L’esito del Referendum, tenutosi il 6
novembre in California, volto all’introduzione dell’etichettatura degli
alimenti OGM è risultato negativo. Il 53,1% dei votanti ha respinto la Proposta 37 contro il 46.9% a favore.
L’approvazione della proposta sembrava
sicura, in considerazione del risultato dei sondaggi che hanno preceduto il
referendum.
E’ ovvio che tale esito lascia a dir
poco perplessi, in quanto la proposta 37, nel prevedere l’etichettatura dei
prodotti OGM, consentiva un’informativa più trasparente, nel rispetto del
diritto dei consumatori e dei loro figli di sapere cosa contiene il cibo che
consumano. La proposta avrebbe implicato una radicale trasformazione degli attuali sistemi produttivi perché, benché confinata ad un solo Stato, costituisce in realtà parte di un programma di cambiamento più generale che mette in discussione il predominio delle multinazionali su tutta la produzione agro-alimentare. Per questo motivo le più importanti aziende del settore alimentare e biotech, quali Monsanto, DuPont, Dow Chemical, Pepsico, Kellog, Mars, Kraft e Coca Cola, hanno investito 46 milioni dollari (circa un milione al giorno) in una campagna pubblicitaria, chiamata "No on 37", condotta massicciamente su stampa e televisione, e tesa a convincere i californiani che l’etichettatura degli OGM avrebbe comportato un incremento dei prezzi e confuso le idee ai consumatori. Contro la “Proposta 37” si è schierata anche l’Associazione Americana per l’Avanzamento della Scienza (AAAS), secondo la quale gli sforzi per etichettare gli OGM non sono motivati dal fatto che essi siano realmente rischiosi, e che la scienza, invece, li ritiene sicuri.
Nonostante la sconfitta, gli attivisti del “ food movement” hanno annunciato di aver già iniziato la raccolta delle firme necessarie per presentare analoghe iniziative in diversi Stati, a partire da quelli di Washington, Maine, Oregon, e New Mexico.
A mio parere, però, assisteremo nei prossimi anni ad un intensificarsi delle informazioni in merito al contenuto o meno di OGM negli alimenti che gli americani consumano, poichè di quel 47% le industrie alimentari e la distribuzione dovranno per forza tenerne conto.
Nonostante la sconfitta, gli attivisti del “ food movement” hanno annunciato di aver già iniziato la raccolta delle firme necessarie per presentare analoghe iniziative in diversi Stati, a partire da quelli di Washington, Maine, Oregon, e New Mexico.
A mio parere, però, assisteremo nei prossimi anni ad un intensificarsi delle informazioni in merito al contenuto o meno di OGM negli alimenti che gli americani consumano, poichè di quel 47% le industrie alimentari e la distribuzione dovranno per forza tenerne conto.
Adesso si scatenerà anche il pandemonio nei
Paesi dell’Unione Europea, in quanto l’esito del Referendum determinerà una
marea di prese di posizione a favore degli OGM.
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