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giovedì 24 dicembre 2015

GENOME EDITING e OGM, la colza resistente ad un diserbante ottenuta con tecniche di CRISPR/Cas9

La tecnica di manipolazione genetica conosciuta come “Genome Editing” (CRISPR/Cas9) consente di introdurre delle mutazioni nei vegetali e di ottenere nuove piante con caratteristiche modificate, simili a quelle ottenute per “Mutazione indotta” da radiazioni, da sostanze chimiche, ecc.. E’ sicuramente una tecnica potentissima, che porterà grandi risultati per la cura di malattie umane e che qualcuno vorrebbe applicare anche alla selezione genetica delle piante che quotidianamente ci forniscono il cibo.

 

A dir la verità la prima pianta ottenuta con tecniche di Genome Editing è già disponibile. Si tratta di una varietà di colza resa resistente ad un diserbante (così come “colza RR”) il “sulfonilurea”. La necessità agronomica di poter avere a disposizione una pianta resistente a questo specifico diserbante nasce dal fatto che in alcuni Paesi, che frettolosamente hanno introdotto piante OGM resistenti ai diserbanti, dopo anni di utilizzazione dello stesso diserbante nelle coltivazioni RR, le piante infestanti hanno maturato una resistenza genetica a questo diserbante, per cui l’infestazione è incontrollabile. L’introduzione di questa nuova resistenza consentirà, quindi, di controllare infestazioni di piante che al momento risultano essere resistenti.


Il nome di questa varietà di colza ottenuta con tecniche di Genome Editing è “SU Canola" ed è frutto di una giovane società sementiera di nome “Cibus” operante in California. 
Per quanto attiene ai Paesi della UE, una delle problematiche da risolvere per consentire la coltivazione di questa colza anche nel nostro Paese è sicuramente quella relativa alla sua appartenenza o meno al gruppo delle piante OGM. In particolare, occorre rispondere ad una domanda, le piante ottenute attraverso Genome Editing sono da comprendere tra quelle OGM oppure no? La risposta è sicuramente molto difficile, in quanto le piante ottenute con questa tecnica sono indistinguibili da quelle ottenute attraverso mutazione indotta, che al momento non sono comprese tra quelle che la legislazione dell’UE definisce OGM.
A parere di alcuni scienziati la nuova generazione di biotecnologie (CRISPR/Cas9) crea risultati identici a quelli che si sarebbero ottenuti attraverso l’utilizzazione di agenti mutanti (radiazioni, sostanze chimiche, ecc.) e, pertanto, non sarebbe possibile discriminare tra queste piante e quelle ottenute per mutazione indotta. In conclusione, non farebbero parte del gruppo OGM, così come definito dalla legislazione comunitaria.



Altri invece affermano che queste nuove piante hanno il patrimonio genetico modificato in laboratorio, mediante tecniche di ingegneri genetica, e, pertanto, appartengono al gruppo di quelle piante che la legislazione identifica come OGM. In particolare, eminenti studiosi, come per esempio la Sen. Elena Cattaneo, hanno fatto notare che “Definire come giuridicamente diverso ciò che è scientificamente uguale (sempre di “taglia e cuci del Dna” si tratta) può essere una ennesima alchimia politica a cui la scienza non si dovrebbe prestare”.

martedì 8 dicembre 2015

Il Genome Editing in agroalimentare, questo sconosciuto

Cos’è il Genome Editing? Si tratta in termini generali dello sfruttamento del sistema immunitario adattativo scoperto nei batteri, con importanti implicazioni per la medicina di domani e che qualcuno vuole utilizzare per il miglioramento genetico delle piante alimentari, per conferire loro resistenza a malattie di origine batterica, virotica o fungina, per far produrre loro nutraceutici e, perché no, per renderle resistenti a particolari sostanze e/o situazioni (diserbanti, caldo, freddo, ecc.). 
Si chiama CRISPR/Cas9. L’acronimo sta per l’enzima prodotto dal gene Cas9 e i Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, le ripetizioni palindromiche di gruppi di Dna estraneo (di virus o quant’altro) disposti a intervalli regolari.
Il sistema CRISPR–Cas9, scoperto nel 2005 nell'ambito delle applicazioni biotecnologiche per la produzione casearia, è un meccanismo di difesa immunitaria utilizzato dai batteri per resistere alle infezioni dei virus batteriofagi.

Nel corso dell'evoluzione, i batteri hanno imparato a immagazzinare parte del DNA dei virus nel proprio genoma e ad utilizzarlo per difendersi da una successiva infezione degli stessi virus, grazie a un ingegnoso meccanismo. Per dar corpo a questo meccanismo sono d
ue gli strumenti necessari:
- un enzima capace di tagliare il DNA (nel caso specifico quello del virus, ma può essere utilizzato per tagliare il DNA di altri organismi), la Cas9 endonucleasi;
- una molecola di RNA ogni volta diversa, che serve ad indirizzare l’enzima CAS9 su una sequenza corrispondente nella doppia elica del virus, dove avverrà l’incisione.
Da dove viene questo attrezzo biologico? Da una specie di sistema immunitario con cui la maggior parte dei batteri si difende dai virus. In pratica, ogni volta che un batterio incontra un batteriofago ne colleziona un pezzo di DNA. È una specie di foto segnaletica. Dopo ogni esposizione a un virus resta questo ricordo, che il batterio incastona nel proprio DNA, per poi utilizzarlo nel caso di una nuova infezione da parte dello stesso virus.
Quando i batteri incontrano un altro virus che ha una di quelle sequenze, lo riconoscono e quindi producono l’RNA corrispondente. Poi, con l’RNA montato sulla Cas9, piombano sul punto preciso del DNA virale e lo tagliuzzano. A quel punto il virus, con i geni a pezzi, è diventato inservibile e innocuo.

Ulteriori studi hanno permesso di scoprire i dettagli molecolari del funzionamento di Cas9 che, una volta associato a un'opportuna sequenza di RNA, può essere utilizzato dai ricercatori per tagliare il genoma anche di altre cellule eucariote, modificando nel modo voluto specifici geni, in quello che viene definito Editing Genetico.

Cas9 insieme all’RNA formano un ribozima, un’antica invenzione che è alla base della vita, permettendo la sintesi di proteine in ogni cellula; i ribosomi, sono dei ribozimi. Diventa chiaro che il ribozima puo’ funzionare con qualunque sequenza guida a RNA che segua poche semplici regole. Da qui a dimostrare che Cas9 taglia qualunque sequenza di DNA in modo preciso ed efficiente, se armato dell’RNA complementare corrispondente, il passo e’ breve. E ancora meno a capire che il sistema costituisca l’equivalente di una microscopica forbice molecolare specifica per manipolare in DNA a piacere. Infatti, si scopre che in cellule eucariotiche, come le nostre, i tagli vengono riparati in modo imperfetto, creando frequentemente microinserzioni o delezioni, ovvero l’aggiunta o la cancellazione di alcune basi del DNA nella regione riconosciuta (mutazioni), la condizione perfetta per modificare geni  direttamente dove risiedono nel genoma.
Purtroppo non sono tutte rose e fiori: non sappiamo ancora quanto preciso e affidabile sia Cas9. Se lo usassimo in futuro per modificare il DNA di un malato (per spegnere un oncogene), provocheremmo anche altre modifiche nel suo genoma? Questo è possibile, se non altro perchè le sequenze guida sono piuttosto corte e non sempre sono uniche in un genoma.
Non sappiamo ancora bene cosa succeda durante la riparazione del DNA tagliato da Cas9 e qual’è l’esatto spettro di modifiche che ciò implica. In più riparare il DNA tagliato su entrambi i filamenti della doppia elica è un affare notoriamente complesso e rischioso, tanto è vero che la riparazione del DNA è uno dei sistemi che vengono quasi universalmente disabilitati dai tumori.
C’è qualche evidenza che fornendo due RNA guida in zone limitrofe si possa cancellare l’intera regione di DNA compresa.
Inoltre, introducendo oltre a guide a RNA ad hoc anche un DNA stampo, Cas9 può anche correggere sequenze a piacere, non solo cancellare o aggiungere basi a caso.
Infine, disegnando più di una guida di RNA per riconoscere regioni sufficientemente distanti, si possono produrre mutazioni in più geni contemporaneamente.
L’introduzione o la cancellazione di più sequenze in modo simultaneo e controllato promette di aumentare enormemente la flessibilità’ del sistema, permettendo di ridisegnare geni a piacere in modo preciso.
Però non è ancora del tutto dimostrato quanto realizzabili, efficienti e fedeli siano queste variazioni. Nonostante ciò, volendo essere ottimisti e visionari, come per deformazione professionale lo sono gli scienziati, bisogna notare come la scoperta di CRISPR/Cas9 stia già rivoluzionando la scienza in laboratorio. Per ora sembra che Cas9 e le sequenze guida di RNA possano essere introdotte in qualunque cellula di qualunque organismo.
Ciò ha già permesso di modificare organismi modello impermeabili ad altri sistemi, sviluppare sistemi di screening innovativi in cellule in coltura e di velocizzare enormemente la costruzione di organismi modello complessi per svariate malattie.
Non si vede come nel medio-lungo periodo queste scoperte non debbano maturare una miriade di applicazioni tecnologiche da adottare con le dovute cautele anche per la medicina del futuro.

Come al solito, ovviamente, un conto è  l'applicazione in medicina, che deve affrontare problematiche connesse alla vita o alla morte, un conto, in sintonia con il Principio di Precauzione, è l'utilizzazione di tecnologie fortemente innovative per la modificazione del cibo che tutti i giorni siamo costretti ad ingerire. In particolare:

- il cibo ottenuto avrà le stesse caratteristiche di quello precedente?

- nel caso in cui non ci trovassimo di fronte allo stesso identico alimento, lo potremo comunque utilizzare con le stesse modalità di quello convenzionale?

- otterremo da questo alimento gli stessi apporti nutrizionali?

- nel caso in cui utilizzassimo il Genome Editing per "migliorare" un alimento, grazie alla presenza di «sostanze fortificanti», verrà ridotta l’incidenza di una certa malattia, ma la possibilità di contrarre altre malattie rimarrà la stessa, diminuirà o aumenterà?

- la nostra dieta quotidiana potrà rimanere invariata, oppure dovrà trasformarsi in relazione alla presenza di un "alimento diverso" che, oltre all’apporto o sottrazione di un determinato nutrimento, porta con sé altri effetti?

- in definitiva, consapevoli del fatto che non esistono «alimenti buoni o cattivi», ma solo «regimi alimentari buoni o cattivi», quando il consumatore potrà utilizzare per la dieta quotidiana un alimento modificato nelle sue caratteristiche iniziali, aumenterà o diminuirà la probabilità di dar luogo a una dieta equilibrata nell’apporto dei fondamentali fattori nutrizionali?

- aumenterà o diminuirà la probabilità di mantenere o addirittura migliorare lo stato di salute, così come auspicato?

Sarà compito della ricerca scientifica fornire dati seri circa gli effetti sulla salute di questi nuovi alimenti, affiché sia possibile informare correttamente il consumatore circa le loro caratteristiche e consentire una scelta consapevole tramite adeguata etichettatura. 

Le possibilità offerte dal Genome Editing possono rappresentare un vero e proprio stravolgimento delle abitudini dietetiche della nostra società, che diviene sempre più complessa anche dal punto di vista delle scelte alimentari, con particolare riferimento a quella frangia di popolazione che potrebbe ricavare enormi benefici dalla presenza di funzionalità specifiche negli alimenti. Infatti essi consentirebbero anzitutto di avere cibi privi di sostanze dannose alla salute, come gli allergeni incriminati o le sostanze nocive per chi soffre di allergie o di intolleranze alimentari. Inoltre sarebbero accessibili cibi arricchiti di sostanze che prevengono l’insorgere di determinate malattie o «alimenti potenziati» capaci di fornire agli atleti una dieta consona alla loro attività. Tutto ciò può condurre a una trasformazione della dieta, interrompendosi il collegamento tra alimento e caratteristiche nutritive normalmente apportate da questo stesso alimento: la vitamina C sarà presente non solo nelle arance o nei kiwi, ma anche nel riso, nelle patate e, magari, nel mais. Potrebbero sommarsi contemporaneamente in un singolo alimento le caratteristiche nutrizionali che oggi otteniamo con più alimenti, per cui la dieta quotidiana a base di amido, carne, frutta, verdura, ecc. potrebbe diventare solo un ricordo del passato. Così come si può immaginare — come provocazione — la scomparsa dell’allevamento animale per la produzione di carne, in quanto le «proteine nobili» potrebbero essere ottenute in grande quantità dalla coltivazione di specifiche piante modificate nel loro DNA. 
Purtroppo, però, la modificazione del cibo, così come siamo abituati a consumarlo, non sono tutte favorevoli. Essi dovranno rispondere a requisiti minimi essenziali di sicurezza alimentare e ambientale, ai quali non è possibile derogare, riguardanti sia le caratteristiche nutrizionali sia quelle produttive. Circa le prime, si esige l’assenza di controindicazioni di ogni tipo, in quanto la sicurezza alimentare del cibo è un prerequisito irrinunciabile: il cibo, per sua natura, non deve nuocere alla salute. 

Dal punto di vista delle esigenze agricole e commerciali vi dovrà essere comprovata possibilità di coesistenza con altre forme di agricoltura convenzionale e/o biologica: le nuove piante non dovranno ostacolarne la crescita e lo sviluppo, né minacciare la biodiversità. Inoltre vi dovrà essere separazione netta della filiera distributiva di questi «nuovi prodotti» da quella degli alimenti convenzionali, per evitare la confusione tra gli uni e gli altri da parte dei distributori e dei consumatori. Il che genererà una lievitazione dei prezzi, che potrà essere forse contenuta, ma non del tutto eliminata, dalla possibilità di ricorrere a tecniche di produzione agricola già adottate per altre piante, al fine di semplificare la coltivazione in pieno campo e frenare i costi di produzione. Infatti perché possano affermarsi sul mercato e risultare reperibili essi dovranno garantire una redditività favorevole per l’agricoltore, anche a prescindere dalla presenza di contratti di coltivazione. Sul versante dell’utilizzatore, sia esso privato o industria di trasformazione, dovrà progressivamente realizzarsi una disponibilità all’utilizzo di questi  "nuovi alimenti". 

Il problema di maggior rilevanza riguarderà le caratteristiche qualitative di questi "nuovi alimenti", poichè la facilità con la quale sarà possibile tagliare e modificare il DNA consentirà un deciso sviluppo delle applicazioni, che, al momento, è impossibile da prevedere. In particolare, ogni impresa sarà portata a differenziarsi dalle altre offrendo un prodotto diverso, modificato secondo esigenze per lo più commerciali (contenuto di sostanze, assenza di allergeni, automazione produttiva, ecc.). A questo riguardo altre domande sorgono spontanee:

- fino a che punto sarà possibile modificare le caratteristiche dell'alimento convenzionale?

- chi deciderà la quantità di principio attivo introdotto o potenziato presente nell’alimento?

- chi deciderà le altre caratteristiche nutrizionali dell’alimento?

In definitiva, una volta che sul mercato saranno presenti questi "nuovi alimenti", occorrerà garantire al consumatore il diritto di operare una scelta consapevole, in quanto potrebbe essere modificata una una situazione che al momento, e nel complesso, è accettabile. In particolare, la massiccia presenza di alimenti esteriormente uguali, ma con caratteristiche nutrizionali diverse, aumenterebbe il rischio di indurre comportamenti alimentari errati. Si tratta di un pericolo reale, che non deve essere sottovalutato. Per questo motivo, oltre ai sopra citati requisiti minimi di sicurezza, occorrerà prevedere modalità di vendita che impediscano acquisti non consapevoli. Solo così saremo sicuri di avere introdotto una innovazione che tutelerà le possibilità di scelta di ognuno di noi. 

Maggiori informazioni su Genome Editing


domenica 6 dicembre 2015

A proposito di ricerca sulla vite OGM

Nella ricerca relativa agli OGM, molti Paesi obbligano i ricercatori a rendere pubblici i risultati della stessa. Da noi cosa succede? Nel nostro Paese, dove è risaputo che i 3/4 dei cittadini è contrario agli OGM in ambito alimentare, i ricercatori che lavorano in questo ambito non amano diffondere i risultati della loro ricerca. Peccato. In particolare, possiamo far riferimento ai risultati della ricerca sulla vite ogm ………………………………..

Non è stato così in Italia, dove la sperimentazione dell’Università delle Marche è stata condotta senza alcun confronto tra ricercatori, pubblico e parti sociali, isolandosi dal contesto delle reali esigenze del sistema vitivinicolo italiano. Difficile immaginare che questo modo di fare ricerca possa conciliarsi con l’esigenza dei cittadini di partecipare alla definizione delle finalità della scienza, con i bisogni reali dei consumatori in tema di sicurezza alimentare, ed infine con le scelte del sistema vitivinicolo italiano. Bisognerebbe quindi spiegare come mai l’università abbia ritenuto utile finanziare una ricerca lunga sette anni che probabilmente non avrà mercato, visto che l’uva transgenica non la mangerà nessuno."


Per fortuna che c’è la Fondazione Diritti Genetici
Tra le cose più interessanti riportate a proposito di una ricerca attuata dall’Università di Ancona sulla vite ………….………

1) La modifica apportata attraverso Agrobacterium tumefaciens ha consentito l’inserzione nel genoma della pianta ospite di due nuovi geni che codificano per due proteine aventi funzioni diverse:
- il costrutto defH9-iaaM-nos, codificante per l’enzima triptofano-2-monossigenasi, che catalizza l’ossidazione del triptofano a indolacetamide, precursore dell’auxina IAA;

- il costrutto nos-nptII-nos, codificante per l’enzima neomicina fosfotrasferasi II, che catalizza la fosforilazione della Kanamicina
Come conseguenza della modificazione genetica le PGM presentano i seguenti nuovi caratteri:

- fenotipo partenocarpico: capacità di allegare e completare la maturazione dei frutti in assenza di fecondazione;

- fenotipo tolleranza l’antibiotico Kanamicina: capacità di crescere in vitro su terreno di coltura contenente Kanamicina e di non mostrare clorosi sulle foglie quando spruzzate con una soluzione di Kanamicina .


2) Interazioni con l’ambiente

La ridotta efficienza di germinazione della varietà Silcora e la caratteristica assenza di semi della varietà Thompson non hanno permesso di studiare il flusso genico verticale intraspecifico tra le VGM e i rispettivi controlli presenti nell’appezzamento sperimentale. Non sono stati effettuati studi sul trasferimento genico orizzontale verso i microrganismi del suolo ne tantomeno le possibili interazioni della pianta con le micorizze (intensità della micorrizzazione, frequenza degli arbuscoli radicali ecc).


3) Considerazioni sulla notifica

I risultati della sperimentazione hanno confermato, come dimostrato in diversi lavori condotti su altre specie , che l’espressione del costrutto genico defH9-iaaM-nos da cui ne consegue l’aumento dell’auxina IAA nell’ovario, può contribuire ad aumentare la produttività delle piante, aumentando sia il numero di infiorescenze per pianta, che il numero di fiori per infiorescenza oltre che il peso dei frutti. Per quanto riguarda il clone della varietà GM di Thompson, le differenze di produzione totale rispetto al controllo non GM sono dovute sia ad un maggior numero di grappoli e di acini per grappolo che alla maggior lunghezza e larghezza dei grappoli. Per quanto riguarda invece i due cloni GM di Silcora, l’incremento di produzione totale è stato causato da un aumento di acini per grappolo, mentre non sono state riscontrate sostanziali differenze per quanto riguarda sia il numero di grappoli che la loro lunghezza e larghezza. Anche per l’analisi dei mosti, i dati ottenuti dai cloni delle due varietà GM testate sono stati alquanto discordanti. Infatti, mentre il clone di Thompson presentava una minor acidità totale e, seppur lievemente, un maggior contenuto di zuccheri rispetto al controllo, nei dati ottenuti nel clone di Silcora GM la situazione era opposta.  
I dati ottenuti non permettono di chiarire quali siano le cause di tali differenze che potrebbero essere imputabili sia a una variazione naturale dovuta al background genico delle stesse cultivars, oppure a cause conseguenti ad effetti indesiderati della trasformazione genica. Infatti, oltre a non essere stato valutato il profilo di espressione del costrutto genico defH9-iaaM-nos, anche l’analisi molecolare condotta non è in grado di escludere la presenza di mutazioni genomiche che potrebbe avere effetti indesiderati sul fenotipo della pianta ospite. La sola analisi Southern effettuata per valutare la presenza nel genoma di sequenze indesiderate può sottostimare le possibili mutazioni, delezioni o riarrangiamenti nel sito di inserzione conseguenti alla trasformazione genetica. Al fine di evitare effetti indesiderati e potenzialmente dannosi sul fenotipo della pianta ospite, un’accurata caratterizzazione delle possibili mutazioni nel sito di inserzione dovrebbe prevedere la comparazione tra la sequenza transgenica utilizzata per la trasformazione e la sequenza target della pianta non transgenica prima dell’inserzione.
A livello molecolare non è inoltre stata valutata la stabilità del transgene, importante per verificare la possibilità per la pianta di mantenere il fenotipo desiderato nelle generazioni successive oltre che per evitare effetti indesiderate conseguenti alla modificazione genetica.
A livello ambientale non è stato monitorato il flusso genico verticale verso le varietà di vite non GM, ed, inoltre, non sono state effettuate analisi degli effetti del transgene e del prodotto transgenico sul suolo.


In definitiva:

- la trasformazione è stata attuata con marcatori antibiotici;

- non è stato possibile studiare gli effetti sull’ambiente;

- sono stati ottenuti risultati diversi per 2 cultivar, ma, parole loro “I dati ottenuti non permettono di chiarire quali siano le cause di tali differenze che potrebbero essere imputabili sia a una variazione naturale dovuta al background genico delle stesse cultivars, oppure a cause conseguenti ad effetti indesiderati della trasformazione genica.

http://www.fondazionedirittigenetici.org/vitevita/documenti/22_relazione%20attivita%20notificab_it_99_26.pdf

http://www.fondazionedirittigenetici.org/vitevita/documenti/9_Mezzetti%20et%20al%202002.pdf

http://www.fondazionedirittigenetici.org/vitevita/documenti/10_mezzetti%20et%20al%202004.pdf

http://www.fondazionedirittigenetici.org/vitevita/documenti/54_7_Costantini%20et%20al_2007.pdf

http://www.fondazionedirittigenetici.org/vitevita/documenti/55_The%20DefH9-iaaM%20in%20table%20grape.pdf




giovedì 19 novembre 2015

Negli ultimi anni nel nostro Paese è aumentata la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di mangimi

Negli ultimi anni nel nostro Paese è aumentata la dipendenza dall'estero per l'approvvigionamento di mangimi. Qualcuno grida allo scandalo, poichè nel nostro Paese è vietato coltivare piante OGM, ma è possibile importare mangimi OGM.

Pertanto, anche se i 3/4 dei nostri connazionali gli OGM non li vogliono nè coltivare e nè mangiare, purtroppo già li stanno mangiando attraverso i prodotti derivati dell'allevamento animale (carne, latte, uova, ecc.)!!!!!

Come mai?

Erano i primi anni 2.000 quando qualcuno, consapevole dei rischi economici che potevano esserci, chiedeva l’”Etichettatura dei derivati” ……. ed è stato fatto di tutto affinchè non fosse applicata (si diceva che non era possibile distinguere il latte ottenuto da mangimi OGM rispetto a quello convenzionale, stessa cosa per la carne ….. oppure non potevamo vietare l’import di mangimi OGM perchè c’era il WTO ……. oppure perchè i costi di separazione della filiera erano troppo alti, ecc.)

La mancata etichettatura dei derivati da mangimi OGM ha determinato una sorta di “concorrenza sleale” tra allevatori che utilizzano mangimi OGM e allevatori che utilizzano mangimi convenzionali (hanno un prezzo superiore di quelli OGM di importazione), poichè il prodotto finale viene comunque venduto allo stesso prezzo. E' ovvio che in una situazione di questo tipo i margini di guadagno per gli allevatori convenzionali è ridotto rispetto a quello degli allevatori che utilizzano mangimi OGM, poichè il prezzo di vendita è rapportato a questi ultimi.

In questa situazione di mancata etichettatura dei derivati OGM, anche gli allevatori che in un primo momento erano contrari all’utilizzazione di mangimi OGM si sono dovuti adattare ed hanno sostituito i mangimi convenzionali con quelli OGM, poichè il loro sforzo di produrre “OGM free” non era riconosciuto dal mercato, ovvero a fronte di maggiori costi, non c'era un prezzo di vendita maggiore. 

Ovviamente questa situazione, con i prezzi del mais e della soia che hanno raggiunto prezzi minimi di 20 anni addietro, ha portato ad una diminuzione della produzione interna di mangimi e ad un aumento delle importazioni.

A distanza di 15 anni, quello che qualcuno aveva previsto, ovvero l’aumento della dipendenza del nostro Paese dalle importazioni, poichè i mangimi OGM costano meno, si è puntualmente verificato.

E adesso ne paghiamo le conseguenze.

martedì 17 novembre 2015

Quanto costerebbe in più 1 litro di latte o 1 kg di carne se fossero banditi i mangimi OGM?

Quanto costerebbe in più 1 litro di latte o 1 kg di carne se fossero banditi i mangimi OGM? Questa è la “madre di tutte le domande”, in quanto occorre verificare se ne vale la pena di soggiogare il nostro sistema produttivo ad una strategia fatta per aziende agricole decisamente diverse dalle nostre.

Quanto costerebbe in più 1 litro di latte? 

Ovviamente è una stima, ma si avvicina alla realtà.

Secondo uno studio del CRPA i mangimi incidono per 0,12 €/litro di latte


Se anche ammettessimo che il 30% di questi mangimi fosse costituito da mais e soia OGM (per la soia è vero, per il mais non è vero), il costo per mangimi OGM sarebbe di 0,036 €/litro. Ipotizzando un minor costo dei mangimi OGM rispetto a quelli convenzionali del 5%, il risparmio sul costo di produzione di 1 litro di latte sarebbe di 0,0018 euro!!!!! Su un costo totale di 0,39 €/l, la riduzione di costo inciderebbe per una aliquota dello 0,4%.

Non credo che i nostri allevatori, anche con gli OGM, se la passerebbero comunque bene!

sabato 7 novembre 2015

il mais che importiamo non è OGM!!!!


“La situazione per quanto riguarda
il mais appare piuttosto semplice: nel
2013 l’Italia importava quasi 4 milioni
di tonnellate e i nostri principali fornitori
erano l’Ucraina, che non produce
mais ogm, e i Paesi comunitari. La
quota di mais importata da Paesi con
coltivazioni ogm (Brasile, Argentina,
Stati Uniti) incide per pochi punti percentuali
per un totale di circa 100.000
tonnellate, di cui il Brasile ne fornisce
circa 96.000.”

domenica 1 novembre 2015

Il Gliphosate trovato nei prodotti intimi femminili


Uno studio condotto in Argentina dall’Università Nazionaledi La Plata ha rivelato la presenza negli assorbenti interni femminili del principio attivo dei diserbanti utilizzati nella coltivazione del cotone OGM (Gliphosate). 

In particolare, la gran parte del cotone commercializzato nel mondo è Ogm e, quindi, presumibilmente, è contaminato da questo principio attivo.



Nel marzo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha finalmente dichiarato probabilmente cancerogeno il Gliphosate


sabato 31 ottobre 2015

Etichettiamo anche i derivati da OGM

Il Parlamento europeo ha respinto la proposta della Commissione di lasciare agli Stati membri la possibilità di autorizzare o meno l'importazione di mangimi OGM.

A giustificazione di questa decisione è stata portata la preoccupazione che questa Legge potrebbe dimostrarsi irrealizzabile e condurre alla reintroduzione di controlli alle frontiere tra i Paesi favorevoli e quelli contrari agli OGM. Hanno quindi chiesto alla Commissione di presentare un nuovo progetto di Legge.
A questo punto una domanda sorge spontanea: Ci sarebbe una soluzione semplicissima (tra l’altro già adottata in taluni comparti come per esempio quello degli alimenti biologici, quello dei prodotti IGP, quello dei DOP, ecc.) che si chiama “TRACCIABILITA’ DI FILIERA”, ovvero garantire mediante specifica etichettatura il processo produttivo adottato. PERCHE’ NON ADOTTIAMO L’ETICHETTATURA DEI DERIVATI DA OGM?

Sarebbe tutto molto più semplice. Il consumatore diventerebbe padrone delle sue scelte. Il produttore orienterebbe la produzione sulla base dei desiderata dei consumatori e, nel caso di reale coesistenza, nessuno più si occuperebbe di OGM, liberando così menti e risorse da questa problematica.


SPERO CHE LA PROSSIMA VOLTA LA COMMISSIONE EUROPEA PROPONGA AL PARLAMENTO UNA NORMA SULL’ETICHETTATURA DEI DERIVATI DA OGM!

venerdì 16 ottobre 2015

NON E’ VERO CHE LA SOIA OGM DI IMPORTAZIONE HA UN PREZZO SUPERIORE ALLA SOIA NON OGM PRODOTTA NEL NOSTRO PAESE

Parlando di soia OGM/HT, tralasciando le polemiche sulla sicurezza alimentare e ambientale, tutte ancora da chiarire, tra gli elementi che devono essere considerati per valutare la convenienza economica alla sua introduzione, oltre al costo dei mezzi tecnici e delle operazioni colturali, di estrema importanza è anche il prezzo di vendita sul mercato (spendere meno a volte non significa guadagnare di più, poichè se spendo meno ma il prezzo cala, ben che vada mantengo inalterato il guadagno).

Al momento attuale l’unico OGM per il quale il mercato consente di operare un reale confronto di prezzo (stesso prodotto OGM oppure certificato "OGM free") è la “soia OGM”. In particolare, i dati a disposizione consentono di affermare che il prezzo di mercato della “soia OGM free”, al contrario di quello che qualcuno afferma, è sicuramente superiore a quello della “soia OGM”.
Per operare questo confronto è sufficiente osservare il Bollettino della Borsa Merci di Bologna, l’unica Borsa Merci che riporta dati tra loro confrontabili, ovvero stessa materia prima “OGM” e “non OGM”. Altre Borse Merci operanti nel nostro Paese non operano questa distinzione e riportano, genericamente, il prezzo della "soia nazionale" e quello della "soia estera". Questi listini prezzi creano ovviamente confusione, in quanto qualcuno approfitta della situazione attribuendo alla "soia nazionale" caratteristiche che potrebbe avere (essere "OGM free", in relazione al fatto che nel nostro Paese è vietata la coltivazione di OGM), ma che potrebbe anche non avere (in mancanza di una certificazione e con una soglia di prodotto OGM superiore allo 0,9%, anche il prodotto nazionale potrebbe essere OGM, in relazione sia alla mancata separazione della filiera distributiva, sia alle miscele operate dalle ditte mangimistiche, al fine di standardizzare le caratteristiche qualitative delle partite di merce vendute).

Ripeto, l'unica Borsa Merci che riporta chiaramente prezzi della stessa merce certificata "OGM free" è quella di Bologna, per le altre tutti i ragionamenti possono essere fatti solo sulla base di supposizioni e non di elementi certi e documentati.


E’ interessante notare il diverso prezzo, sempre superiore, dei trasformati di soia non derivanti da OGM, rispetto a quelli OGM (bollettino relativo alla settimana del 15 ottobre 2015). In particolare (euro/tonnellata):
- Soia tostata integrale Nazionale (prot. 44% stq)  15 ottobre 2015        min. 353,00           max. 354,00
- Soia Tostata integrale Nazionale non derivata OGM 15 ottobre 2015        min. 380,00   max. 381,00           
……. Una differenza di 27-28 €/T a favore del prototto derivato dalla "soia OGM free".                     

- Soia tostata integrale Estera (prot. 44% stq)          15 ottobre 2015       min. 351,00            max. 352,00
- Soia Tostata integrale Estera non derivante OGM      15 ottobre 2015        min. 378,00           max. 379,00
....................Una differenza di 27-28 €/T a favore della "soia OGM Free".    

- Soia Tostata Decorticata nazionale
15 ottobre 2015
364,00
366,00
- Soia Tostata Decorticata nazionale non deriv. OGM
15 ottobre 2015
451,00
453,00
- Soia Tostata Decorticata estera
15 ottobre 2015
361,00
363,00
- Soia Tostata Decorticata estera non deriv. OGM
15 ottobre 2015
448,00
450,00



Qualcuno, a volte in modo strumentale, osservando Bollettini Merci che riportano prezzi di soia nazionale (probabilmente non OGM, ma questo non è certificato e, quindi, non è detto che lo sia, anzi è forse vero il contrario) più bassi della soia estera (probabilmente OGM), afferma, erroneamente, che non è vero che la “soia OGM free” ha un prezzo superiore alla “soia OGM”, anzi è vero il contrario. Trattasi spesso di un confronto errato, che non è fattibile, in quanto potrebbe trattarsi di due prodotti completamente diversi, caratterizzati, per esempio, da un contenuto proteico diverso. In particolare, in taluni mercati il prezzo della soia nazionale è inferiore a quello della soia di importazione perchè ha un contenuto proteico inferiore (intorno al 43%) e non perchè non è OGM (la soia estera costa di più di quella nazionale perchè ha un contenuto proteico intorno al 49% e non perchè è OGM) ........ del resto il costo della proteina è sempre lo stesso!

Aggiungiamo poi che le certificazioni costano (separazione di filiera, analisi di laboratorio, etichettatura, ecc.) e, pertanto, è praticamente impossibile che il prodotto certificato "OGM free" abbia un prezzo inferiore a quello di importazione non certificato. Insomma, ancora una volta una mistificazione della realtà operata da coloro che con tutti i mezzi cercano di far entrare gli OGM nell'agricoltura del nostro Paese. 

https://drive.google.com/drive/folders/0B3bvKzenHISHNDFWQXpuQTY2Tkk

giovedì 3 settembre 2015

Negli USA stanno cercando di vietare agli stati membri di vietare gli OGM

Al contrario di quello che viene fatto nei Paesi dell’Unione Europea, la Camera dei Rappresentanti statunitense ha approvato una proposta di legge che vieta ai singoli Stati membri di approvare Leggi sull’obbligo di etichettatura degli alimenti contenenti OGM, così come avvenuto in Vermont. Questa proposta di Legge è stata denominata Safe and Accurate Labelling Act (Etichettatura sicura e precisa), ma è stata ribattezzata dagli oppositori DARK Act (Denying Americans the Right-to-Know, Negare agli americani il diritto di sapere).

Se questa proposta fosse approvata anche dal Senato e diventasse legge, annullerebbe la norma approvata nel 2014 dallo Stato del Vermont, in vigore dal 1° luglio 2016, secondo la quale l’etichetta degli alimenti contenenti ingredienti GM in quantità superiore allo 0,9% rispetto al peso del prodotto, dovrà indicarne la presenza. Il Vermont è stato il primo Stato Usa a decidere l’obbligo di etichettatura degli ogm, senza subordinare l’entrata in vigore della legge al fatto che altri Stati vicini facciano altrettanto, come hanno invece stabilito il Connecticut e il Maine.


sabato 8 agosto 2015

La Chiesa la fame e gli Ogm

La Chiesa la fame e gli Ogm

L’Unità, 7 dicembre 2010


Appena preso possesso del nuovo incarico come presidente del pontificio consiglio per la giustizia e la pace, il cardinale ghanese Peter Kodwo Appiah Turkson ha espresso chiaramente il suo pensiero su l’utilizzazione degli ogm. Per Turkson, «proporre come soluzione ai problemi della fame nel mondo e delle carestie tecniche che non tengono conto della biodiversità delle coltivazioni africane o prevedono l'uso di organismi geneticamente modificati non può che suscitare sospetti sulle reali intenzioni. Un contadino africano che utilizza semi di mais conservati dal raccolto dell'anno precedente, forse avrà una resa leggermente più modesta di quella ottenuta con gli ogm. Sicuramente, però, non dovrà sborsare alcuna somma di denaro per l'acquisto dei semi. E soprattutto la sua attività non dipenderà da fattori esterni condizionanti, come la capacità e la volontà produttiva di aziende multinazionali». In quanti, ricordano che in Costa d’Avorio la pax democratica regnava sovrana fino a quando l’Unione Europea (che ammette il formaggio senza latte e il vino senza uva) ha iniziato una incomprensibile battaglia contro il cioccolato di puro cacao, facendo dimezzare il reddito dei Paesi produttori come Costa d’Avorio, Camerun e Senegal? Le parole di Turkson risalgono al 24 febbraio del 2010, l’Unione Europea aveva appena sdoganato gli organismi geneticamente modificati nel nostro Continente e il porporato africano sulla prima pagina dell’Osservatore Romano replicò rivolgendosi a coloro che usano la pretesa scarsità delle risorse agricole per sostenere la causa degli Ogm per tutti e senza limiti. Il fatto va ricordato perché proprio nel suo dicastero, fino a qualche mese prima della sua nomina, durante la precedente gestione, più di qualcuno pensava di aver visto nascere un forte feeling tra ambienti vaticani e multinazionali del bio-tech. Una entente cordiale manifestatasi con alcuni convegni sponsorizzati dalle organizzazioni pro-ogm prima nei due atenei romani dei Legionari di Cristo (l’Università Europea e l’Ateneo Regina Apostolorum) e poi, nel maggio del 2009, nella sede della Pontificia Accademia delle Scienze in Vaticano. Lo statement conclusivo del convegno di due anni fa, pubblicato in questi giorni e garantito solo dalla competenza scientifica dei firmatari (tra i quali solo 7 accademici pontifici su 80), in effetti esprimeva un sereno ottimismo sull'ingegneria genetica perché gli ogm, se usati nel modo opportuno, aiuterebbero piuttosto che ostacolarla- la biodiversità. Una tesi, abbastanza neutrale che però, ripetuta a Cuba dall’arcivescovo Marcelo Sanchez Sorondo, che per conto della Santa Sede ha seguito la settimana scorsa nell’isola caraibica i lavori del XII Incontro internazionale degli economisti sulla globalizzazione e i problemi dello sviluppo, è suonata come il certificato di battesimo per il bio-tech in salsa cattolica. Grazie al cielo qualcuno in Vaticano si è ricordato che il Papa aveva spiegato qualche mese prima, alla Fao, che quando si dice ogm e biotech bisogna pensare all’impatto socio-politico che le scelte Occidentali in campo agroalimentare (Turkson ricorda che il nostro è un sistema socio-economico che «giustifica comportamenti irresponsabili come la distruzione di risorse alimentari per mantenere alti i prezzi di mercato») hanno sulle fragili strutture dei Paesi che, in teoria grazie agli ogm, si vorrebbe aiutare. E ha precisato che quelle che qualche cappellano delle multinazionali diffonde sono solo opinioni personali. Tanto, aggiungiamo noi, non c’è bisogno di aspettare i file di Wikileaks per immaginare da chi vengono retribuite le loro prediche. E che queste siano opinabili, risulta anche dal rapporto presentato lunedì scorso a Londra dall’IFAD (fondo internazionale per lo sviluppo dell’agricoltura), un’agenzia Onu con sede a Roma che ribadisce pazientemente alcune verità. È l’agricoltura il “motore” dello sviluppo conosciuto nell’ultimo decennio da Paesi come il Brasile, la Cina, l’India, il Vietnam, il Paraguay. E gli esperti considerano del tutto acquisito il dato che indica come, il miglior strumento per far uscire i Paesi poveri dalle loro angustie quotidiane, sia sempre e soprattutto l’agricoltura. Questa, nel prossimo decennio, e fino al 2025, conoscerà uno sviluppo finora mai raggiunto nella storia dei popoli. Il fatto, poi, che sette su dieci tra gli affamati del mondo vivano in contesti rurali, non dipende dalle sementi ma, dai mercati e dalla politica internazionale dei prezzi. Dove la politica ha aiutato (sottolinea il rapporto) «un nuovo approccio all’agricoltura su piccola scala... negli ultimi dieci anni almeno 350 milioni di abitanti delle zone rurali del mondo sono riusciti a uscire dal vincolo della povertà». Non è esattamente ciò che i terzomondisti di professione affiliati alle multinazionali ci raccontano, ma la realtà è questa. 

Il dott. Daniele Colombo ha scritto una lettera a favore della scelta OGM per l’agricoltura del nostro Paese

Il dott. Daniele Colombo ha scritto una lettera a favore della scelta OGM per l’agricoltura del nostro Paese ………… Non si è certo risparmiato ……..

Gentilissimo Sig. Presidente del Consiglio,
On.li Ministri,
On.li Senatori,

Sono a scriverVi, in merito al dibattito scaturito mezzo stampa nelle scorse settimane tra l’On.le Ministro Maurizio Martina e la On.le Sen. Prof. Elena Cattaneo sul tema della ricerca pubblica sugli OGM.” ........................ continua

Quale dibattito? La cosa è stata a senso unico, poiché la “neuro agronoma” Cattaneo, pur non avendo una competenza specifica, è riuscita a pubblicare una decina di articoli a favore degli OGM nelle prime pagine dei più importanti quotidiani nazionali, mentre la voce contraria non si è vista ……. E a mio parere avrebbero voluto in tanti scrivere qualcosa di diverso. Tra l’altro questi interventi della neuro agronoma sono farciti di inesattezze e rappresentano uno spaccato dell’approccio ideologico di coloro che sono a favore di questa tecnologia (la scienza è favorevole, le scelte sono solo politiche, il Paese ne ha bisogno, ecc.).

Daniele, parlando poi di OGM in agricoltura, poiché questo è il problema, mi sembra azzardato affermare che “Più di quindicimila persone, a partire dal 1994, hanno intrapreso nel nostro paese una carriera nelle biotecnologie scegliendo di diventare dei professionisti dell’innovazione medico-farmaceutica, agro-alimentare, veterinaria e industriale.”. Daniele, mi scusi, cerchiamo di non confondere le idee, lasciamo stare l’intera categoria dei Biotecnologi, visto che il problema è agricolo, parliamo di quelli che lavorano in agricoltura …….  Qualche centinaio? e non 15.000 come lei ha scritto?

Daniele scrive poi “I messaggi lanciati dai diversi Governi e Parlamenti che si sono succeduti in questi anni, quasi sempre senza distinzione di colore o provenienza politica, hanno però sottolineato con chiarezza lo scarso interesse, se non una vera e propria ostilità, verso l’innovazione e verso coloro che si adoperano per promuoverla in campo.” Allora Daniele, vuol proprio dire che è una scelta giusta! Possibile che tutti i Governi che si sono succeduti in 15-20 anni abbiano tenuto un atteggiamento solo ideologico sul problema? Probabilmente c’è qualcosa di vero. Ed è di questo che vogliamo parlare. Perché Daniele non ne ha parlato? Perché Daniele non ha parlato delle motivazioni contrarie all’adozione degli OGM in agricoltura. Possibile che non ce ne sia qualcuna vera, reale!

Daniele, ha anche scritto che “L’ultimo atto di questo rifiuto si è consumato nel 2012 con la distruzione forzata degli ultimi campi sperimentali pubblici italiani.
Distrutti senza alcuna ragione tecnica, rischio reale o riflessione sulla loro utilità. Quelle sperimentazioni pubbliche, pagate dai cittadini italiani, potevano aiutarci a capire se ha davvero senso dire no all’uso degli OGM. Ulivi, ciliegi, kiwi, furono distrutti, dopo 14 anni di coesistenza pacifica, per un cavillo.
” 


Daniele, in 14 anni ne saranno state fatte delle ricerche, delle sperimentazioni, delle pubblicazioni …….. dove sono? Non mi sembra che 14 anni siano pochi per poter avere delle conclusioni!

Daniele, riesce anche a scrivere che “L’Italia ha deciso, con le proprie politiche dissennate, di mortificare i propri ricercatori e le proprie Università impedendo loro di fare ricerca sugli OGM, ma allo stesso tempo ha deciso di non rinunciare ad usarli. Dice bene la Professoressa Cattaneo quando ricorda che l’Italia importa ed usa tonnellate di OGM (4 milioni solo per la soia) per alimentare gli animali da cui si ricavano i nostri prodotti di punta apprezzati in tutto il mondo.” Daniele, ma lei è al corrente che l’Italia opera in un mercato globale, dove se vuoi esportare qualcosa devi per forza importare qualcos’altro! E questo qualcos’altro, in relazione al fatto che l’Italia esporta prodotti industriali, è molto spesso costituito da prodotti agricoli ……… carne, mangimi, ecc. Non si spiegherebbe altrimenti la chiusura alla coltivazione e l’apertura alle importazioni di mangimi OGM. In definitiva, i mangimi che noi importiamo sono la contropartita per le nostre esportazioni di prodotti industriali. Che sia un fatto voluto? “A pensar male si commette peccato però spesso ci si prende”.

Daniele riesce anche a scrivere che “L’uso di OGM dopotutto, come emerge dalle oltre 15.000 pubblicazioni scientifiche sul tema, ma anche dai dati raccolti in oltre 15 anni di utilizzo, non presenta particolari rischi per la salute o per l’ambiente, come già ampiamente sottolineato dalle principali Società Scientifiche italiane attraverso due Consensus Document pubblicati nel 2004 e nel 2006.” Queste cose, però, le dovrebbero scrivere le Associazioni dei Medici e non quella dei Biotecnologi, ovviamente dopo aver fatto specifiche indagini epidemiologiche, che non sono mai state fatte.


Daniele, ma lei crede veramente che “Il nostro Paese ha però sistematicamente deciso di ignorare su questo tema la scienza, con il solo risultato di precludersi la possibilità di guidare l’innovazione del settore agricolo, finendo per subirla importando a caro prezzo quella prodotta altrove.” L’Italia che guida l’innovazione nel settore agricolo con gli OGM. Questa è una notizia! L’Italia potrebbe guidare l’innovazione solo basandosi sulla qualità e non tanto su prodotti omologanti, destinati alle grandi produzioni estensive degli USA, dell’Argentina e del Brasile. Le ricordo che in Italia la superficie media delle aziende agricole è di 7-8 ettari, contro i 250 ettari delle aziende americane. In questo caso ha ragione il Ministro Martina quando afferma che “la discussione sugli OGM [...] non rappresenta né l’unica né la più rilevante attività nel mondo della ricerca in agricoltura”. Vogliamo realmente fare innovazione? Ricerchiamo su nuovi metodi di lotta biologica ai parassiti, ricerchiamo sul risparmio di acqua in agricoltura, ricerchiamo su nuove metodiche di conservazione, ricerchiamo su nuove metodiche di coltivazione delle aree marginali, ricerchiamo sul risparmio energetico in agricoltura, ecc.

Daniele, chicca finale quando afferma che “Non ci appassiona il dibattito pro vs contro, ci interessa lavorare per la competitività del nostro paese valorizzando al meglio le competenze di tanti ricercatori e professionisti che vorrebbero mettersi al servizio del Paese invece di fuggire all’estero.Ma lei crede veramente a quello che ha scritto? Crede veramente che il nostro Paese potrebbe competere a livello globale con gli OGM? Pura illusione Daniele. Gli OGM non bastano: serve, infatti, molto di più. Serve soprattutto una scienza che sappia mettere al centro delle sue decisioni le esigenze della Società e che non sia al servizio di finalità di altro tipo. Solo così si potrà avere un dialogo vero e non ideologico sugli OGM, e sui mille altri temi su cui oggi siamo ancora fermi al palo. Solo così facendo si può costruire un futuro sostenibile che non siano gli altri a dettarci, ma che nasca partendo dal lavoro delle nostre menti migliori.

domenica 26 luglio 2015

Respinta la proposta di lasciare gli Stati Membri liberi di importare o meno mangimi OGM

I Paesi dell'Unione Europea respingono la proposta della Commissione in merito alla possibilità per ogni Stato Membro di vietare l'importazione e l'utilizzazione di mangimi OGM. Il voto contrario era previsto da parte di Paesi come come la Repubblica Ceca, che gli OGM li coltiva, ma non era previsto per Paesi come  l'Ungheria che la sua contrarietà agli OGM in agricoltura l’ha scritta in Costituzione.

Come mai? Molto semplice. Nel Commercio Internazionale vige ancora il baratto, per cui molto spesso l'importazione di mangimi OGM rappresenta per i Paesi dell'Unione Europea la contropartita per le esportazione di prodotti industriali. In pratica i mangimi OGM rappresentano la moneta con la quale altri Paesi mondiali, che non hanno Dollari e/o Euro, pagano le loro importazioni.
Ancora una volta si tende a premiare l'industria a scapito dell'agricoltura. E' un fatto positivo? Sicuramente no! in quanto l'agricoltura è produttrice di una serie di esternalità positive per il territorio delle quali non possiamo fare a meno.