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lunedì 15 luglio 2013

OGM, coesistenza impossibile

In questi ultimi tempi si parla tanto di coesistenza tra coltivazioni OGM e coltivazioni convenzionali/biologiche, tanto che i nostri 3 Ministri (De Girolamo, Orlando e Lorenzin), nel decreto che vieta la coltivazione di OGM, si sono dati 18 mesi di tempo per determinare le regole di coesistenza nel nostro Paese.
La coesistenza, pur essendo legata in termini tecnici alla capacità fisiologica delle piante di incrociarsi (e quindi di scambiare materiale genetico) con altre piante della stessa specie e/o di specie affini, è soprattutto un problema economico. È necessario, infatti, garantire da un lato la possibilità per gli agricoltori di coltivare sia colture GM che convenzionali o biologiche, garantendo dall’altro ai consumatori la possibilità di scegliere fra prodotti realmente diversi. La possibilità della coesistenza dipende pertanto da tre fattori chiave: 1) la tracciabilità, 2) l’etichettatura, 3) la capacità degli agricoltori di fornire prodotti, di qualunque filiera (OGM, convenzionale, biologico), conformi agli obblighi di legge.
Prevedendo, infatti, un mercato con prezzi differenziati per i diversi prodotti (OGM, convenzionale e biologico), il mancato rispetto degli obblighi di Legge in termini di commistione accidentale tra colture, può potenzialmente condurre ad una perdita di reddito per gli agricoltori. Questo risulta vero sia nel caso in cui un agricoltore biologico o convenzionale si trovi costretto ad etichettare un proprio prodotto come contenente OGM (ovvero laddove la presenza accidentale superi la soglia dello 0,9%), sia quando si verifichi il deprezzamento di uno speciale prodotto transgenico, come per esempio un alimento potenziato (un alimento OGM arricchito di vitamine, o quant'altro), che non raggiunga il grado di purezza richiesto dall'acquirente. Di vitale importanza risulta quindi essere un’efficace gestione della commistione accidentale (coesistenza) tra colture geneticamente modificate e non, dovuta sia alla presenza di impurezze nelle sementi, sia all’impollinazione incrociata, sia alla presenza di piante parentali spontanee (provenienti soprattutto da precedenti coltivazioni), o in relazione alle pratiche di coltivazione e raccolta, nonchè a quelle successive di trasporto e di stoccaggio. Tali fattori determinano delle inevitabili conseguenze economiche in termini di aumento dei costi di produzione della fase agricola e, se mal gestite, di diminuzione dei prezzi di mercato della merce prodotta (si rischia di coltivare ai costi del biologico, per poi vendere ai prezzi del transgenico).
La domanda è sempre la stessa: è possibile le coesistenza tra questi tipi di coltivazioni (OGM, convenzionale, biologico)? 
Convenzionale e biologico, pur in presenza di alcuni casi di "deriva" di antiparassitari che da campi convenzionali possono inquinare campi biologici, convivono ormai da decenni.
Più difficile è la risposta relativa alla coesistenza tra OGM e le altre due tipologie di coltivazione. Per rispondere a questa domanda occorre prima di tutto distinguere tra piante coltivate OGM che non hanno parentali selvatiche nel nostro Paese  e piante coltivate OGM che hanno piante parentali selvatiche.
Appartiene al primo gruppo il mais. Il mais non è originario del nostro Paese e, pertanto, sul nostro territorio non ci sono parentali selvatiche di questa pianta. Per il mais non esiste il pericolo che il transgene possa essere veicolato ad altre piante e possa così diffondersi autonomamente nell’ambiente. Permangono comunque problematiche di coesistenza che devono essere risolte prima di introdurre questa pianta nella versione OGM.
Appartengono al secondo gruppo, ovvero quelle che hanno parentali selvatiche nel nostro Paese, tante altre piante coltivate, come per esempio colza, barbabietola da zucchero, sorgo, ecc. Per questa tipologia di piante il problema della coesistenza è molto più complesso, poiché c’è la possibilità che il transgene possa essere trasmesso alle piante parentali selvatiche e, attraverso queste stesse piante, esso possa diffondersi autonomamente nell’ambiente e dar luogo ad inquinamento genetico diffuso e incontrollabile.
Pertanto, mentre per la prima tipologia di piante il problema della contaminazione/coesistenza è limitato alle piante coltivate, e con i dovuti accorgimenti potrebbe anche essere risolto (permane comunque il problema della coesistenza economica), per la seconda tipologia di piante il problema della coesistenza è molto più complesso, poiché le piante selvatiche non rispettano le  distanze di semina e la contaminazione dei campi coltivati convenzionali/biologici è praticamente  inevitabile.
Di seguito le principali problematiche della coesistenza:
1.     C’è un problema di contaminazione incontrollabile dovuto al polline delle piante coltivate OGM che può fecondare altre piante coltivate della stessa specie non OGM (biologico e/o convenzionale). Tale problematica riguarda anche le piante OGM che non hanno parentali selvatiche nel nostro Paese, in quanto il polline della pianta coltivata OGM è in grado di fecondare altre piante coltivate non OGM. Il problema, ovviamente, andrà valutato caso per caso, poiché la tipologia di fecondazione delle piante può essere diversa (piante allogame, nelle quali prevale una fecondazione incrociata, e piante autogame, nelle quali prevale l’autofecondazione, che può raggiungere percentuali prossime al 100%, come per esempio nel frumento e nell’orzo) e la situazione ambientale può essere anch’essa diversa (esposizione, presenza di venti di forte entità, ecc.);

2.     C’è un problema di contaminazione incontrollabile dovuto al polline delle piante coltivate OGM, che può fecondare piante parentali selvatiche, che così acquisiscono il transgene e, conseguentemente, le proprietà tipiche di questa pianta OGM, che al momento sono resistenza ai diserbanti o resistenza agli insetti. In questo caso, per esempio, la colza RR è in grado di trasferire il carattere di resistenza ai diserbanti alla “senape selvatica”, la quale si diffonde autonomamente nell’ambiente e determina inquinamento genetico diffuso e incontrollabile (la colza RR sarebbe meglio non coltivarla in Italia);




3.     In relazione alla problematica precedente, nel caso di coesistenza, c’è un problema di contaminazione  dovuto al polline delle piante infestanti che hanno acquisito il transgene da piante parentali coltivate OGM, che, in un secondo momento, lo diffondono autonomamente nell’ambiente, provocando così un "inquinamento genetico" diffuso e incontrollabile;

http://www.ogm.gouv.qc.ca/envi_canolagm.html


4.     C’è un problema di contaminazione diffusa e incontrollabile dovuto alle piante coltivate in una annata, che disperdono semi nell'ambiente e diventano infestanti della coltivazione che le segue. E’ il caso, per esempio, della colza RR, che negli U.S.A. sta creando grossi problemi agli agricoltori. Cosa accade? Accade che quando si raccoglie il prodotto dell’annata in corso, qualche seme cade sempre a terra e, inevitabilmente, germinerà nell’annata successiva. Tale evento non costituisce un problema se non si fanno le rotazioni e si “ristoppia” la stessa pianta, mentre lo è nel caso in cui vengano effettuati avvicendamenti colturali (rotazioni colturali). Come potrà essere diserbato il campo coltivato se la pianta dell’annata precedente  (per esempio "colza RR") è divenuta infestante e la pianta coltivata nell’anno in corso (per esempio "soia RR") sono resistenti allo stesso diserbante? Molto semplice, è necessario reintrodurre i vecchi diserbanti ed effettuare trattamenti con miscele di diserbanti, così come sta accadendo negli USA;




5.     C’è un problema di contaminazione ambientale dovuto alla diffusione incontrollata delle piante coltivate che “sfuggono” al campo coltivato, diventano infestanti e si diffondono in modo incontrollato nell’ambiente. In particolare, negli USA, dove da anni queste piante vengono coltivate, c’è il grosso problema della diffusione incontrollata della colza RR, che cresce spontaneamente sui cigli delle strade, nei fossi, nelle sedi ferroviarie e in tutte le aree non coltivate e costituisce un vero problema per gli agricoltori che, spesso, si trovano il campo coltivato infestato da questa colza che è difficile da controllare, poiché è resistente ai diserbanti. Il problema è talmente sentito che le Ditte che hanno il brevetto su queste piante HT hanno offerto gratuitamente gli erbicidi per il controllo dei cigli stradali e dei fossi (si tratta spesso di diserbanti selettivi di post-emergenza e pre-emergenza sistemici, specificamente utilizzabili per il controllo di erbe annuali e perenni e dicotiledoni in aree non coltivate);




6.     C’è un problema di contaminazione incontrollabile accidentale dovuto al seme transgenico che può essere disperso durante il trasporto attuato dai più svariati vettori (animali, vento, acqua, camion adibiti al trasporto dei raccolti, ecc.). Tale seme in un secondo momento germinerà e darà origine ad un inquinamento diffuso e incontrollato;

http://ccwa.org.au/content/fugitive-gm-canola-study

http://www.repubblica.it/ambiente/2010/08/10/news/canola_ogm-6185318/

7.     C’è un problema di contaminazione incontrollabile dovuto ai mezzi meccanici utilizzati per la raccolta in pieno campo. Cosa può accadere? Nella maggioranza dei casi, il coltivatore nel nostro Paese non possiede la mietitrebbia per la raccolta (la mietitrebbia ha dei costi molto elevati e deve lavorare parecchie ore per ammortizzarli) e si affida ad un contoterzista. Il contoterzista nel caso di coesistenza opererà sia in campi coltivati con piante OGM, sia in campi coltivati con piante convenzionali/biologiche. In relazione agli inevitabili residui presenti nella mietitrebbia, che in precedenza aveva raccolto piante OGM, occorrerà prevedere una accurata pulizia, anche interna, della macchina, al fine di evitare inquinamento del raccolto convenzionale/biologico. Tale pulizia ha un costo molto elevato, che andrà a gravare sui costi di coltivazione;

8.     C’è un problema di contaminazione dovuto ai silos di stoccaggio, che dovranno essere mantenuti nettamente separati per le produzioni convenzionali e per quelle transgeniche. A questo proposito, anche al fine di non commettere errori di movimentazione, si auspica la separazione fisica dei centri di stoccaggio, che dovranno essere specifici per ciascun tipo di prodotto (centri di stoccaggio specifici per prodotto OGM, convenzionale, biologico). 

In definitiva, il problema della coesistenza, pur in presenza di grandi difficoltà attuative e di problematiche economiche, potrebbe, forse, essere risolto per le piante OGM che non hanno parentali selvatiche nel nostro Paese, mentre sarebbe impossibile da risolvere nel caso di piante coltivate OGM che presentano sul nostro territorio parentali selvatiche.

Come si potrebbe uscire da questa situazione? Probabilmente l’unico sistema idoneo, in grado di consentire una reale coesistenza tra piante OGM e piante convenzionali, potrebbe essere quello di coltivare piante OGM che non originino “inquinamento genetico”, ovvero che non siano in grado di fecondare altre piante. A questo proposito occorre rilevare che la tecnologia transgenica sarebbe già in grado di creare piante OGM con il transgene inserito nei cloroplasti, ovvero nelle parti verdi della pianta. In questo modo il transgene non si troverebbe nel polline e le piante OGM non originerebbero  “inquinamento genetico”. Ma questa è un'altra storia.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2012/11/flusso-genico-e-inquinamento-genetico.html

venerdì 12 luglio 2013

Finalmente, era ora. divieto di coltivazione degli OGM

Finalmente, era ora. Il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Nunzia De Girolamo, della Salute Beatrice Lorenzin e dell'Ambiente e della tutela del territorio e del Mare, Andrea Orlando hanno firmato oggi, 12 luglio 2013, il decreto interministeriale che vieta in modo esclusivo la coltivazione di mais geneticamente modificato MON810 sul territorio italiano. Il divieto è così in vigore fino all'adozione delle misure previste dal regolamento comunitario 178/2002 e comunque per un periodo di massimo diciotto mesi. Il provvedimento sarà immediatamente notificato alla Commissione europea e agli altri 27 Stati membri dell'Unione europea.
"Con i Ministri Lorenzin e Orlando avevamo preso un impegno preciso sugli Ogm, considerate anche le posizioni unitarie del Parlamento e delle Regioni. Con il decreto che abbiamo firmato oggi - spiega in una nota De Girolamo - vietiamo la sola coltivazione del mais Mon810 in Italia, colmando un vuoto normativo dovuto alle recenti sentenze della Corte di Giustizia europea. È un provvedimento che tutela la nostra specificità, che salvaguardia l'Italia dall’omologazione. La nostra agricoltura si basa sulla biodiversità, sulla qualità e su queste dobbiamo continuare a puntare, senza avventure che anche dal punto di vista economico non ci vedrebbero competitivi. Il decreto di oggi è solo il primo elemento, quello più urgente, di una serie di ulteriori iniziative, con le quali definiremo un nuovo assetto nella materia della coltivazione di Ogm nel nostro Paese"
Il divieto di coltivazione del Mais MON810 è motivato dalla preoccupazione sollevata da uno studio del Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, 

http://www.infogm.org/IMG/pdf/italie_lettre_moratoire_mon810_avril2013.pdf

consolidato da un recentissimo approfondimento tecnico scientifico dell’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che ne evidenzia l'impatto negativo sulla biodiversitànon escludendo rischi su organismi acquatici, peraltro già evidenziati da un parere dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare reso nel dicembre 2011.
Il decreto giunge a conclusione della procedura di emergenza attivata dal nostro Governo nell'aprile 2013, ed è giuridicamente sostenuto anche dal precedente provvedimento di divieto di coltivazione di Organismi geneticamente modificati, fondato su analoghe motivazioni, adottato il 16 marzo 2012 dal Governo francese e tuttora in vigore. Le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea, cui l'Italia si conforma, ribadiscono la legittimità di misure di coesistenza che salvaguardino le colture tradizionali e biologiche, e che dovranno essere adottate dalle Regioni conformemente alla sentenza n. 116 del 2006 della Corte costituzionale, nel quadro di una organica e condivisa disciplina statale che definirà principi comuni al fine di garantire il rispetto della libera concorrenza e della libertà di iniziativa economica, a parità di condizioni sull’intero territorio nazionale.
Si auspica che in futuro la “Clausola di salvaguardia” possa essere chiesta anche per motivazioni economiche e non soltanto per motivazioni salutistiche o ambientali. In particolare, è ormai assodato che:

1 – questi OGM non sono adatti all’agricoltura italiana. L’Italia, anche con gli OGM,  con le sue piccole aziende agricole non potrà mai competere sul mercato mondiale sulla base dei bassi costi e dei bassi prezzi, ma potrà competere solo sulla base della qualità;



2 – con gli OGM l’agricoltore non guadagnerà di più, perché se è vero che calano i costi è altrettanto vero che calano anche i prezzi di mercato, in quanto il prezzo non viene fissato dall’agricoltore (in agricoltura, nel lungo periodo, costo unitario medio, costo marginale e prezzo di mercato tendono a coincidere). Anche l’esplosione delle superfici coltivate a livello mondiale in certi Paesi non è sinonimo di maggior reddito per il coltivatore, ma è dovuta alla mancata etichettatura degli alimenti OGM in questi stessi Paesi;



3 – gli OGM favoriscono la delocalizzazione produttiva. Quando avremo piante che “resistono” ad ogni avversità e ad ogni condizione pedoclimatica, è molto probabile che la loro coltivazione si sposterà in Paesi che hanno situazioni di costo di produzione più favorevoli delle nostre;



4 – il brevetto sugli OGM rende dipendente il coltivatore dalle multinazionali del seme, che potrebbero avviare coltivazioni con contratti di soccida per le piante sulla falsa riga di quello che già avviene nell’allevamento animale;



5 -  non è vero che con gli OGM la produzione per ettaro è superiore a quella delle sementi convenzionali;



6 – gli OGM sono contro la biodiversità, poiché il patrimonio genetico delle piante OGM coltivate deriva da un ristretto numero di cellule trasformate;


7 – gli attuali OGM hanno il transgene inserito nel nucleo e determinano “inquinamento genetico” e, pertanto non rendono possibile la coesistenza con altre forme di agricoltura, sia essa convenzionale o biologica. Da rilevare che, oggigiorno, le moderne tecniche di ingegneria genetica consentirebbero di introdurre il transgene nei cloroplasti, evitando così l’inquinamento genetico;



8 – gli OGM favoriscono le strategie di appropriazionismo e di sostituzionismo del settore industriale nei confronti del settore agricolo. Con gli OGM il reddito dell’agricoltore nel lungo periodo è destinato a diminuire;



9 – gli OGM possono determinare la scomparsa dell’industria sementiera nazionale, determinando così grande preoccupazione per la sicurezza alimentare, sia da un punto di vista quantitativo, sia da un punto di vista qualitativo.



10 – gli OGM da soli non risolvono il problema delle micotossine;





11 – le piante OGM resistenti ai diserbanti non risolvono il problema delle erbe infestanti, in quanto:
                        - le erbe infestanti dopo pochi anni maturano una resistenza genetica al diserbante;
                        - le erbe infestanti parentali acquisiscono il transgene dalle piante OGM coltivate e diventano esse stesse resistenti al diserbante;
                        - le piante transgeniche coltivate (per esempio colza OGM) in annate successive diventano esse stesse infestanti di altre coltivazioni;



12 – non risolvono il problema degli insetti nocivi (anche utilizzando il mais BT, la piralide dopo pochi anni diventa resistente alla tossina BT);



sabato 6 luglio 2013

Il Ministro De Girolamo, per il momento a parole, è contrario agli OGM


A margine dell’Assemblea Nazionale di Coldiretti, così si è espresso il Ministro De Girolamo: “Considero quanto detto oggi un vero e proprio contratto con tutti gli agricoltori italiani e per questo ho messo per iscritto il mio impegno per dire no agli OGM in Italia, abolire l’IMU agricola, semplificare la burocrazia del comparto, premiare gli agricoltori attivi e promuovere l’internazionalizzazione dell’agricoltura italiana. L’agricoltura italiana non ha bisogno di OGM. Questo è il mio impegno senza se e senza ma. Non si tratta di pregiudizio ideologico, ma piuttosto di stare ai fatti: il nostro patrimonio agroalimentare è amato in tutto il mondo per la sua tipicità e scegliere la strada degli organismi geneticamente modificati è fallimentare. Non mi farò condizionare da polemiche strumentali e voglio chiedere ai miei colleghi di governo, il Ministro Lorenzin e il Ministro Orlando, di sostenere questa lotta che è per tutti gli agricoltori, per la biodiversità e per il Paese intero dal momento che il Made in Italy è il vero potere dell’Italia. Dobbiamo firmare – ha affermato De Girolamo - il Decreto anti OGM per risolvere il nodo della coltivazione sul territorio nazionale”.

Siamo soddisfatti di questa presa di posizione del Ministro De Girolamo. Speriamo che alle parole seguano i fatti, poichè finora nulla di concreto si è visto, anzi il temporeggiamento non ha fatto altro che rendere la vita più facile a coloro che a tutti i costi vogliono seminare OGM in Italia. Per quanto ci riguarda è da tanto che facciamo rilevare che:

1 – questi OGM non sono adatti all’agricoltura italiana. L’Italia, anche con gli OGM,  con le sue piccole aziende agricole, non potrà mai competere sul mercato mondiale sulla base dei bassi costi e dei bassi prezzi, ma potrà competere solo sulla base della qualità;



2 – con gli OGM l’agricoltore non guadagnerà di più, perché se è vero che calano i costi di produzione è altrettanto vero che nel lungo periodo calano anche i prezzi di mercato, in quanto il prezzo non viene fissato dall’agricoltore (in agricoltura, nel lungo periodo, costo unitario medio, costo marginale e prezzo di mercato tendono a coincidere). Anche l’esplosione delle superfici coltivate a livello mondiale in certi Paesi non è sinonimo di maggior reddito per il coltivatore, ma è dovuta alla mancata etichettatura degli alimenti OGM in questi stessi Paesi;



3 – gli OGM favoriscono la delocalizzazione produttiva. Quando avremo piante che “resistono” ad ogni avversità e ad ogni condizione pedoclimatica, è molto probabile che la loro coltivazione si sposterà in Paesi che hanno situazioni di costo di produzione più favorevoli delle nostre;



4 – il brevetto sugli OGM rende dipendente il coltivatore dalle multinazionali del seme, che potrebbero avviare coltivazioni con contratti di soccida per le piante, sulla falsa riga di quello che già avviene nell’allevamento animale;



5 -  non è vero che con gli OGM la produzione per ettaro è superiore a quella delle sementi convenzionali;



6 – gli OGM sono contro la biodiversità, poiché il patrimonio genetico delle piante OGM coltivate deriva da un ristretto numero di cellule trasformate;


7 – gli attuali OGM hanno il transgene inserito nel nucleo e determinano “inquinamento genetico” e, pertanto non rendono possibile la coesistenza con altre forme di agricoltura, sia essa convenzionale o biologica. Da rilevare che, oggigiorno, le moderne tecniche di ingegneria genetica consentirebbero di introdurre il transgene nei cloroplasti, evitando così l’inquinamento genetico;



8 – gli OGM favoriscono le strategie di appropriazionismo e di sostituzionismo del settore industriale nei confronti del settore agricolo. Con gli OGM il reddito dell’agricoltore nel lungo periodo è destinato a diminuire;



9 – gli OGM possono determinare la scomparsa dell’industria sementiera nazionale, determinando così grande preoccupazione per la sicurezza alimentare, sia da un punto di vista quantitativo, sia da un punto di vista qualitativo.



10 – gli OGM da soli non risolvono il problema delle micotossine;





11 – le piante OGM resistenti ai diserbanti non risolvono il problema delle erbe infestanti, in quanto:
                        - le erbe infestanti dopo pochi anni maturano una resistenza genetica al diserbante;
                        - le erbe infestanti parentali acquisiscono il transgene dalle piante OGM coltivate e diventano esse stesse resistenti al diserbante;
                        - le piante transgeniche coltivate (per esempio colza OGM) in annate successive diventano esse stesse infestanti di altre coltivazioni;



12 – non risolvono il problema degli insetti nocivi (anche utilizzando il mais BT, la piralide dopo pochi anni diventa resistente alla tossina BT);



Da rilevare che il “No agli Ogm” è stata una tesi sostenuta da tutti e tre i ministri interessati alla firma della clausola di salvaguardia, ovvero Lorenzin per la Salute e Orlando per l’Ambiente, che ha affermato “noi non vogliamo gli OGM perché non vogliamo che il nostro paese diventi troppo simile o uguale ad altri paesi”.