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domenica 15 febbraio 2015

Arctic Golden e Arctic Granny…….ancora una volta al servizio di colui che ha il brevetto .......... al momento non ne abbiamo bisogno….grazie

Il Dipartimento Americano dell’Agricoltura ha dato il via libera alla vendita della prima mela OGM, riaccendendo un dibattito ormai assopito sulla sicurezza degli alimenti OGM. Arctic, così si chiama questa mela, non  scurisce quando viene tagliata e lasciata all’aria. Si tratta di una caratteristica che come al solito avvantaggia tutti tranne gli agricoltori e i consumatori. Al momento ci sono due tipologie di prodotto: la Arctic Granny e la Arctic Golden, le versioni OGM rispettivamente della Granny Smith e della Golden Delicious. Con l’annuncio, il dipartimento dell’Agricoltura ha spiegato di avere dato il semaforo verde perché crede che questa mela non ponga rischi ad altre piante e prodotti agricoli. E’ la Food and Drug Administration che deve garantire che il frutto sia sicuro da mangiare ma la sua analisi – in corso – è volontaria. 
La mela Arctic è uno dei pochi alimenti ogm che puntano direttamente alla gola dei consumatori, in quanto finora mais, soia e colza OGM sono destinati per la quasi totalità all’alimentazione animale. Per queste motivazioni l’azienda produttrice intende apporre sulle confezioni un logo (in pratica una etichettatura) che richiama un fiocco di neve in modo tale che la mela Arctic possa essere distinta da altre varietà. Ma prima che Arctic arrivi sugli scaffali dei supermercati bisognerà aspettare fino almeno al 2017. L’azienda produttrice afferma che nei prossimi anni saranno piantati 70 mila alberi e ci vorranno molti anni prima che la produzione raggiunga livelli significativi per il mercato.

Ci serve veramente questa mela? Gli agricoltori la adotteranno?
Alla prima domanda non siamo in grado di rispondere, poiché nessuno è materialmente in grado di comprendere la reale portata di una innovazione. Spesso innovazioni che a prima vista erano considerate inutili, si sono poi rivelate di importanza “vitale” per lo sviluppo della Società.
Più semplice è rispondere alla seconda domanda, soprattutto in un momento come questo, in cui nel nostro Paese e nei Paesi dell’UE l’80% dei consumatori si dichiara contrario all’acquisto e al consumo di alimenti OGM. Probabilmente solo qualche agricoltore “fortemente innovatore” e “amante del rischio” coltiverebbe qualche pianta di questa mela (poi, nel tempo, ovviamente se il mercato le richiede, amplierebbe le superfici). La gran parte dei melicoltori, che ancora non hanno ammortizzato completamente i costi delle certificazioni IGP ottenute, con ogni probabilità non coltiverà questa mela.
La mela OGM non è mais OGM, non è soia OGM, non è colza OGM. Mais OGM, soia OGM e colza OGM sono destinati all’alimentazione animale e l’uomo si nutre di questi OGM indirettamente, attraverso l’utilizzazione dei loro derivati (carne, latte, uova, ecc.). Per la mela il discorso è diverso e sarebbe il primo prodotto dopo il “pomodoro che non marcisce” (eliminato dal mercato poiché sembra avesse un forte sapore metallico- di alluminio) ad essere destinato ad alimentazione diretta umana. Il nostro consumatore già non si fida degli OGM destinati all’alimentazione umana, figuriamoci se si fiderà di quelli destinati alla sua diretta alimentazione e a quella dei suoi figli.
Ma c’è di più. Il nostro melicoltore dovrebbe abbandonare cultivar sicure, cultivar che finora gli hanno dato grandi soddisfazioni economiche per impiantare queste mele (costo di impianto e di allevamento delle piante dell’ordine di 50.000 euro/ha ), che cominceranno a produrre tra 4-5 anni e che produrranno delle mele delle quali non conosciamo le reali caratteristiche organolettiche o, quantomeno, come queste caratteristiche saranno percepite dal consumatore (potrebbero avere delle ottime caratteristiche organolettiche, ma solo perché OGM potrebbero comunque essere scartate dal consumatore). Da questo punto di vista abbiamo la “quasi certezza” che i consumatori, almeno quelli italiani, non ne compreranno una di queste mele.
Per l’agricoltore, melicoltore, esiste poi un altro problema. Queste mele saranno sicuramente brevettate, per cui il detentore del brevetto attiverà sicuramente dei contratti di coltivazione simili alla “Soccida” e attualmente adottati per l’allevamento animale e per talune particolari coltivazioni frutticole. E’ ovvio che in una situazione di questo tipo il valore aggiunto andrà nelle mani del proprietario del brevetto sulla mela e al nostro melicoltore, come al solito, non rimarrà nulla, o quasi.
Per il nostro Paese si pongono poi altri problemi, come per esempio quello di dare la possibilità a Paesi che non hanno strutture produttive, o che non hanno capacità professionali, di poter coltivare questa mela nel nostro Paese. Tale strategia è resa possibile dal brevetto, poiché il Paese estero potrebbe coltivare sulla base di “contratti simil Soccida” la mela nel nostro Paese, per poi commercializzarla nei Paesi limitrofi al nostro. E’ ovvio che questa mela farà concorrenza alle nostre mele e, questo, non è sicuramente un vantaggio per i nostri melicoltori e per la nostra economia.


E se invece di fare la “mela che non marcisce” educassimo i bambini, dicendo loro che la mela sbucciata che dopo qualche minuto diventa un pò neruccia è ugualmente buona come l’altra?


sabato 14 febbraio 2015

Non è vero che se coltivassimo piante OGM saremmo in grado di fare a meno delle importazioni di mangimi.


Non è vero che se noi approvassimo per la coltivazione le piante OGM saremmo in grado di fare a meno delle importazioni di mangimi, in quanto i nostri costi di produzione sono molto più elevati di quelli dei Paesi esportatori di soia e di mais e, pertanto, le nostre importazioni non calerebbero di un grammo. Anzi, in relazione al fatto che saremmo concorrenti con gli stessi prodotti, l’importazione di materie prime/mangimi OGM sarà inevitabile.

Pertanto, è vero che importiamo 8 milioni di tonnellate di soia e di mais e che la soia importata è per la gran parte OGM, ma questo non vuol dire che se noi approvassimo le coltivazioni OGM queste importazioni automaticamente diminuirebbero! Occorre ricordare che noi siamo “costretti” ad importare soia perchè abbiamo esportato macchinari e altri prodotti industriali e abbiamo ricevuto in cambio 8 milioni di tonnellate di prodotti agricoli …………. e queste importazioni, purtroppo, deprimono i nostri prezzi interni, i nostri agricoltori non guadagnano, abbandonano le aziende agricole di collina e di montagna, con i conseguenti problemi di dissesto idrogeologico, e stanno zitti!

Pertanto, come qualcuno vuole farci credere, non è vero che il nostro Paese potrebbe risparmiare 2,2 miliardi di euro, è la solita "mezza verità"! Purtroppo, ancora una volta, la verità è un’altra, poiché il nostro Paese, vuoi perché utilizza questo mais e questa soia come forma di pagamento di altri beni esportati, vuoi perché non ha le condizioni pedoclimatiche ottimali per la coltivazione di soia, vuoi perché l’agricoltura dei territori marginali di collina e di montagna non è più competitiva, per cui è stata abbandonata, ecc. non potrà mai azzerare questa spesa……….. che non è una vera e propria spesa, ma costituisce un unico mezzo di pagamento dei prodotti industriali esportati (“o mangiar questa minestra o saltar dalla finestra”). Se non accettassimo come pagamento questi prodotti agricoli offerti dai Paesi importatori delle nostre esportazioni, con ogni probabilità non esporteremmo tanti altri prodotti industriali.

Tanto per rendercene conto, di seguito saranno riportati alcuni dati relativi ai flussi di import-export da alcuni Paesi. Trattasi solo di esempi, e come tali devono essere considerati, e vogliono esclusivamente evidenziare che a fronte di una esportazione di prodotti meccanico/tecnologici/moda (prodotti industriali), il nostro Paese accetta in pagamento prodotti agricolo/alimentari (i dati sono ufficiali e sono del Ministero dello Sviluppo Economico e si riferiscono all'anno 2012).

ESPORTAZIONI ITALIANE (1.019 milioni di euro), principali prodotti esportati
-          Macchine per impiego speciale (90 milioni di euro)
-          Macchine per impiego generale (35 milioni di euro)
-          Medicinali (32 milioni di euro)
-          Parti di Autoveicoli, motori, ecc. (27 milioni di euro)

IMPORTAZIONI ITALIANE (1.025 milioni di euro), principali prodotti importati
-          Oli e grassi vegetali e animali (84 milioni di euro)
-          Prodotti di colture agricole permanenti (35 milioni di euro)
-          Carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne (22 milioni di euro)
-          Prodotti di colture agricole non permanenti (19 milioni di euro)
-          Pesce, crostacei e molluschi lavorati e conservati (18 milioni di euro)

ESPORTAZIONI ITALIANE (4.994 milioni di euro), principali prodotti esportati
-          Parti di Autoveicoli, motori, ecc. (408 milioni di euro)
-          Macchine per impiego generale (737 milioni di euro)
-          Macchine per impiego speciale (365 milioni di euro)
-          Altre macchine (203 milioni di euro)

IMPORTAZIONI ITALIANE (3.402 milioni di euro), principali prodotti importati
-          Prodotti di colture agricole permanenti (268 milioni di euro)
-          Pasta-carta, carta e cartone (259 milioni di euro)
-          Prodotti di colture agricole non permanenti (155 milioni di euro)
-          Carne lavorata e conservata e prodotti a base di carne (127 milioni di euro)

Altri esempi:


                                                                                                                
Qualcuno vuole farci credere che con gli OGM questa situazione potrebbe essere modificata in meglio? Personalmente credo, invece, che la situazione potrebbe modificare in peggio, poiché fin tanto che i consumatori richiederanno alimenti “Non OGM” noi agricoltori italiani saremo in grado di produrli e di rifornirli. Quando, invece, alimenti “OGM” e alimenti “Non OGM” saranno considerati la stessa cosa (ma non sono la stessa cosa!), per noi gli spazi di manovra saranno finiti e compreremo ad un prezzo più basso tutto dall’estero. Devo dire che anche come consumatore non sarei molto contento.

Sacrificare l’agricoltura a favore dell’industria è un bene o un male? E’ una domanda importante, che richiede una risposta altrettanto importante, poiché l’agricoltura nel nostro Paese svolge funzioni che vanno al di là della semplice produzione di alimenti sani e di buona qualità. La nostra agricoltura è importante per il paesaggio, per l’assetto idro-geologico del territorio, per la tutela della flora e della fauna, per le attività indotte, ecc. Il nostro Paese potrà rinunciare alle esternalità prodotte dall’agricoltura? Il nostro Paese potrà rinunciare alle nostre produzioni alimentari di qualità? Il nostro Paese potrà rinunciare all’agricoltura? Non credo proprio.  


In definitiva, non è tutto così semplice. E’ vero che importiamo una parte (20%), non tutti, dei mangimi che utilizziamo, ma è anche vero che saremmo in grado di produrceli, ma ci sono altre motivazioni che ci impediscono di farlo, non certo la mancata adozione degli OGM.

venerdì 13 febbraio 2015

Coesistenza, uno studio tedesco individua in chilometri la distanza per evitare l'inquinamento ambientale di altri campi coltivati non OGM.

Deposizione di polline di mais in relazione alla distanza dalla sorgente di polline più vicina - risultati di 10 anni di monitoraggio (2001 al 2010)

Frieder Hofmann, Mathias Otto e Werner Wosniok

Pubblicato su Scienze Ambientali Europe 2014, 26:24 doi: 10,1186 / s12302-014-0024-3


Riassunto
Informazioni sulla dispersione del polline è essenziale per la valutazione del rischio e la gestione degli organismi geneticamente modificati (OGM) come il mais Bt. Sono stati analizzati i dati sulla dispersione di polline di mais in 216 siti in Germania, Svizzera e Belgio dal 2001 al 2010. Tutti i dati sono stati raccolti utilizzando lo stesso metodo di campionamento standardizzato. Le distanze tra sito di campionamento e il campo di mais vicino variavano all'interno del campo di 4,45 km.

Risultati
La deposizione di polline di mais è negativamente correlata con la distanza dalla fonte di polline più vicino. La più alta deposizione di polline è all'interno del campo, ma deposizioni di diverse migliaia di pollini per metro quadro sono stati registrati nel campo di chilometri. Un modello di funzione di potenza ha descritto più accuratamente la relazione tra il deposito e la distanza dalla fonte di polline più vicina, piuttosto che il modello esponenziale attualmente utilizzato nella valutazione del rischio nell'UE e di gestione, che sottovaluta l'esposizione per le distanze superiori a 10 m. L'analisi di regressione ha confermato l'alto significato del rapporto di potere. La grande variabilità nel polline di deposizione ad una data distanza riflette le influenze di direzione del vento e di altre condizioni meteorologiche e del sito. Variazioni plausibili dei valori singoli e del predetto media pollini ad una data distanza sono stati espressi da intervalli di confidenza.

Conclusioni

Il modello qui descritto permette stime di polline di deposizione in funzione della distanza dal campo più vicino; quindi, sarà prezioso per la valutazione del rischio e la gestione degli OGM. I nostri risultati indicano che zone cuscinetto dell’ordine del chilometro sono necessari per prevenire l'esposizione nociva di organismi non bersaglio agli OGM.