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martedì 29 ottobre 2013

Una filiera di carne interamente no-ogm è possibile?

Una filiera di carne interamente NO-OGM è possibile?
Inutile nascondere che larga parte degli allevamenti nazionali di bovini da carne utilizza, anche solo in parte,  mangime per l’alimentazione animale che è soia OGM. Nessun allarme per i consumatori, perché la carne non è ovviamente OGM.
La risposta alla domanda iniziale è sicuramente positiva, ma occorre un salto di qualità da parte del consumatore, che dovrebbe corrispondere un prezzo equo all’allevatore, poiché, oggigiorno, garantire una filiera “OGM Free” determina sicuramente un aumento dei costi di produzione (mangimi “OGM Free”, segregazione di filiera, certificazione, etichettatura, ecc). 

Tali maggiori costi, è bene ricordarlo, non c’erano prima dell’introduzione degli OGM. Pertanto, un primo risultato che abbiamo ottenuto dall’introduzione degli OGM è che, oggigiorno, se il consumatore vuole il “vecchio cibo”, quello ottenuto da bovini alimentati con mangimi “OGM Free”, deve pagare di più. Personalmente la ritengo una cosa assurda…….pagare di più solo perché qualcuno ha voluto introdurre una innovazione “discutibile”, per avere un cibo che è uguale a quello precedente. Non ho parole!

A proposito di "Filiera carne OGM Free", recentemente è stato approvato il progetto “Razza Chianina OGM Free”. «Il progetto – ha spiegato il presidente della cooperativa Bovinitaly, Stefano Mengoli – ha definito una metodologia di controllo dell’intera filiera produttiva, dalla nascita del vitello fino alla macellazione, con l’obiettivo di poter dichiarare e garantire, nella fase di commercializzazione, l’adozione di una alimentazione “no-OGM” dei bovini certificati IGP Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale di razza Chianina allevati in Toscana. La fase di sperimentazione è stata positiva ed è quindi fattibile in tempi rapidi l’adozione di un protocollo produttivo ed innovativo e delle relative procedure di vigilanza in azienda attraverso controlli periodici ed analisi sui prelievi effettuati».

Il problema maggiore nella definizione di una filiera carne “OGM Free” è dato dall’aumento dei costi di produzione: ad esempio una soia no-OGM, rispetto ad una soia OGM, ha un costo maggiore per l’allevatore del 15% circa. I maggiori costi dipendono anche dal fatto che la soia no-OGM è di difficile reperimento e dovrebbe essere sostituita da altri mangimi proteici, come favino, girasole e erba medica che possono essere prodotti direttamente in azienda, ma che hanno un costo superiore.

Ci sono poi costi di segregazione, di certificazione e di etichettatura, che fanno ulteriormente lievitare il costo totale di produzione.
 Una lievitazione di  costo che molto spesso non è ricompensato né dalla distribuzione, né dal consumatore.

A questo punto una considerazione generale è necessaria. E’ giusto che la Società sia costretta a pagare di più per avere lo stesso identico cibo che aveva prima dell’introduzione degli OGM? Non è giusto!……..anche perché tutto questo, in assenza di una etichettatura dei derivati da alimenti OGM, determina una sorta di concorrenza sleale per gli allevatori che utilizzano mangimi convenzionali. Allevatori che prima o poi, stante questa situazione di carenza di etichettatura, saranno costretti dal mercato ad utilizzare mangimi OGM (la moneta cattiva, ancora una volta, scaccia la moneta buona).

lunedì 21 ottobre 2013

Possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio

La norma è sicuramente auspicabile, ma prima di applicarla è necessario introdurre una ulteriore norma che preveda l’etichettatura dei derivati ottenuti dall’allevamento di animali nutriti con mangimi OGM (carne, latte, uova, ecc.), altrimenti è una legge destinata a cadere dopo pochi anni, a causa delle previste lamentele degli agricoltori italiani, che si vedrebbero sommersi da “mangimi OGM” provenienti dai Paesi UE che ne hanno consentito la coltivazione.

Senza distinzione tra carne ottenuta con mangimi OGM e carne ottenuta con mangimi convenzionali, vincerà sicuramente quella ottenuta con mangimi OGM (ha un costo di produzione inferiore) e noi dovremo dare via libera agli OGM.

Occorrerà, infine, tener presente che, una volta che la "patata bollente" è passata ai singoli Stati, la Commissione UE sarà portata ad approvare un sacco di altri OGM........"tanto ci penseranno i singoli Stati a dire di no!"

 E dicendo di no! aumenteranno i contenziosi con il WTO...........

Ci vuole la "Clausola di salvaguardia", tutto il resto purtroppo non funzionerà.


L’emanazione di questa norma nasce soprattutto dalle seguenti considerazioni;


1.                  è necessario rispettare i divieti imposti dagli Stati membri e dalle regioni appartenenti alle reti "senza OGM", in quanto queste ultime, in un contesto di mercato trasparente per il consumatore, non devono essere esposte ad un vuoto giuridico;


2.                  numerosi enti regionali e locali si sono dichiarati contrari alle colture geneticamente modificate sul proprio territorio, proclamandosi "zone senza OGM" e costituendosi in rete;


3.                  le misure che saranno introdotte non devono ostacolare l'immissione in commercio e l'importazione di OGM e devono essere conformi ai Trattati e coerenti con gli obblighi internazionali dell'UE, in particolare con quelli a livello dell'Organizzazione mondiale del commercio;




Si  evidenziano comunque le seguenti problematiche, che si considerano preliminari alla modifica della direttiva 2001/18/CE per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio. In particolare:


1.      Si ritiene insufficiente l'attuale sistema di etichettatura dei prodotti derivati dall'utilizzazione di OGM, soprattutto per quanto attiene ai prodotti dell'allevamento animale. In particolare, la gran parte dei prodotti delle attuali coltivazioni OGM sono destinati all'allevamento animale, per cui si trasformano in alimenti destinati al consumo per l'uomo solo successivamente alla trasformazione (ad esempio carne, latte, uova) e, pertanto, stante l'attuale normativa, riescono a sottrarsi all'etichettatura. In tale situazione viene meno la possibilità di scelta del fruitore del prodotto finale, il quale, anche se contrario, consuma inconsapevolmente OGM attraverso l'acquisto e/o il consumo dei prodotti ottenuti dalla loro trasformazione;

 

2.      negli Stati membri in cui viene effettuata una etichettatura tra mangimi “OGM” e “non OGM” il prezzo di mercato di questi ultimi è sempre superiore, segno inequivocabile di un maggior gradimento da parte del consumatore;

 

3.      nei paesi in cui esistono prodotti la cui tipicità o origine protetta è motivo di vanto nazionale, e di valore aggiunto, l'identificazione chiara dei prodotti derivati da mangimi OGM e non OGM porterebbe alla creazione di due distinti mercati dei derivati, con possibili vantaggi economici per coloro che non utilizzano OGM;

 

4.      nel caso in cui non ci sia etichettatura dei derivati, con ogni probabilità gli animali saranno nutriti massicciamente con mangimi OGM (hanno un costo leggermente inferiore), per cui si determineranno situazioni economiche decisamente diverse per gli Stati che opteranno per la loro coltivazione e per quelli che, invece, decideranno di non coltivarli. In particolare, il costo di produzione dei prodotti dell'allevamento (carne, latte, uova, ecc.) sarà presumibilmente inferiore per quelle realtà, e per quegli Stati,  che decideranno di optare per il transgenico, per cui essi saranno sicuramente più competitivi sul mercato rispetto agli Stati che avranno optato per la non coltivazione degli OGM.

 

5.      questa situazione determinerà una sorta di concorrenza sleale per lo stesso prodotto (carne, uova, latte, formaggi, ecc.) tra gli Stati che opteranno per il transgenico e per quelli che, invece, decideranno di non coltivarli;

 

6.      E’ forse inutile far presente che in una situazione di questo tipo ben presto, dopo pochi anni, anche gli agricoltori che non volevano utilizzare gli OGM saranno costretti dal mercato a farlo, poiché opereranno in un mercato in cui c’è asimmetria informativa ed esiste un unico prezzo tra “Derivati OGM” e “Derivati non OGM”….ancora una volta ”La moneta cattiva scaccerà la moneta buona”.