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lunedì 25 gennaio 2016

Ogni Paese europeo potrà vietare l’uso di prodotti contenenti ogm?

Ogni Paese europeo potrà vietare l’uso di prodotti contenenti ogm? Si tratta di una proposta della Commissione Europea che se approvata aprirebbe al blocco dell’importazione di mais e soia ogm per la produzione di mangimi. Sorge spontanea la domanda: dove troveremo mais e soia ogm free dato che importiamo per il mais il 30% e per la soia l’85% del nostro fabbisogno? Ma vediamo i numeri. Prendendo in considerazione solo mais e soia, a livello mondiale la quota di superfici ogm è pari, rispettivamente, al 30 e all’85% di quella totale, ma nei tre principali produttori ed esportatori – Argentina, Brasile e Stati Uniti – varia dal 94 e all’88%. È chiaro quindi che approvvigionarsi di mais e di soia ogm free da questi Paesi sarà piuttosto difficile.



Lo scenario per il mais

Nel 2013 l’Italia ha importato quasi 4 milioni di tonnellate di mais principalmente dall’Ucraina, che non produce mais ogm, e dai Paesi comunitari. La quota di mais importata da Paesi con coltivazioni ogm (Brasile, Argentina, Stati Uniti) incide per pochi punti percentuali per un totale di circa 100.000 tonnellate, di cui il Brasile ne fornisce circa 96.000.

Il potenziale produttivo di mais ogm free del Brasile, che è il principale fornitore dell’UE, potrebbe raggiungere i 13-14 milioni di tonnellate, valore che confrontato con le attuali esportazioni complessive, circa 20 milioni di tonnellate, lascia intravedere ancora un ampio margine di sicurezza rispetto ai volumi importati dall’Italia e anche dell’Ue nel suo complesso (le importazioni totali UE dal Brasile si aggirano sui 2,4 milioni di tonnellate). Tuttavia il Brasile esporta anche in altri Paesi, come ad esempio il Giappone, con i quali potrebbero essere già in atto accordi per la vendita di prodotti non ogm.

In sintesi la domanda di mais ogm free potrebbe essere soddisfatta senza grosse difficoltà.




Lo scenario per la soia



Per quanto riguarda la soia la situazione è più problematica sia per la nostra marcata dipendenza dall’importazione, sia per la concentrazione della produzione in pochi Paesi.

Nel 2013 l’Italia ha importato circa 1,4 milioni di tonnellate di semi e circa 1,8 milioni di tonnellate di farine di soia per un volume complessivo di circa 3,2 milioni di tonnellate di prodotto estero.

La produzione mondiale di soia si concentra soprattutto nei Paesi dell’America meridionale e settentrionale: i primi 10 produttori offrono il 97% della soia mondiale e il 98% dell’export sia per i semi, sia per le farine.

Di questi 10 Paesi 8 sono esportatori e solamente l’Ucraina produce solo soia non ogm; negli altri – Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Bolivia – la quota di superfici ogm varia dal 60% del Canada al 100% dell’Argentina.

La produzione di soia ogm free, considerando che le rese delle colture no ogm sono inferiori, potrebbe aggirarsi sui 43 milioni di tonnellate, pari al 15% di quella mondiale. Una produzione che dovrebbe soddisfare anche le richieste interne di questi Paesi, visto che in particolare negli Stati Uniti esiste una domanda interna da soddisfare.

Anche ipotizzando che tutta la soia ogm free fosse offerta sul mercato mondiale, l’export di semi tradizionali ammonterebbe a circa 16 milioni di tonnellate, pari a circa il 15% dell’export di semi. Per le farine la disponibilità di prodotto ogm free sarebbe invece poco significativa.

Confrontando per ogni singolo Paese fornitore dell’Italia la disponibilità di prodotto ogm free, l’export

complessivo e l’import italiano, emerge una buona copertura della domanda di semi, mentre per le farine si rileva un deficit di oltre il 70% in conseguenza degli acquisti dai Paesi sudamericani.

Una situazione difficile che peraltro non tiene conto di eventuali accordi commerciali tra esportatori e importatori e della concorrenza tra Paesi, ad esempio quelli comunitari, per acquisire il prodotto ogm free.

mercoledì 14 gennaio 2015

Libertà per gli Stati membri di limitare o di vietare la coltivazione di OGM sul proprio territorio. Un "Cavallo di Troia"

Questa "libertà" introdotta dalla Direttiva UE, con ogni probabilità sarà adottata nel nostro Paese. Quando l'Italia avrà adottato questa libertà, gli allevatori continueranno comunque ad allevare il bestiame con mangime OGM di importazione e, con ogni probabilità, la produzione interna di mangime animale, "Non OGM", sarà destinato ai biodigestori. Una cosa a dir poco folle!

Qualcuno penserà ad una cosa assurda, invece è proprio così, in relazione alle regole di mercato che ci siamo dati, ovvero quelle del WTO.
In particolare, in Italia sarà vietato coltivare piante OGM, ma non sarà vietato importarle per destinarle all’alimentazione animale. Già questo fatto è assurdo e determina una sorta di concorrenza sleale tra gli stessi allevatori, in quanto i mangimi OGM hanno un costo decisamente più basso di quelli certificati “OGM Free”, mentre i prodotti ottenuti dalla trasformazione hanno lo stesso prezzo. In pratica chi utilizza mangimi OGM, spende di meno e incassa lo stesso prezzo per i derivati ottenuti……veramente assurdo……tra qualche anno assisteremo sicuramente a proteste di piazza per questo fatto, poiché anche gli allevatori che non vogliono adottare gli OGM, saranno costretti a farlo dal mercato, in quanto i margini economici si restringeranno sempre più (pure loro tengono famiglia).
Se qualcuno pensa che questo non sia vero è sufficiente osservare il bollettino della “Borsa Merci di Bologna”.
Per il mais il confronto tra convenzionale e OGM non è fattibile, in quanto il bollettino non riporta specificamente prezzi diversi per la granella, anche in relazione al fatto che il mangime viene importato sotto forma di farina. E’ possibile, invece, il confronto con la soia, poiché il bollettino riporta esplicitamente prezzi diversi per derivati di soia di importazione estera (quasi tutta OGM) o derivati certificati “OGM Free”. In particolare, il bollettino del 14 novembre 2013 riporta i seguenti prezzi:

                                                         
FARINE VEGETALI DI ESTR. (2)
Soia tostata integ. Nazion. (prot. 44% stq)
14 novembre 2013
476,00
477,00
7 novembre 2013
478,00
479,00
-2,00
-2,00
Soia tostata integ. estera (prot. 44% stq)
14 novembre 2013
474,00
475,00
7 novembre 2013
476,00
477,00
-2,00
-2,00
Soia Tostata integ. Naz. non deriv. OGM
14 novembre 2013
499,00
500,00
7 novembre 2013
489,00
490,00
10,00
10,00
Soia Tostata integ. Estera non deriv. OGM
14 novembre 2013
497,00
498,00
7 novembre 2013
487,00
488,00
10,00
10,00
Soia Tostata Decorticata naz.
14 novembre 2013
481,00
483,00
7 novembre 2013
486,00
488,00
-5,00
-5,00
Soia Tostata Decorticata estera
14 novembre 2013
478,00
480,00
7 novembre 2013
483,00
485,00
-5,00
-5,00
Soia Tostata Decorticata naz.non deriv. OGM
14 novembre 2013
543,00
545,00
7 novembre 2013
533,00
535,00
10,00
10,00
Soia Tostata Decorticata est.non deriv. OGM
14 novembre 2013
540,00
542,00
7 novembre 2013
530,00
532,00
10,00
10,00

E’ interessante notare il diverso prezzo, sempre superiore, dei trasformati di soia non derivanti da OGM, rispetto a quelli OGM. In particolare:
-         Soia tostata integrale Estera non derivante OGM, ........497/498 €/T
-         Soia tostata integrale Estera………………………….…….474/475 €/T

Una differenza di 24/25 €/T, pari al 5% circa.

-         Soia tostata Decorticata estera non derivante OGM………….540/542 €/T
-         Soia tostata Decorticata estera……………………….……….478/480 €/T

Una differenza di 60/62 €/T, pari all’11% circa.

Da questi elementi possiamo porci una domanda: fino a quando gli allevatori che utilizzano mangimi convenzionali saranno disposti a produrre i loro derivati zootecnici (carne, latte, uova, ecc.) ai costi del convenzionale, per poi vendere ai prezzi del transgenico?

Questa nuova norma è zoppa, poichè non prevede l'etichettatura dei derivati da mangimi OGM. In questa situazione troveremo sul mercato latte ottenuto allevando le vacche con mangime OGM (meno costoso), che avrà lo stesso prezzo del latte ottenuto senza OGM (più costoso). Dopo qualche anno gli allevatori sicuramente protesteranno, in quanto non saranno in grado di comprendere la motivazione che impedisce la coltivazione di OGM sul nostro territorio, ma che nello stesso tempo non impedisce di utilizzarli per l'alimentazione del bestiame. Una situazione assurda.

Questa nuova norma sarà un "Cavallo di Troia", che agevolerà l'introduzione degli OGM

sabato 20 dicembre 2014

Libertà di coltivare OGM. Un Cavallo di Troia che ci porterà a liberalizzare la coltivazione di OGM

Via libera della Commissione Ambiente dell'Europarlamento alla nuova normativa che prevede la possibilità per i 28 Stati membri di limitare o bandire la coltivazione di Organismi geneticamente modificati (Ogm) sul proprio territorio anche se autorizzata a livello Ue.
La novità rispetto al testo iniziale e' l'inserimento, nell'elenco delle motivazioni alle quali possono ricorrere gli Stati membri per imporre lo stop agli Ogm, del criterio "ambientale", che si aggiunge a quelli socioeconomici, di uso dei terreni e di pianificazione urbana già contemplati dalla norma.
Il nostro Paese, pertanto, una volta approvata definitivamente questa norma, sarà libero di non coltivare OGM come ha fatto fino ad ora e come chiedono quasi 8 cittadini su 10 (76 per cento), che si oppongono alla coltivazione di OGM in pieno campo. A protezione del nostro Paese sarà l’Europa da un lato, le Alpi e il mare dall’altro, che renderanno l’Italia finalmente sicura da ogni contaminazione di Ogm a tutela della straordinaria  biodiversità.
Molti inneggiano alla vittoria, ma occorre, però, considerare che è una vittoria di Pirro, in quanto sarà vietata la coltivazione di OGM sul nostro territorio, ma non sarà vietata l’importazione di prodotti OGM (soprattutto mangimi) e non sarà evitata la produzione di carne, di latte, di uova, ecc. derivanti dall’utilizzazione di mangimi OGM di importazione. Pertanto, quale sarà lo scenario più probabile? Di seguito un ipotetico, ma realistico, scenario riferito al mais:
- il nostro Paese vieterà la coltivazione di piante OGM;
- i nostri coltivatori non potranno coltivare piante OGM;
- il costo di produzione del “mais non OGM” è leggermente superiore a quello del “mais OGM”;
- il prezzo di mercato del mais OGM sarà, non è detto che lo sia realmente, leggermente inferiore a quello del mais convenzionale;
- le importazioni di mais OGM a causa degli accordi del WTO, saranno sempre più abbondanti;
- gli allevatori preferiranno il mais OGM di importazione, poiché meno costoso;
- i nostri coltivatori subiranno un danno economico da questa scelta di vietare la coltivazione di mais OGM;
- aumenteranno le proteste per una situazione che i coltivatori non riescono a comprendere, ovvero vietarne la coltivazione nel nostro Paese, ma consentire l’importazione di mangimi OGM;
- le proteste, con ogni probabilità, porteranno a rivedere la decisione di vietare la coltivazione di OGM.
In definitiva, la norma è zoppa! Ovvero, insieme a questo divieto, se realmente non si vogliono creare le condizioni per “aprire agli OGM”, occorrerà:
- o vietare anche l’importazione di OGM, fatto impossibile in relazione all’appartenenza del nostro Paese al WTO;
- o etichettare i derivati da OGM (carne, latte, uova, ecc.), al fine di consentire al consumatore di operare una scelta consapevole.
Direi che la seconda ipotesi è quella maggiormente percorribile, in quanto, in questo modo avremo realmente una adesione, o un rifiuto degli OGM. Sarà il mercato a decidere. Se i consumatori riterranno  che con gli OGM non ci sono problemi, acquisteranno massicciamente derivati da OGM, favorendo così anche le importazioni di mangimi OGM. Al contrario, se essi decideranno di non acquistare derivati OGM, daranno una mano ai nostri coltivatori, che saranno premiati con ogni probabilità da  un maggior prezzo dei mangimi non OGM da loro venduti.

Ma per fare tutto questo è necessario conoscere come è stato ottenuto il cibo, ovvero è necessaria una “giusta etichettatura”.

venerdì 5 dicembre 2014

A proposito di libertà per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM

Anche il “Comitato delle Regioni” si è occupato dell’argomento relativo alla possibilità di lasciare agli Stati membri la possibilità di limitare e/o di vietare la coltivazione di OGM sul proprio territorio.

Anche il “Comitato delle Regioni” ha fatto presente che prima di adottare questa normativa è necessario introdurre dei correttivi, altrimenti questa è una norma destinata ad aprire la strada agli OGM.



http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2011:104:0062:0066:IT:PDF

Nel documento del Comitato delle Regioni viene evidenziato che la norma sulla possibilità di lasciare gli stati membri liberi di limitare o vietare la coltivazione di piante OGM sul loro territorio è una norma zoppa, in quanto senza l'etichettatura dei derivati essa è destinata a trasformarsi in "Cavallo di Troia" a favore degli OGM. In particolare, la carta che le multinazionali del seme potranno giocare è quella delle importazioni di OGM dall'estero per scopi mangimistici. Oggi l'Ue importa 32/35 milioni di tonnellate di sola soia, per la gran parte OGM, impiegata soprattutto per alimentazione animale. E la maggior parte di questa soia (quasi tutta quella che arriva da Usa, Brasile ed Argentina) e' geneticamente modificata. Come dire che quel che vietiamo dalla porta (la coltivazione di OGM sul nostro territorio), entra dalla finestra mediante le importazioni, che non possono essere vietate a causa degli accordi del WTO e finisce nei nostri piatti quando mangiamo “derivati da OGM”, ovvero carne, latte, uova, ecc. Ovviamente queste importazioni penalizzano la “soia non OGM” prodotta dai nostri agricoltori, con grave danno economico agli stessi. Prima o poi i nostri agricoltori si stancheranno di questa situazione e chiederanno, giustamente, di coltivare gli OGM…….tanto questi entrano ugualmente e i prodotti derivati da mangimi OGM sono anonimi e non sono riconoscibili.

Se vogliamo evitare che tutto questo accada, occorrerà attuare specifiche strategie difensive:

-               dare la possibilità ai Paesi che non vogliono coltivare OGM di bloccarne anche l'importazione;

-               etichettare i derivati da OGM, al fine di consentire al consumatore una scelta consapevole.

La prima strategia non sarà facile da applicare in sede WTO. Si possono prevedere ritorsioni commerciali da parte di altri Paesi, USA in testa.

Più semplice appare la possibilità di applicare la norma relativa all’etichettatura dei derivati, al fine di fornire trasparenza al mercato degli alimenti e consentire al consumatore una scelta consapevole.

martedì 2 settembre 2014

Commercio mondiale: il Ttip e la lotta di classe al contrario, di Enrico Lobina | 19 agosto 2014

Ttip sta per Transatlantic Trade and Investment Partnership, cioè per Partenariato Transatlantico sul commercio gli investimenti. Si tratta di un trattato su libero scambio ed investimenti che Stati Uniti (Usa) ed Unione Europea (Ue) stanno negoziando. In segreto. Peccato che tocchi tutti gli aspetti della vita sociale, economica e culturale della nostra terra.

Tra gli anni novanta ed i duemila un vasto movimento (i “no-global“) si opposero ai negoziati portati avanti dalla Omc (Organizzazione Mondiale del Mercato), che avevano come scopo di eliminare non solamente tariffe doganali, bensì la possibilità per piccoli Stati e lavoratori di difendersi dallaconcorrenza selvaggia e dai voleri delle multinazionali.

Grazie ad un vasto movimento di popolo (ricordate Genova 2001), e ad una chiara azione dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), spalleggiati dai paesi non-allineati, i negoziati fallirono. Gli Usa e la Ue ripiegarono su trattati bilaterali. Ora è venuto il momento del trattato tra i due giganti del neoliberismo, che dovrebbe essere concluso entro il 2015.

C’è poco tempo, e tutto è segreto! Alla faccia degli open data e della trasparenza, non si può sapere su cosa si sta trattando. Qualcosa trapela, ma non sia mai che l’opinione pubblica possa sapere cosa gli succederà. Il nocciolo del trattato non è la diminuzione delle tariffe, già quasi nulle, bensì l’eliminazione delle “barriere normative” che limitano profitti potenzialmente realizzabili dalle società transnazionali.

Cosa significa “barriere normative”? Vediamo qualche esempio.

La società francese Veolia, che ha in gestione lo smaltimento dei rifiuti ad Alessandria, in Egitto, ha fatto causa allo stato egiziano perché ha aumentato i salari del settore pubblico e privato al tasso d’inflazione, e questo ha compresso i propri margini di profitto. Per “barriere normative” s’intende anche questo. Con le misure proposte dal Ttip per la protezione degli investitori qualsiasi peggioramento (per l’investitore) delle condizioni contrattuali può dar luogo a richieste di risarcimento. Il meccanismo, se entrasse in funzione, avrebbe una forza dirompente dal punto di vista delle aspettative e delle azioni governative. Chi più si azzarderebbe ad aumentare i salari?

Nel caso vi sia una diatriba tra lo stato ed una multinazionale, questa non sarà costretta a rivolgersi ai tribunali dello stato nazionale (sono di parte!), bensì ad un arbitrato internazionale, in cui uno degli arbitri è scelto dalla multinazionale, uno dallo stato ed il terzo congiuntamente. Peccato che questi arbitri siano una cinquantina in tutto!

Questo meccanismo è l’Isds (Investor-State Dispute Settlement), ed è fortemente voluto dagli Usa. Sta incontrando una crescente resistenza a Bruxelles, però non è chiaro se nei negoziati ancora se ne sta parlando e se lo si sta prevedendo. Ma anche senza Isds, per gli agricoltori ed i piccoli e medi imprenditori europei, insieme a tutti i lavoratori, il Ttip sarebbe un disastro.
Gli agricoltori, e tutti coloro che hanno a cuore la propria alimentazione, sappiano che Ttip significa “deregolamentazione della sicurezza alimentare”. Con l’eliminazione delle normative europee sulla sicurezza alimentare (le famose “barriere normative”) entreranno gli Ogn (Organismi Geneticamente Modificati) e, più in generale, verrà meno il “principio di precauzione” europeo.

Per quanto riguarda l’ambiente, il principio è lo stesso. Oltre ad indebolire le normative fondamentali sull’ambiente, che dovranno allinearsi a quelle Usa, vi sarà un’inversione dell’onere della prova nel settore chimico: “Non inquino fin quando tu, Stato, non lo dimostri”. Ora, in Europa, è il contrario: è l’industria che deve dimostrare che non si inquina.

Questo e molto altro è il Ttip. A fronte di una crescita nulla in seguito a questo trattato, sappiamo però che lavoreremo peggio, che mangeremo cibi meno sani e  vivremo in un ambiente meno pulito. Tutto ciò per favorire qualche miliardario, che miliardario lo era anche prima. La lotta di classe al contrario, insomma.

Per quanto attiene agli OGM, taluni Paesi faranno di tutto per farli accettare ai Paesi contari.



Interessanti sono anche questi interventi 

di Lori Wallach



lunedì 3 marzo 2014

A proposito della possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio

La norma è sicuramente auspicabile, ogni Paese potrà autonomamente, senza parere dell'UE, autorizzare o vietare la coltivazione, ma si badi bene non il commercio tra Stati, di piante OGM.

Proprio perchè ogni Paese potrà vietare la coltivazione, ma non il commercio tra Stati, prima di applicare questa norma è necessario introdurre una ulteriore norma che preveda l’etichettatura dei derivati ottenuti dall’allevamento di animali nutriti con mangimi OGM (carne, latte, uova, ecc.), altrimenti questa Legge potrebbe essere un “Cavallo di Troia” che potrebbe favorire l’introduzione degli OGM nel nostro Paese e in tutti gli altri Paesi che ne vieteranno la coltivazione. 

In particolare, in una situazione di libero mercato dei mangimi (già etichettati come OGM) e dei derivati da OGM (carne, latte, uova, ecc.) e senza etichettatura di questi ultimi, è una Legge destinata a cadere dopo pochi anni, a causa delle previste lamentele degli agricoltori “non OGM”, che si vedrebbero sommersi da “mangimi OGM” e da “derivati non etichettati” provenienti dai Paesi UE che ne hanno consentito la coltivazione. Infatti, la gran parte dei prodotti delle attuali coltivazioni OGM sono destinati all'allevamento animale, per cui si trasformano in alimenti destinati al consumo per l'uomo solo successivamente alla trasformazione (ad esempio carne, latte, uova) e, pertanto, stante l'attuale normativa, riescono a sottrarsi all'etichettatura. In tale situazione viene meno la possibilità di scelta del fruitore del prodotto finale, il quale, anche se contrario, consuma inconsapevolmente OGM attraverso l'acquisto dei prodotti ottenuti dalla loro trasformazione. Nel caso in cui non ci sia etichettatura dei derivati, con ogni probabilità gli animali saranno nutriti massicciamente con mangimi OGM (hanno un costo leggermente inferiore ed i relativi derivati spuntano lo stesso prezzo di quelli ottenuti con mangimi “non OGM”), per cui si determineranno situazioni economiche decisamente diverse per gli Stati che opteranno per la loro coltivazione e per quelli che, invece, decideranno di non coltivarli. In particolare, il costo di produzione dei prodotti dell'allevamento (carne, latte, uova, ecc.) sarà presumibilmente inferiore per quelle realtà, e per quegli Stati,  che decideranno di optare per il transgenico, per cui, in mancanza di specifica etichettatura, essi saranno sicuramente più competitivi sul mercato rispetto agli Stati che avranno optato di non coltivare OGM. Questa situazione, in mancanza di etichettatura, determinerà una sorta di concorrenza sleale per lo stesso prodotto (carne, uova, latte, formaggi, ecc.) tra gli Stati che opteranno per il transgenico e per quelli che, invece, decideranno di non coltivarli. E’ forse inutile far presente che in una situazione di questo tipo ben presto, dopo pochi anni, anche gli agricoltori che non volevano utilizzare gli OGM saranno costretti dal mercato a farlo, poiché opereranno in un mercato in cui c’è asimmetria informativa ed esiste un unico prezzo tra “Derivati OGM” e “Derivati non OGM”….ancora una volta ”La moneta cattiva scaccerà la moneta buona”.
         Ci sono poi altre considerazioni che ci portano a dire che questa “libertà per gli Stati membri di coltivare o meno OGM” si potrebbe trasformare in un “Cavallo di Troia” per poi aprire il nostro Paese agli OGM. In particolare, una volta che la "patata bollente OGM" è passata ai singoli Stati, la Commissione UE sarà portata ad approvare un sacco di altri OGM........tanto ci penseranno i singoli Stati a dire di no! E dicendo di no! aumenteranno per questi Stati i contenziosi con il WTO.

In conclusione, la norma sulla possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio è sicuramente auspicabile, ma occorre prima introdurre anche la norma sull’etichettatura dei derivati ottenuti da mangimi OGM ……… altrimenti sarà un guaio!