Secondo
quanto emerge dal Rapporto del Servizio Internazionale per l'acquisizione delle
applicazioni nelle biotecnologie per l'agricoltura (ISAAA) sullo "Status globale della commercializzazione di coltura biotech/OGM", a livello globale nel 2012 sono stati coltivati 170,3 milioni di ettari di
colture biotech, con un tasso di crescita medio annuo del 6%,
10,3 milioni in più rispetto ai 160 milioni di ettari del 2011.
Molti associano questo dato al gradimento della coltivazione di queste piante da parte degli agricoltori, sottintendendo, e facendo credere ai meno informati, che queste piante, se sono preferite a quelle convenzionali, significa che sono decisamente migliori, sia da un punto di vista agronomico, sia da un punto di vista delle performance economiche.
Purtroppo, tutto questo non è vero, poichè tra le motivazioni che hanno determinato un aumento delle superfici coltivate a OGM nel mondo sono legate quasi esclusivamente alla mancata etichettatura degli alimenti ottenuti da queste coltivazioni. Ci si riferisce sia agli alimenti direttamente utilizzati come cibo quotidiano, sia agli alimenti derivati dall’utilizzazione degli OGM nell’attività zootecnica (carne, latte, uova, ecc.).
Cosa accade, per esempio, per il mais? Non essendoci etichettatura dei derivati, nessun trasformatore (allevatore) ha interesse alcuno a tener separati i due prodotti e ad adottare "mais non OGM", piuttosto di "mais OGM". Se non c'è etichettatura, sul mercato è presente un unico prezzo del mais, sia esso OGM o "non OGM". Ecco allora spiegata l'esplosione delle superfici coltivate a mais OGM (la stessa cosa vale per soia e per colza)............. molto semplicemente, in presenza di un unico prezzo di mercato per "mais OGM" e "mais non OGM", gli agricoltori tendono a produrre e ad utilizzare quello che ha il minor costo di produzione, ovvero quello OGM (alcuni hanno calcolato un minor costo di produzione agricolo del 5-6%, che, laddove è obbligatoria l'etichettatura, non sarebbe sufficiente a compensare i maggiori costi di separazione di filiera).
E' forse inutile fare osservare che, molto probabilmente, in relazione alla diffidenza manifestata dai consumatori, se "alimenti diretti" e "alimenti derivati" fossero etichettati, così come avviene nei Paesi della UE, non avremmo assistito a questa ascesa.
Molti associano questo dato al gradimento della coltivazione di queste piante da parte degli agricoltori, sottintendendo, e facendo credere ai meno informati, che queste piante, se sono preferite a quelle convenzionali, significa che sono decisamente migliori, sia da un punto di vista agronomico, sia da un punto di vista delle performance economiche.
Purtroppo, tutto questo non è vero, poichè tra le motivazioni che hanno determinato un aumento delle superfici coltivate a OGM nel mondo sono legate quasi esclusivamente alla mancata etichettatura degli alimenti ottenuti da queste coltivazioni. Ci si riferisce sia agli alimenti direttamente utilizzati come cibo quotidiano, sia agli alimenti derivati dall’utilizzazione degli OGM nell’attività zootecnica (carne, latte, uova, ecc.).
Cosa accade, per esempio, per il mais? Non essendoci etichettatura dei derivati, nessun trasformatore (allevatore) ha interesse alcuno a tener separati i due prodotti e ad adottare "mais non OGM", piuttosto di "mais OGM". Se non c'è etichettatura, sul mercato è presente un unico prezzo del mais, sia esso OGM o "non OGM". Ecco allora spiegata l'esplosione delle superfici coltivate a mais OGM (la stessa cosa vale per soia e per colza)............. molto semplicemente, in presenza di un unico prezzo di mercato per "mais OGM" e "mais non OGM", gli agricoltori tendono a produrre e ad utilizzare quello che ha il minor costo di produzione, ovvero quello OGM (alcuni hanno calcolato un minor costo di produzione agricolo del 5-6%, che, laddove è obbligatoria l'etichettatura, non sarebbe sufficiente a compensare i maggiori costi di separazione di filiera).
E' forse inutile fare osservare che, molto probabilmente, in relazione alla diffidenza manifestata dai consumatori, se "alimenti diretti" e "alimenti derivati" fossero etichettati, così come avviene nei Paesi della UE, non avremmo assistito a questa ascesa.
L’ISAAA
sottolinea inoltre che dei 28 paesi che hanno piantato colture biotech nel 2012, 20 sono in via di
sviluppo e 8 sono industrializzati; mentre nel
2011 erano 19 Paesi in via di sviluppo e 10 industrializzati.
I 5 Paesi in
via di sviluppo leader nel biotech sono la Cina, l’India, il Brasile,
l’Argentina ed il Sud Africa, che coltivano
il 46% delle colture biotech globali (78,2 milioni di ettari) ed insieme
rappresentano circa il 40% della popolazione mondiale. Da rilevare che l'aumento delle coltivazioni di piante OGM in queste aree del Globo è dovuto soprattutto al fatto che in questi Paesi il brevetto sulle piante non è ammesso, per cui gli agricoltori, soprattutto per la soia, trattengono una parte della produzione dell'annata per poi riseminarla nell'annata successiva (questa pratica, purtroppo, non è attuabile per il "mais ibrido"). Pertanto lo sviluppo degli OGM in questi Paesi è in pratica un obbligo per l'agricoltore, determinato dal fatto che essi hanno queste sementi e non ne hanno di altro tipo.
Gli Stati Uniti
continuano ad essere leader nella produzione di coltivazioni geneticamente modificate, con 69,5 milioni
di ettari.
L’India ha
coltivato 10.8 milioni di ettari di cotone Bt; mentre la Cina ne ha coltivati
4.0 milioni di ettari.
In Africa, il
Sudan si è aggiunto alla lista dei paesi (Sud Africa, Burkina Faso ed Egitto)
che hanno adottato colture biotech.
Cinque paesi
europei (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) hanno
piantato 129.071 ettari di mais geneticamente modificato (di cui il
90% in Spagna), con un aumento del 13% rispetto al 2011. In
relazione al fatto che in questi Paesi dell’UE esiste l’obbligo di coesistenza,
è auspicabile, al più presto, che si arrivi ad una etichettatura dei “Derivati
da OGM” (carne, latte, uova, ecc.), poichè, se così non fosse, si assisterebbe ad una sorta di concorrenza sleale da parte dei Paesi che consentono la coltivazione di OGM, nei confronti di quelli che, invece, preferiscono attendere risposte certe da parte della scienza prima di adottarli.