’aggiunta o la cancellazione di alcune basi del DNA nella regione riconosciuta (mutazioni), la condizione perfetta per modificare geni  direttamente dove risiedono nel genoma.
Purtroppo non sono tutte rose e fiori: non sappiamo ancora quanto preciso e affidabile sia Cas9. Se lo usassimo in futuro per modificare il DNA di un malato (per spegnere un oncogene), provocheremmo anche altre modifiche nel suo genoma? Questo è possibile, se non altro perchè le sequenze guida sono piuttosto corte e non sempre sono uniche in un genoma.
Non sappiamo ancora bene cosa succeda durante la riparazione del DNA tagliato da Cas9 e qual’è l’esatto spettro di modifiche che ciò implica. In più riparare il DNA tagliato su entrambi i filamenti della doppia elica è un affare notoriamente complesso e rischioso, tanto è vero che la riparazione del DNA è uno dei sistemi che vengono quasi universalmente disabilitati dai tumori.
C’è qualche evidenza che fornendo due RNA guida in zone limitrofe si possa cancellare l’intera regione di DNA compresa.
Inoltre, introducendo oltre a guide a RNA ad hoc anche un DNA stampo, Cas9 può anche correggere sequenze a piacere, non solo cancellare o aggiungere basi a caso.
Infine, disegnando più di una guida di RNA per riconoscere regioni sufficientemente distanti, si possono produrre mutazioni in più geni contemporaneamente.
L’introduzione o la cancellazione di più sequenze in modo simultaneo e controllato promette di aumentare enormemente la flessibilità’ del sistema, permettendo di ridisegnare geni a piacere in modo preciso.
Però non è ancora del tutto dimostrato quanto realizzabili, efficienti e fedeli siano queste variazioni. Nonostante ciò, volendo essere ottimisti e visionari, come per deformazione professionale lo sono gli scienziati, bisogna notare come la scoperta di CRISPR/Cas9 stia già rivoluzionando la scienza in laboratorio. Per ora sembra che Cas9 e le sequenze guida di RNA possano essere introdotte in qualunque cellula di qualunque organismo.
Ciò ha già permesso di modificare organismi modello impermeabili ad altri sistemi, sviluppare sistemi di screening innovativi in cellule in coltura e di velocizzare enormemente la costruzione di organismi modello complessi per svariate malattie.
Non si vede come nel medio-lungo periodo queste scoperte non debbano maturare una miriade di applicazioni tecnologiche da adottare con le dovute cautele anche per la medicina del futuro.

Come al solito, ovviamente, un conto è  l'applicazione in medicina, che deve affrontare problematiche connesse alla vita o alla morte, un conto, in sintonia con il Principio di Precauzione, è l'utilizzazione di tecnologie fortemente innovative per la modificazione del cibo che tutti i giorni siamo costretti ad ingerire. In particolare:

- il cibo ottenuto avrà le stesse caratteristiche di quello precedente?

- nel caso in cui non ci trovassimo di fronte allo stesso identico alimento, lo potremo comunque utilizzare con le stesse modalità di quello convenzionale?

- otterremo da questo alimento gli stessi apporti nutrizionali?

- nel caso in cui utilizzassimo il Genome Editing per "migliorare" un alimento, grazie alla presenza di «sostanze fortificanti», verrà ridotta l’incidenza di una certa malattia, ma la possibilità di contrarre altre malattie rimarrà la stessa, diminuirà o aumenterà?

- la nostra dieta quotidiana potrà rimanere invariata, oppure dovrà trasformarsi in relazione alla presenza di un "alimento diverso" che, oltre all’apporto o sottrazione di un determinato nutrimento, porta con sé altri effetti?

- in definitiva, consapevoli del fatto che non esistono «alimenti buoni o cattivi», ma solo «regimi alimentari buoni o cattivi», quando il consumatore potrà utilizzare per la dieta quotidiana un alimento modificato nelle sue caratteristiche iniziali, aumenterà o diminuirà la probabilità di dar luogo a una dieta equilibrata nell’apporto dei fondamentali fattori nutrizionali?

- aumenterà o diminuirà la probabilità di mantenere o addirittura migliorare lo stato di salute, così come auspicato?

Sarà compito della ricerca scientifica fornire dati seri circa gli effetti sulla salute di questi nuovi alimenti, affiché sia possibile informare correttamente il consumatore circa le loro caratteristiche e consentire una scelta consapevole tramite adeguata etichettatura. 

Le possibilità offerte dal Genome Editing possono rappresentare un vero e proprio stravolgimento delle abitudini dietetiche della nostra società, che diviene sempre più complessa anche dal punto di vista delle scelte alimentari, con particolare riferimento a quella frangia di popolazione che potrebbe ricavare enormi benefici dalla presenza di funzionalità specifiche negli alimenti. Infatti essi consentirebbero anzitutto di avere cibi privi di sostanze dannose alla salute, come gli allergeni incriminati o le sostanze nocive per chi soffre di allergie o di intolleranze alimentari. Inoltre sarebbero accessibili cibi arricchiti di sostanze che prevengono l’insorgere di determinate malattie o «alimenti potenziati» capaci di fornire agli atleti una dieta consona alla loro attività. Tutto ciò può condurre a una trasformazione della dieta, interrompendosi il collegamento tra alimento e caratteristiche nutritive normalmente apportate da questo stesso alimento: la vitamina C sarà presente non solo nelle arance o nei kiwi, ma anche nel riso, nelle patate e, magari, nel mais. Potrebbero sommarsi contemporaneamente in un singolo alimento le caratteristiche nutrizionali che oggi otteniamo con più alimenti, per cui la dieta quotidiana a base di amido, carne, frutta, verdura, ecc. potrebbe diventare solo un ricordo del passato. Così come si può immaginare — come provocazione — la scomparsa dell’allevamento animale per la produzione di carne, in quanto le «proteine nobili» potrebbero essere ottenute in grande quantità dalla coltivazione di specifiche piante modificate nel loro DNA. 
Purtroppo, però, la modificazione del cibo, così come siamo abituati a consumarlo, non sono tutte favorevoli. Essi dovranno rispondere a requisiti minimi essenziali di sicurezza alimentare e ambientale, ai quali non è possibile derogare, riguardanti sia le caratteristiche nutrizionali sia quelle produttive. Circa le prime, si esige l’assenza di controindicazioni di ogni tipo, in quanto la sicurezza alimentare del cibo è un prerequisito irrinunciabile: il cibo, per sua natura, non deve nuocere alla salute. 

Dal punto di vista delle esigenze agricole e commerciali vi dovrà essere comprovata possibilità di coesistenza con altre forme di agricoltura convenzionale e/o biologica: le nuove piante non dovranno ostacolarne la crescita e lo sviluppo, né minacciare la biodiversità. Inoltre vi dovrà essere separazione netta della filiera distributiva di questi «nuovi prodotti» da quella degli alimenti convenzionali, per evitare la confusione tra gli uni e gli altri da parte dei distributori e dei consumatori. Il che genererà una lievitazione dei prezzi, che potrà essere forse contenuta, ma non del tutto eliminata, dalla possibilità di ricorrere a tecniche di produzione agricola già adottate per altre piante, al fine di semplificare la coltivazione in pieno campo e frenare i costi di produzione. Infatti perché possano affermarsi sul mercato e risultare reperibili essi dovranno garantire una redditività favorevole per l’agricoltore, anche a prescindere dalla presenza di contratti di coltivazione. Sul versante dell’utilizzatore, sia esso privato o industria di trasformazione, dovrà progressivamente realizzarsi una disponibilità all’utilizzo di questi  "nuovi alimenti". 

Il problema di maggior rilevanza riguarderà le caratteristiche qualitative di questi "nuovi alimenti", poichè la facilità con la quale sarà possibile tagliare e modificare il DNA consentirà un deciso sviluppo delle applicazioni, che, al momento, è impossibile da prevedere. In particolare, ogni impresa sarà portata a differenziarsi dalle altre offrendo un prodotto diverso, modificato secondo esigenze per lo più commerciali (contenuto di sostanze, assenza di allergeni, automazione produttiva, ecc.). A questo riguardo altre domande sorgono spontanee:

- fino a che punto sarà possibile modificare le caratteristiche dell'alimento convenzionale?

- chi deciderà la quantità di principio attivo introdotto o potenziato presente nell’alimento?

- chi deciderà le altre caratteristiche nutrizionali dell’alimento?

In definitiva, una volta che sul mercato saranno presenti questi "nuovi alimenti", occorrerà garantire al consumatore il diritto di operare una scelta consapevole, in quanto potrebbe essere modificata una una situazione che al momento, e nel complesso, è accettabile. In particolare, la massiccia presenza di alimenti esteriormente uguali, ma con caratteristiche nutrizionali diverse, aumenterebbe il rischio di indurre comportamenti alimentari errati. Si tratta di un pericolo reale, che non deve essere sottovalutato. Per questo motivo, oltre ai sopra citati requisiti minimi di sicurezza, occorrerà prevedere modalità di vendita che impediscano acquisti non consapevoli. Solo così saremo sicuri di avere introdotto una innovazione che tutelerà le possibilità di scelta di ognuno di noi. 

Maggiori informazioni su Genome Editing


martedì 17 novembre 2015

Quanto costerebbe in più 1 litro di latte o 1 kg di carne se fossero banditi i mangimi OGM?

Quanto costerebbe in più 1 litro di latte o 1 kg di carne se fossero banditi i mangimi OGM? Questa è la “madre di tutte le domande”, in quanto occorre verificare se ne vale la pena di soggiogare il nostro sistema produttivo ad una strategia fatta per aziende agricole decisamente diverse dalle nostre.

Quanto costerebbe in più 1 litro di latte? 

Ovviamente è una stima, ma si avvicina alla realtà.

Secondo uno studio del CRPA i mangimi incidono per 0,12 €/litro di latte


Se anche ammettessimo che il 30% di questi mangimi fosse costituito da mais e soia OGM (per la soia è vero, per il mais non è vero), il costo per mangimi OGM sarebbe di 0,036 €/litro. Ipotizzando un minor costo dei mangimi OGM rispetto a quelli convenzionali del 5%, il risparmio sul costo di produzione di 1 litro di latte sarebbe di 0,0018 euro!!!!! Su un costo totale di 0,39 €/l, la riduzione di costo inciderebbe per una aliquota dello 0,4%.

Non credo che i nostri allevatori, anche con gli OGM, se la passerebbero comunque bene!

sabato 31 ottobre 2015

Etichettiamo anche i derivati da OGM

Il Parlamento europeo ha respinto la proposta della Commissione di lasciare agli Stati membri la possibilità di autorizzare o meno l'importazione di mangimi OGM.

A giustificazione di questa decisione è stata portata la preoccupazione che questa Legge potrebbe dimostrarsi irrealizzabile e condurre alla reintroduzione di controlli alle frontiere tra i Paesi favorevoli e quelli contrari agli OGM. Hanno quindi chiesto alla Commissione di presentare un nuovo progetto di Legge.
A questo punto una domanda sorge spontanea: Ci sarebbe una soluzione semplicissima (tra l’altro già adottata in taluni comparti come per esempio quello degli alimenti biologici, quello dei prodotti IGP, quello dei DOP, ecc.) che si chiama “TRACCIABILITA’ DI FILIERA”, ovvero garantire mediante specifica etichettatura il processo produttivo adottato. PERCHE’ NON ADOTTIAMO L’ETICHETTATURA DEI DERIVATI DA OGM?

Sarebbe tutto molto più semplice. Il consumatore diventerebbe padrone delle sue scelte. Il produttore orienterebbe la produzione sulla base dei desiderata dei consumatori e, nel caso di reale coesistenza, nessuno più si occuperebbe di OGM, liberando così menti e risorse da questa problematica.


SPERO CHE LA PROSSIMA VOLTA LA COMMISSIONE EUROPEA PROPONGA AL PARLAMENTO UNA NORMA SULL’ETICHETTATURA DEI DERIVATI DA OGM!

venerdì 16 ottobre 2015

NON E’ VERO CHE LA SOIA OGM DI IMPORTAZIONE HA UN PREZZO SUPERIORE ALLA SOIA NON OGM PRODOTTA NEL NOSTRO PAESE

Parlando di soia OGM/HT, tralasciando le polemiche sulla sicurezza alimentare e ambientale, tutte ancora da chiarire, tra gli elementi che devono essere considerati per valutare la convenienza economica alla sua introduzione, oltre al costo dei mezzi tecnici e delle operazioni colturali, di estrema importanza è anche il prezzo di vendita sul mercato (spendere meno a volte non significa guadagnare di più, poichè se spendo meno ma il prezzo cala, ben che vada mantengo inalterato il guadagno).

Al momento attuale l’unico OGM per il quale il mercato consente di operare un reale confronto di prezzo (stesso prodotto OGM oppure certificato "OGM free") è la “soia OGM”. In particolare, i dati a disposizione consentono di affermare che il prezzo di mercato della “soia OGM free”, al contrario di quello che qualcuno afferma, è sicuramente superiore a quello della “soia OGM”.
Per operare questo confronto è sufficiente osservare il Bollettino della Borsa Merci di Bologna, l’unica Borsa Merci che riporta dati tra loro confrontabili, ovvero stessa materia prima “OGM” e “non OGM”. Altre Borse Merci operanti nel nostro Paese non operano questa distinzione e riportano, genericamente, il prezzo della "soia nazionale" e quello della "soia estera". Questi listini prezzi creano ovviamente confusione, in quanto qualcuno approfitta della situazione attribuendo alla "soia nazionale" caratteristiche che potrebbe avere (essere "OGM free", in relazione al fatto che nel nostro Paese è vietata la coltivazione di OGM), ma che potrebbe anche non avere (in mancanza di una certificazione e con una soglia di prodotto OGM superiore allo 0,9%, anche il prodotto nazionale potrebbe essere OGM, in relazione sia alla mancata separazione della filiera distributiva, sia alle miscele operate dalle ditte mangimistiche, al fine di standardizzare le caratteristiche qualitative delle partite di merce vendute).

Ripeto, l'unica Borsa Merci che riporta chiaramente prezzi della stessa merce certificata "OGM free" è quella di Bologna, per le altre tutti i ragionamenti possono essere fatti solo sulla base di supposizioni e non di elementi certi e documentati.


E’ interessante notare il diverso prezzo, sempre superiore, dei trasformati di soia non derivanti da OGM, rispetto a quelli OGM (bollettino relativo alla settimana del 15 ottobre 2015). In particolare (euro/tonnellata):
- Soia tostata integrale Nazionale (prot. 44% stq)  15 ottobre 2015        min. 353,00           max. 354,00
- Soia Tostata integrale Nazionale non derivata OGM 15 ottobre 2015        min. 380,00   max. 381,00           
……. Una differenza di 27-28 €/T a favore del prototto derivato dalla "soia OGM free".                     

- Soia tostata integrale Estera (prot. 44% stq)          15 ottobre 2015       min. 351,00            max. 352,00
- Soia Tostata integrale Estera non derivante OGM      15 ottobre 2015        min. 378,00           max. 379,00
....................Una differenza di 27-28 €/T a favore della "soia OGM Free".    

- Soia Tostata Decorticata nazionale
15 ottobre 2015
364,00
366,00
- Soia Tostata Decorticata nazionale non deriv. OGM
15 ottobre 2015
451,00
453,00
- Soia Tostata Decorticata estera
15 ottobre 2015
361,00
363,00
- Soia Tostata Decorticata estera non deriv. OGM
15 ottobre 2015
448,00
450,00



Qualcuno, a volte in modo strumentale, osservando Bollettini Merci che riportano prezzi di soia nazionale (probabilmente non OGM, ma questo non è certificato e, quindi, non è detto che lo sia, anzi è forse vero il contrario) più bassi della soia estera (probabilmente OGM), afferma, erroneamente, che non è vero che la “soia OGM free” ha un prezzo superiore alla “soia OGM”, anzi è vero il contrario. Trattasi spesso di un confronto errato, che non è fattibile, in quanto potrebbe trattarsi di due prodotti completamente diversi, caratterizzati, per esempio, da un contenuto proteico diverso. In particolare, in taluni mercati il prezzo della soia nazionale è inferiore a quello della soia di importazione perchè ha un contenuto proteico inferiore (intorno al 43%) e non perchè non è OGM (la soia estera costa di più di quella nazionale perchè ha un contenuto proteico intorno al 49% e non perchè è OGM) ........ del resto il costo della proteina è sempre lo stesso!

Aggiungiamo poi che le certificazioni costano (separazione di filiera, analisi di laboratorio, etichettatura, ecc.) e, pertanto, è praticamente impossibile che il prodotto certificato "OGM free" abbia un prezzo inferiore a quello di importazione non certificato. Insomma, ancora una volta una mistificazione della realtà operata da coloro che con tutti i mezzi cercano di far entrare gli OGM nell'agricoltura del nostro Paese. 

https://drive.google.com/drive/folders/0B3bvKzenHISHNDFWQXpuQTY2Tkk

sabato 8 agosto 2015

La Chiesa la fame e gli Ogm

La Chiesa la fame e gli Ogm

L’Unità, 7 dicembre 2010


Appena preso possesso del nuovo incarico come presidente del pontificio consiglio per la giustizia e la pace, il cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson ha espresso chiaramente il suo pensiero su l’utilizzazione degli ogm. Per Turkson, «proporre come soluzione ai problemi della fame nel mondo e delle carestie tecniche che non tengono conto della biodiversità delle coltivazioni africane o prevedono l'uso di organismi geneticamente modificati non può che suscitare sospetti sulle reali intenzioni. Un contadino africano che utilizza semi di mais conservati dal raccolto dell'anno precedente, forse avrà una resa leggermente più modesta di quella ottenuta con gli ogm. Sicuramente, però, non dovrà sborsare alcuna somma di denaro per l'acquisto dei semi. E soprattutto la sua attività non dipenderà da fattori esterni condizionanti, come la capacità e la volontà produttiva di aziende multinazionali». In quanti, ricordano che in Costa d’Avorio la pax democratica regnava sovrana fino a quando l’Unione Europea (che ammette il formaggio senza latte e il vino senza uva) ha iniziato una incomprensibile battaglia contro il cioccolato di puro cacao, facendo dimezzare il reddito dei Paesi produttori come Costa d’Avorio, Camerun e Senegal? Le parole di Turkson risalgono al 24 febbraio del 2010, l’Unione Europea aveva appena sdoganato gli organismi geneticamente modificati nel nostro Continente e il porporato africano sulla prima pagina dell’Osservatore Romano replicò rivolgendosi a coloro che usano la pretesa scarsità delle risorse agricole per sostenere la causa degli Ogm per tutti e senza limiti. Il fatto va ricordato perché proprio nel suo dicastero, fino a qualche mese prima della sua nomina, durante la precedente gestione, più di qualcuno pensava di aver visto nascere un forte feeling tra ambienti vaticani e multinazionali del bio-tech. Una entente cordiale manifestatasi con alcuni convegni sponsorizzati dalle organizzazioni pro-ogm prima nei due atenei romani dei Legionari di Cristo (l’Università Europea e l’Ateneo Regina Apostolorum) e poi, nel maggio del 2009, nella sede della Pontificia Accademia delle Scienze in Vaticano. Lo statement conclusivo del convegno di due anni fa, pubblicato in questi giorni e garantito solo dalla competenza scientifica dei firmatari (tra i quali solo 7 accademici pontifici su 80), in effetti esprimeva un sereno ottimismo sull'ingegneria genetica perché gli ogm, se usati nel modo opportuno, aiuterebbero piuttosto che ostacolarla- la biodiversità. Una tesi, abbastanza neutrale che però, ripetuta a Cuba dall’arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo, che per conto della Santa Sede ha seguito la settimana scorsa nell’isola caraibica i lavori del XII Incontro internazionale degli economisti sulla globalizzazione e i problemi dello sviluppo, è suonata come il certificato di battesimo per il bio-tech in salsa cattolica. Grazie al cielo qualcuno in Vaticano si è ricordato che il Papa aveva spiegato qualche mese prima, alla Fao, che quando si dice ogm e biotech bisogna pensare all’impatto socio-politico che le scelte Occidentali in campo agroalimentare (Turkson ricorda che il nostro è un sistema socio-economico che «giustifica comportamenti irresponsabili come la distruzione di risorse alimentari per mantenere alti i prezzi di mercato») hanno sulle fragili strutture dei Paesi che, in teoria grazie agli ogm, si vorrebbe aiutare. E ha precisato che quelle che qualche cappellano delle multinazionali diffonde sono solo opinioni personali. Tanto, aggiungiamo noi, non c’è bisogno di aspettare i file di Wikileaks per immaginare da chi vengono retribuite le loro prediche. E che queste siano opinabili, risulta anche dal rapporto presentato lunedì scorso a Londra dall’IFAD (fondo internazionale per lo sviluppo dell’agricoltura), un’agenzia Onu con sede a Roma che ribadisce pazientemente alcune verità. È l’agricoltura il “motore” dello sviluppo conosciuto nell’ultimo decennio da Paesi come il Brasile, la Cina, l’India, il Vietnam, il Paraguay. E gli esperti considerano del tutto acquisito il dato che indica come, il miglior strumento per far uscire i Paesi poveri dalle loro angustie quotidiane, sia sempre e soprattutto l’agricoltura. Questa, nel prossimo decennio, e fino al 2025, conoscerà uno sviluppo finora mai raggiunto nella storia dei popoli. Il fatto, poi, che sette su dieci tra gli affamati del mondo vivano in contesti rurali, non dipende dalle sementi ma, dai mercati e dalla politica internazionale dei prezzi. Dove la politica ha aiutato (sottolinea il rapporto) «un nuovo approccio all’agricoltura su piccola scala... negli ultimi dieci anni almeno 350 milioni di abitanti delle zone rurali del mondo sono riusciti a uscire dal vincolo della povertà». Non è esattamente ciò che i terzomondisti di professione affiliati alle multinazionali ci raccontano, ma la realtà è questa. 

Il dott. Daniele Colombo ha scritto una lettera a favore della scelta OGM per l’agricoltura del nostro Paese

Il dott. Daniele Colombo ha scritto una lettera a favore della scelta OGM per l’agricoltura del nostro Paese ………… Non si è certo risparmiato ……..

Gentilissimo Sig. Presidente del Consiglio,
On.li Ministri,
On.li Senatori,

Sono a scriverVi, in merito al dibattito scaturito mezzo stampa nelle scorse settimane tra l’On.le Ministro Maurizio Martina e la On.le Sen. Prof. Elena Cattaneo sul tema della ricerca pubblica sugli OGM.” ........................ continua

Quale dibattito? La cosa è stata a senso unico, poiché la “neuro agronoma” Cattaneo, pur non avendo una competenza specifica, è riuscita a pubblicare una decina di articoli a favore degli OGM nelle prime pagine dei più importanti quotidiani nazionali, mentre la voce contraria non si è vista ……. E a mio parere avrebbero voluto in tanti scrivere qualcosa di diverso. Tra l’altro questi interventi della neuro agronoma sono farciti di inesattezze e rappresentano uno spaccato dell’approccio ideologico di coloro che sono a favore di questa tecnologia (la scienza è favorevole, le scelte sono solo politiche, il Paese ne ha bisogno, ecc.).

Daniele, parlando poi di OGM in agricoltura, poiché questo è il problema, mi sembra azzardato affermare che “Più di quindicimila persone, a partire dal 1994, hanno intrapreso nel nostro paese una carriera nelle biotecnologie scegliendo di diventare dei professionisti dell’innovazione medico-farmaceutica, agro-alimentare, veterinaria e industriale.”. Daniele, mi scusi, cerchiamo di non confondere le idee, lasciamo stare l’intera categoria dei Biotecnologi, visto che il problema è agricolo, parliamo di quelli che lavorano in agricoltura …….  Qualche centinaio? e non 15.000 come lei ha scritto?

Daniele scrive poi “I messaggi lanciati dai diversi Governi e Parlamenti che si sono succeduti in questi anni, quasi sempre senza distinzione di colore o provenienza politica, hanno però sottolineato con chiarezza lo scarso interesse, se non una vera e propria ostilità, verso l’innovazione e verso coloro che si adoperano per promuoverla in campo.” Allora Daniele, vuol proprio dire che è una scelta giusta! Possibile che tutti i Governi che si sono succeduti in 15-20 anni abbiano tenuto un atteggiamento solo ideologico sul problema? Probabilmente c’è qualcosa di vero. Ed è di questo che vogliamo parlare. Perché Daniele non ne ha parlato? Perché Daniele non ha parlato delle motivazioni contrarie all’adozione degli OGM in agricoltura. Possibile che non ce ne sia qualcuna vera, reale!

Daniele, ha anche scritto che “L’ultimo atto di questo rifiuto si è consumato nel 2012 con la distruzione forzata degli ultimi campi sperimentali pubblici italiani.
Distrutti senza alcuna ragione tecnica, rischio reale o riflessione sulla loro utilità. Quelle sperimentazioni pubbliche, pagate dai cittadini italiani, potevano aiutarci a capire se ha davvero senso dire no all’uso degli OGM. Ulivi, ciliegi, kiwi, furono distrutti, dopo 14 anni di coesistenza pacifica, per un cavillo.
” 


Daniele, in 14 anni ne saranno state fatte delle ricerche, delle sperimentazioni, delle pubblicazioni …….. dove sono? Non mi sembra che 14 anni siano pochi per poter avere delle conclusioni!

Daniele, riesce anche a scrivere che “L’Italia ha deciso, con le proprie politiche dissennate, di mortificare i propri ricercatori e le proprie Università impedendo loro di fare ricerca sugli OGM, ma allo stesso tempo ha deciso di non rinunciare ad usarli. Dice bene la Professoressa Cattaneo quando ricorda che l’Italia importa ed usa tonnellate di OGM (4 milioni solo per la soia) per alimentare gli animali da cui si ricavano i nostri prodotti di punta apprezzati in tutto il mondo.” Daniele, ma lei è al corrente che l’Italia opera in un mercato globale, dove se vuoi esportare qualcosa devi per forza importare qualcos’altro! E questo qualcos’altro, in relazione al fatto che l’Italia esporta prodotti industriali, è molto spesso costituito da prodotti agricoli ……… carne, mangimi, ecc. Non si spiegherebbe altrimenti la chiusura alla coltivazione e l’apertura alle importazioni di mangimi OGM. In definitiva, i mangimi che noi importiamo sono la contropartita per le nostre esportazioni di prodotti industriali. Che sia un fatto voluto? “A pensar male si commette peccato però spesso ci si prende”.

Daniele riesce anche a scrivere che “L’uso di OGM dopotutto, come emerge dalle oltre 15.000 pubblicazioni scientifiche sul tema, ma anche dai dati raccolti in oltre 15 anni di utilizzo, non presenta particolari rischi per la salute o per l’ambiente, come già ampiamente sottolineato dalle principali Società Scientifiche italiane attraverso due Consensus Document pubblicati nel 2004 e nel 2006.” Queste cose, però, le dovrebbero scrivere le Associazioni dei Medici e non quella dei Biotecnologi, ovviamente dopo aver fatto specifiche indagini epidemiologiche, che non sono mai state fatte.


Daniele, ma lei crede veramente che “Il nostro Paese ha però sistematicamente deciso di ignorare su questo tema la scienza, con il solo risultato di precludersi la possibilità di guidare l’innovazione del settore agricolo, finendo per subirla importando a caro prezzo quella prodotta altrove.” L’Italia che guida l’innovazione nel settore agricolo con gli OGM. Questa è una notizia! L’Italia potrebbe guidare l’innovazione solo basandosi sulla qualità e non tanto su prodotti omologanti, destinati alle grandi produzioni estensive degli USA, dell’Argentina e del Brasile. Le ricordo che in Italia la superficie media delle aziende agricole è di 7-8 ettari, contro i 250 ettari delle aziende americane. In questo caso ha ragione il Ministro Martina quando afferma che “la discussione sugli OGM [...] non rappresenta né l’unica né la più rilevante attività nel mondo della ricerca in agricoltura”. Vogliamo realmente fare innovazione? Ricerchiamo su nuovi metodi di lotta biologica ai parassiti, ricerchiamo sul risparmio di acqua in agricoltura, ricerchiamo su nuove metodiche di conservazione, ricerchiamo su nuove metodiche di coltivazione delle aree marginali, ricerchiamo sul risparmio energetico in agricoltura, ecc.

Daniele, chicca finale quando afferma che “Non ci appassiona il dibattito pro vs contro, ci interessa lavorare per la competitività del nostro paese valorizzando al meglio le competenze di tanti ricercatori e professionisti che vorrebbero mettersi al servizio del Paese invece di fuggire all’estero.Ma lei crede veramente a quello che ha scritto? Crede veramente che il nostro Paese potrebbe competere a livello globale con gli OGM? Pura illusione Daniele. Gli OGM non bastano: serve, infatti, molto di più. Serve soprattutto una scienza che sappia mettere al centro delle sue decisioni le esigenze della Società e che non sia al servizio di finalità di altro tipo. Solo così si potrà avere un dialogo vero e non ideologico sugli OGM, e sui mille altri temi su cui oggi siamo ancora fermi al palo. Solo così facendo si può costruire un futuro sostenibile che non siano gli altri a dettarci, ma che nasca partendo dal lavoro delle nostre menti migliori.

domenica 28 giugno 2015

Cattaneo ……. Ci sei o ci fai?

Continua la saga "Pro OGM" della nostra “neuroagronoma”, nonché giovane senatrice a vita (per quanti anni dovremo mantenerla?), Elena Cattaneo, che, pur non avendo competenze scientifiche in materia e pur avendo imbrattato il web di notizie quantomeno discutibili, continua imperterrita la sua azione “pro OGM” (in 1 anno ha già pubblicato almeno una decina di interventi sui più importanti quotidiani nazionali).
Così nell’ultimo suo lavoro pro OGM del 20 giugno 2015 scopriamo che:
-  nel “nostro Paese, quasi unico in Europa, non si può studiare come migliorare geneticamente le nostre piante tipiche per proteggerle nelle condizioni di campo che ne compromettono resa e qualità.” Ma dai Cattaneo, come puoi affermare in un contesto in cui si parla di OGM che in Italia le piante non le puoi migliorare geneticamente? Forse volevi dire che non le puoi “Trasformare geneticamente” attraverso operazioni di ingegneria genetica, che è un’altra cosa! E poi, come puoi affermare che questa trasformazione serve a migliorare resa e qualità. Per quanto riguarda la resa ci sono ormai centinaia di lavori scientifici che affermano che la resa delle piante OGM non è molto diversa da quella delle isogeniche. Per quanto attiene, invece, alla qualità, ci sono centinaia di indagini statistiche che dicono che il consumatore ritiene gli alimenti OGM di qualità inferiore a quelli non OGM. Del resto, se fosse vero che gli alimenti OGM sono migliori di quelli non OGM, perché le imprese alimentarti non li producono e li vendono, etichettandoli, così come prevede la Legge? Dimenticavo, ma tu sei senatrice, e per giunta “a vita”, per cui tu conosci le esigenze del popolino e sei in grado di fornire al popolino ignorante la soluzione alle sue esigenze, ovvero te la canti e te la balli da sola;

-  continua “Da tredici anni l’irrazionalità politica causa la perdita della nostra biodiversità agricola, …”. Ma dai Cattaneo, ma tu ci credi a quello che scrivi? La biodiversità l’abbiamo persa ormai da decine di anni, con quella “Rivoluzione verde” che scienziati come te hanno propagandato, che doveva dar da mangiare agli affamati, con tecniche produttive rispettose dell’ambiente e, invece? Autorevoli studi hanno messo in evidenza che da quando ha iniziato a svilupparsi l’agricoltura, circa 10.000 specie sono state utilizzate per l’alimentazione umana. Oggigiorno, purtroppo, la gran parte di esse è stata abbandonata e si stima che il 97% delle varietà vegetali che erano disponibili nel 1900 siano oggi estinte: solo quattro specie di piante (patata, riso, mais e frumento) e tre di animali (bovini, suini, polli), forniscono più del 50% degli alimenti utilizzati oggigiorno sulla Terra. In particolare, specifiche ricerche hanno messo in evidenza che abbiamo perso l’80% delle varietà di pomodori, il 93% delle lattughe, il 90% del mais e l’86% delle mele.
Cattaneo, ma lo sai che le piante OGM sono l’antitesi della Biodiversità? E che la Biodiversità è alla base della vita?

- continua “I parassiti evolvono e anche le coltivazioni tipiche necessitano di essere rinvigorite. Se non lo facciamo, le perdiamo o le riempiamo con insostenibili cicli di pesticidi.” Cattaneo, l’unica cosa sensata che hai scritto, ovvero che spesso i nostri alimenti sono ottenuti con insostenibili cicli di pesticidi (nella frutta si arriva fino a 30 trattamenti antiparassitari) …… hai usato la parola pesticidi ……. Grande! Cattaneo i parassiti evolvono per resistere ai fitofarmaci che quotidianamente irroriamo. L'evoluzione genetica dei parassiti determina grandi problemi soprattutto per i coltivatori biologici, che si trovano ad affrontare con mezzi naturali parassiti con patrimoni genetici diversi ……. At capi, Cattaneo, neuroagronoma?

- continua “ ....... Papa Francesco che, nella sua enciclica Laudato si’ , ha ritenuto necessario affrontare il tema degli organismi geneticamente modificati ……….” Cattaneo sei riuscita anche ad utilizzare Papa Francesco, che nella sua Enciclica è stato prudente sugli effetti salutistici e ambientali degli OGM, ma ha usato la mano pesante sugli effetti sociali degli OGM ….. “134. Sebbene non disponiamo di prove definitive circa il danno che potrebbero causare i cereali transgenici agli esseri umani, e in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, si riscontrano significative difficoltà che non devono essere minimizzate. In molte zone, in seguito all’introduzione di queste coltivazioni, si constata una concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi, dovuta alla «progressiva scomparsa dei piccoli produttori, che, in conseguenza della perdita delle terre coltivate, si sono visti obbligati a ritirarsi dalla produzione diretta ». I più fragili tra questi diventano lavoratori precari e molti salariati agricoli finiscono per migrare in miserabili insediamenti urbani. L’estendersi di queste coltivazioni distrugge la complessa trama degli ecosistemi, diminuisce la diversità nella produzione e colpisce il presente o il futuro delle economie regionali. In diversi Paesi si riscontra una tendenza allo sviluppo di oligopoli nella produzione di sementi e di altri prodotti necessari per la coltivazione, e la dipendenza si aggrava se si considera la produzione di semi sterili, che finirebbe per obbligare i contadini a comprarne dalle imprese produttrici.” Per usare un eufemismo ha scritto "Oligopoli", ma di fatto sono dei "Monopoli", con tutti i vantaggi appannaggio dei monopolisti;


 - continua “……. dopo venti anni di prove sulla sicurezza di specifiche piante Ogm (varietà di mais, soia e cotone)- dicono che gli Ogm studiati “fanno bene” alla salute umana ………” Addirittura Cattaneo “fanno bene alla salute umana”. Cattaneo, per fortuna che sei arrivata Tu, ci hai risolto un problema. Visto che fanno bene, perché la BARILLA o qualche altra industria alimentare non produce un bel cibo OGM e poi lo vende, etichettandolo, sul mercato? Guarda che già con la legislazione attuale potrebbe farlo. Forse perché è sicura di non venderne una confezione?

- continua, ....... gli OGM “ ……rispetto alle coltivazioni tradizionali e biologiche, riducono l’impiego di insetticidi e fungicidi, di metalli pesanti o i livelli di pericolose tossine “naturali”, allo stesso tempo senza che sia emersa alcuna prova di danni.” Cattaneo,  questa è una notizia che spero sia ripresa dai tutti quotidiani …… con gli OGM si usano meno pesticidi che in “Agricoltura Biologica".  E pensare che avevo sempre creduto il contrario! Cattaneo forse hai esagerato un pò, oppure forse Ti sei sbagliata!

- continua “In Senato ho anche ricordato che impedire le sperimentazioni in pieno campo sulle migliorie genetiche delle piante significa impedire la ricerca pubblica, la stessa che con regole e scientificità si effettua serenamente in tanti altri Paesi europei. A chi obietta che essa può essere condotta in serra, senza prove in campo, vorrei spiegare nuovamente che è come allestire in officina un nuovo modello di Ferrari senza mai provarlo in pista.” Cattaneo, questo è il problema! Tu vuoi sperimentare piante transgeniche che hanno il transgene nucleare in pieno campo, ben sapendo che il transgene si esprime anche nel polline e che, quindi, può originare “inquinamento genetico”. Ma questo è assurdo! Cosa potranno fare i nostri ricercatori per impedire che il polline trasferisca a piante parentali selvatiche il transgene? Cosa faremo quando il transgene sarà “scappato” dal campo sperimentale e si sarà diffuso nell’ambiente? Chi pagherà i danni eventualmente prodotti da questa evoluzione? Ancora una volta avremo la privatizzazione dei guadagni e la collettivizzazione dei costi? Cattaneo sei sicura che l’esempio della Ferrari possa essere riferito alla fattispecie? Non credo! La Ferrari una volta provata in pista non va a rompere le balle a tutti gli altri modelli di automobili;

- continua “Il terzo evento riguarda il parere che il Parlamento è prossimo a esprimere sulla proposta di regolamento europeo che lascia liberi gli Stati di vietare anche l’importazione di mangimi Ogm. Pare che, in sede europea, i rappresentanti dei Paesi che da sempre demonizzano gli Ogm, come l’Italia, si esprimeranno contro questa libertà.” Cattaneo, ma è ovvio che si esprimeranno contro, poiché questa Legge è un Cavallo di Troia, che favorirà l’apertura del nostro mercato agli OGM. Pensa quanto si incazzeranno gli agricoltori che non possono coltivare gli OGM, ma vedranno il mercato inondato di mangimi OGM e di derivati da OGM che saranno venduti senza specifica etichettatura. Ci vuole l’etichettatura dei derivati, con una tracciabilità di filiera simile a quella del prodotto biologico. Punto!

- continua “Per anni, politici e abili affabulatori hanno “narrato il mito della pericolosità degli Ogm per la salute dell’uomo”. Cattaneo, mi verrebbe voglia di farti un augurio lassativo, ma lasciamo stare. Chi sono gli affabulatori. Sei sicura che il concetto non possa essere ribaltato e riferito a te stessa?

- continua “Coerenza vorrebbe che ora facessero salti di gioia di fronte alla possibilità di vietare anche l’importazione (oltre alla coltivazione e alla ricerca pubblica) di un materiale “per loro tanto pericoloso”. E, invece, a oggi non ho notizia di nessuno in trincea a sostenere la “chiusura alle importazioni Ogm” offerta dalla Commissione Europea, paradossalmente trasformandosi da anti- Ogm a “complici di crimini ai danni della salute”. Oppure, hanno sempre mentito al Paese.” Cattaneo, sei terribile! Addirittura, i contrari agli OGM che non chiedono la chiusura delle importazioni hanno sempre mentito al Paese. Cattaneo “non ho parole”, veramente. Ti meriti un bell’augurio lassativo;

- continua “Faccio allora io una proposta. Se non sarà vietata l’importazione di mangimi Ogm, si segnali al consumatore tutto quanto deriva da Ogm. Si etichettino come “Derivato da Ogm” latte e formaggi, salumi e carni ottenuti da animali nutriti con Ogm. I grandi Consorzi di tutela del Made in Italy, che esportiamo nel mondo, usano mangimi Ogm: etichettiamo anche quei prodotti.” Magari Cattaneo, magari. Così daremo finalmente vita ad una “Filiera OGM free” ed avremo finito di romperci le balle con gli OGM, perché nessuno vorrà comprare carne, latte e uova ottenuti con mangimi OGM. Del resto, perché dovrebbero? Il costo di produzione della carne ottenuta con mangimi convenzionali è dello 0,00001% superiore a quello della stessa carne ottenuta con mangimi OGM. Al dettaglio i prezzi sarebbero sostanzialmente gli stessi …… per cui….. chi me lo fa fare di rischiare, senza ottenere alcuna contropartita? Cattaneo, invece di rompere le balle sulla sperimentazione in pieno campo, che esige regole di coesistenza che specifiche commissioni ministeriali non sono mai riuscite a fare, perchè non proponi una bella Legge sull'etichettatura dei derivati da OGM....... faresti sicuramente un piacere all'agricoltura italiana. Dai provaci, ce la potresti fare; 

- continua “ …… si smetta di ingannare il pubblico con false paure e si ricominci a fare sperimentazione libera, in sicurezza e in campo aperto.” Cattaneo, sei pericolosa! Ma tu credi che quelli che sono contrari all’utilizzazione degli OGM siano tutti ingannatori? Senatrice a vita, per favore, smettila di sparare sentenze. Cattaneo ci spieghi che cosa significa "sperimentazione libera"? Forse tu saprai che la mia libertà finisce laddove inizia quella degli altri ........ e se gli altri sono liberi di inquinare il prodotto biologico, io non sono contento;


- continua “Inondiamo coltivazioni e ambiente di insetticidi e metalli pesanti senza alcun “principio di precauzione”. Cattaneo ti ringrazio …… una delle poche verità che hai scritto.

Papa Francesco e gli OGM 1/1

Chi scrive le seguenti considerazioni non può essere a favore degli OGM

34. Probabilmente ci turba venire a conoscen­za dell’estinzione di un mammifero o di un vola­tile, per la loro maggiore visibilità. Ma per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorgani­smi. Alcune specie poco numerose, che di soli­to passano inosservate, giocano un ruolo critico fondamentale per stabilizzare l’equilibrio di un luogo. È vero che l’essere umano deve interveni­re quando un geosistema entra in uno stadio cri­tico, ma oggi il livello di intervento umano in una realtà così complessa come la natura è tale, che i costanti disastri causati dall’essere umano pro­vocano un suo nuovo intervento, in modo che l’attività umana diventa onnipresente, con tutti i rischi che questo comporta. Si viene a creare un circolo vizioso in cui l’intervento dell’essere umano per risolvere una difficoltà molte volte aggrava ulteriormente la situazione. Per esempio, molti uccelli e insetti che si estinguono a motivo dei pesticidi tossici creati dalla tecnologia, sono utili alla stessa agricoltura, e la loro scomparsa dovrà essere compensata con un altro interven­to tecnologico che probabilmente porterà nuovi effetti nocivi. Sono lodevoli e a volte ammirevoli gli sforzi di scienziati e tecnici che cercano di ri­solvere i problemi creati dall’essere umano. Ma osservando il mondo notiamo che questo livel­lo di intervento umano, spesso al servizio della finanza e del consumismo, in realtà fa sì che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia, mentre contempo­raneamente lo sviluppo della tecnologia e delle offerte di consumo continua ad avanzare senza limiti. In questo modo, sembra che ci illudiamo di poter sostituire una bellezza irripetibile e non recuperabile con un’altra creata da noi.

giovedì 28 maggio 2015

Piante OGM - Rischi per l’uomo e per gli animali che si alimentano con prodotti di OGM



prof. Raffaele Testolin, Direttore del Dipartimento Produzione Vegetale e Tecnologie Agrarie Università di Udine


“4.1 Rischi per l’uomo e per gli animali che si alimentano con prodotti di OGM



I costrutti utilizzati per il trasferimento di geni a piante, contengono – come abbiamo visto – una copia di un gene che permette la selezione dei trasformati. Molti costrutti contengono come gene marker per la selezione dei trasformati un gene che conferisce resistenza alla kanamicina. Questo gene di origine batterica, noto anche come nptII (neomicina fosfotransferasi II), è ovviamente presente in tutte le cellule di una pianta transgenica.
La paura che il gene nptII possa essere tossico per l’uomo e gli animali sembra infondata, ma esistono un paio di altre questioni che non hanno ancora ricevuto risposta. La prima riguarda la possibilità che il gene nptII possa essere passato ai batteri dell’intestino umano, rendendoli resistenti alla kanamicina e ad altri antibiotici. La seconda riguarda la possibilità che il gene venga trasferito ad altri organismi e quindi rilasciato nell’ambiente con rischi per l’ecosistema.
Nessuna delle questioni ha per ora ricevuto risposta. Sappiamo che i processi digestivi dovrebbero distruggere qualsiasi sequenza codificante prima che questa raggiunga la flora batterica dell’intestino (guai se non fosse così!). Sappiamo anche che un gene che evitasse la distruzione nello stomaco avrebbe comunque poche possibilità di essere trasferito ad un batterio nell’intestino umano. Tuttavia il rischio non è nullo. Le preoccupazioni riguardano soprattutto la possibilità che batteri GM utilizzati come colture starter in formaggi o yoghurt possano trasferire questi geni a specie di batteri relativamente prossime (es. batteri lattici) presenti nell’intestino. Per questo pericolo, le legislazioni dei vari paesi – per quanto è noto – stabiliscono che organismi GM prodotti per alimenti da consumare a crudo non debbano contenere geni di resistenza agli antibiotici.
Per quanto riguarda il pericolo di trasferimento all’ambiente, sappiamo che il gene di resistenza alla kanamicina è piuttosto diffuso in natura e tuttavia un evento imprevisto che possa in qualche maniera causare un danno all’ambiente non può essere escluso a priori.
La presenza di questi rischi è tanto vera che i ricercatori, su sollecitazione delle imprese, si sono preoccupati di mettere a punto una nuova cassetta di espressione contenente un secondo gene (il gene Cre), in grado, una volta avvenuta la trasformazione, di excidere il gene nptII dalla pianta (Brown 1995).
Poiché il gene Cre viene caricato su un vettore diverso da quello preparato con il gene di interesse assieme al gene nptII, i due costrutti verrebbero trasferiti in zone diverse del genoma e segregherebbero alla prima generazione, permettendo così di selezionare piante contenenti il gene di interesse ma non il gene Cre. Il gene nptII non dovrebbe essere presente perché già eliminato da Cre.
Un secondo approccio è stato quello di usare geni marker/eporter diversi dai geni di resistenza ad antibiotici. Tra i nuovi geni un largo spazio hanno trovato alcuni geni di resistenza ad erbicidi, ma sono stati sperimentati anche geni che conferiscono tolleranza a metalli, metodi di complementazione vari, geni che demoliscono zuccheri artificiali come per esempio il lattosaccarosio ecc. (Yoder e Goldsbrough 1994; Gressel 1999). Per questi restano i rischi di diffusione nell’ambiente che vedremo nel prossimo paragrafo.
Per quanto riguarda la tossicità dei prodotti di origine transgenica, la legislazione, data la difficoltà di sviluppare test tossicologici appropriati, ha introdotto il concetto di valutazione della “sostanziale equivalenza” tra il prodotto transgenico e quello non transgenico di analoga origine. Dal punto di vista puramente scientifico, la tossicità di costrutti transgenici è considerata in generale poco verosimile, anche se non può essere esclusa in linea di principio.”