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venerdì 22 agosto 2014

L’Italia apre agli OGM. Quali sarebbero gli scenari futuri più probabili?

L’Italia, come tutti sanno, ha sempre contrastato gli OGM in campo agricolo. Fatto, direi, incontestabile. Supponiamo per un attimo che il nostro Paese apra alla possibilità di poter coltivare OGM, in un mercato in cui non ci sia né l'etichettatura degli alimenti OGM in quanto tali, né l’etichettatura dei derivati da OGM (carne, latte, uova, ecc.).

Gli scenari, molto brevemente, potrebbero essere i seguenti, in successione:

- sul mercato si avrà un unico prezzo per la materia prima OGM e per quella convenzionale e, pertanto, in relazione ad un seppur minimo abbassamento del costo di produzione, gli agricoltori ricorreranno massicciamente alle sementi OGM;

- le grandi aziende agricole di pianure utilizzeranno massicciamente gli OGM, in quanto consentono una seppur minima riduzione del costo della manodopera, in relazione alla possibilità di semplificare talune operazioni colturali (diserbo e trattamenti insetticidi);

- le aziende agricole di collina e di montagna, che non otterranno grandi vantaggi dall'utilizzazione degli OGM, in quanto queste piante per aumentare la produttività hanno comunque bisogno di terreni fertili e di acqua, saranno ulteriormente svantaggiate da questa innovazione tecnologica, poichè non potranno competere sulla base dei bassi costi con le aziende agricole di pianura;

- la diminuzione di competitività delle aziende agricole di collina e di montagna determinerà esodo rurale da questi territori, con tutte le conseguenze del caso, legate a fenomeni di dissesto idrogeologico;

- il massiccio ricorso a sementi OGM determinerà la completa scomparsa dell’industria sementiera nazionale e la completa dipendenza dall’estero per la fornitura di sementi, con tutti i problemi connessi alla produzione delle sementi e all’autoapprovvigionamento alimentare, in quanto non si può consentire che la nostra agricoltura dipenda dall'estero per le sementi;

- i costi di produzione agricoli italiani, anche con gli OGM e soprattutto per le aree marginali di collina e di montagna (e di collina e di montagna in Italia ce n’è tanta), sarebbero comunque decisamente superiori a quelli del mercato globalizzato. Solo alcune aree di pianura particolarmente vocate, e a fronte di una intensificazione dei processi produttivi e/o di sfruttamento dell’ambiente, potrebbero competere con il mercato globale;

- esodo rurale dalla collina e dalla montagna, in relazione al fatto che gli OGM sono più favorevoli alle aree di pianura (secondo i dati degli ultimi Censimenti agricoli il numero di aziende agricole è diminuito del 50% in collina e del 60% in montagna);

- aggravamento dei fenomeni di dissesto idrogeologico in relazione all’abbandono della collina e della montagna;

- nonostante gli OGM, i prezzi interni delle materie prime agricole sarebbero comunque mediamente superiori a quelli mondiali, in relazione al fatto che il costo dei nostri fattori produttivi è superiore a quello mondiale e in relazione al fatto che abbiamo “Regole produttive” che altri Paesi non hanno (Legge nitrati, tutela del lavoro minorile, sicurezza del lavoro, limiti nell’uso di determinati antiparassitari, ecc.);

- le importazioni crescerebbero enormemente e raggiungerebbero soglie vicino al 100% per tutte le materie prime agricole. Probabilmente noi potremmo rimanere competitivi con frutta e ortaggi, a meno che i “Geni degli OGM” non facciano ortaggi e frutta OGM resistenti al freddo, o con minor fabbisogno di freddo, o a quant’altro……in questo caso potremmo assistere ad una delocalizzazione della produzione, così come è già avvenuto, per altre motivazioni, con il melo, con il riso, ecc. E’ anche vero che i nostri agricoltori, nel caso in cui fossero create, potrebbero iniziare a produrre caffè, banane e ananas a “Chilometro zero”, con tutti i vantaggi legati alla produzione e distribuzione del cibo;

- ovviamente, diminuirebbe il grado di autoapprovvigionamento alimentare del nostro Paese, con tutti i problemi del caso;

- in termini generali aumenteranno i nostri problemi relativamente al mantenimento di una agricoltura vitale sul territorio e al reperimento di alimenti …….. e questo per un Paese non è auspicabile ………………  la sicurezza alimentare è un bene troppo prezioso per la collettività, poiché per impostare una “Robusta Agricoltura” sul territorio, c’è bisogno di grandi capitali e di tanto tempo.

Se qualcuno pensa che la nostra Agricoltura possa competere con gli OGM con la Globalizzazione dei Mercati, allora, forse, non ha ben presente come funziona un mercato che negli ultimi anni è stato modellato e fatto su misura per gli OGM. Di seguito la cronistoria degli avvenimenti, che hanno portato alla creazione di un mercato dei prodotti agricoli fatto "a misura degli OGM":

-         1) Eliminazione dei sussidi all’agricoltura (disaccoppiamento), che ha determinato una certa flessione delle produzioni;

-         2) Brevetto sul materiale biologico (sementi);

-         3) Accettazione della "Sostanziale equivalenza" (che cosa sia nessuno è in grado di comprenderlo pienamente) degli alimenti OGM nei confronti di quelli convenzionali;

-         4) Tecniche agricole diverse per i diversi Paesi che partecipano al mercato internazionale. Tecniche agricole che molto spesso da noi non sono consentite (nessuna limitazione nell'uso dei concimi e degli antiparassitari, sfruttamento del lavoro, assenza di burocrazia e di norme igieniche, ecc.). Per l’Italia è come partecipare ad un incontro di box con le mani legate;

-         5) Libero mercato tra i diversi Paesi, senza alcuna forma di protezione;

6) Migliaia di aziende agricole che chiudono.

Cos'hanno fatto di male gli agricoltori per meritarsi tutto questo?

giovedì 21 agosto 2014

Non è vero, come dice la Cattaneo, che l’intera mangimistica italiana si basa sull’uso di materia prima OGM!

Ogni tanto i sostenitori degli OGM, spesso scienziati di chiara fama che vivono nel loro laboratorio di chimica o di genetica e non hanno mai visto un campo coltivato, affermano che “l’intera mangimistica italiana si basa sull’uso di derivati di OGM", pertanto, secondo loro,  è ipocrita vietare la coltivazione di piante OGM in Italia e consentire allo stesso tempo l’importazione del mangime OGM ottenuto da queste stesse piante. Purtroppo per loro,che utilizzano questo argomento per sponsorizzare gli OGM,  non è vero che l’alimentazione del nostro bestiame dipenda per intero dall’importazione di alimenti OGM, ma è vero che importiamo solo il 20% circa del nostro fabbisogno, che il mangime OGM è rappresentato quasi esclusivamente da soia e che non possiamo evitare queste importazioni, in relazione al fatto che provengono da Paesi che  hanno questa unica moneta per pagare le nostre esportazioni di prodotti industriali.

Per gli “addetti ai lavori” è risaputo che nell'allevamento animale non vengono utilizzati solo alimenti di importazione, ma vengono utilizzati una miriade di prodotti ottenuti dalla nostra agricoltura che, come è risaputo, non è OGM. In particolare, i mangimi per uso zootecnico non sono costituiti solamente da "mangimi concentrati", ma sono composti anche da:

- foraggi verdi o secchi (fieno, insilati)
- radici, tuberi, semi o frutti vari (fave, lupini, orzo, castagne, carrube, ghiande)
- sottoprodotti dei cereali (pule, crusche, stocchi di mais)
- sottoprodotti dello zucchero (melassa, polpa di barbabietola)
- sottoprodotti di carni o di pesce.

Il mangime cosiddetto "concentrato", ottenuto con miscele di prodotti di importazione che possono essere OGM, è costituito da miscugli di cereali, legumi e altri mangimi semplici. Indicativamente un mangime concentrato contiene farine di cereali (30-80 %), di legumi (10-20%), integratori minerali e vitaminici (30-40 grammi per kg) e diversi sottoprodotti delle industrie molitoria e degli zuccherifici. Questi prodotti concentrati vengono realizzati dalle industrie mangimistiche, che si approvvigionano delle materie prime in Italia e all'estero.

Pertanto il nostro Paese produce ancora una grande quantità di mangimi, che non sono costituiti solo da mais, da soia, da colza, ecc. di origine transgenica e comprendono tanti altri prodotti (erba medica, sorgo, loietto, pisello proteico, veccia, mais ceroso, ecc.), che non sono certamente "OGM”. Secondo una specifica indagine della Commissione Europea, nell’Unione Europea il foraggio verde rappresenta circa metà della quantità totale dei mangimi consumati. È ottenuto direttamente da terreni a pascolo, oppure tagliando e conservando prati e pascoli permanenti o temporanei e foraggi annuali o pluriennali (erba medica, trifoglio, mais da insilato, eccetera)........... vedi pag. 4 del seguente link


Anche considerando solo “i cereali, i semi oleosi e le farine proteiche” utilizzati dall'industria mangimistica per la produzione di "mangimi concentrati" (costituiti per la gran parte da soia, mais, colza e cotone, che potrebbero essere di origine OGM), il nostro Paese importa circa il 45% delle sue necessità e non il 100% come i sostenitori degli OGM lasciano intendere.

images.lab-to.camcom.it/f/seminari/Ga/Galli.pps

Occorre poi tener presente che nei dati precedenti non è presente la produzione italiana di sorgo, di avena, di erba medica, di lupinella, di festuca, di loiessa, di loglio perenne, di mais da foraggio, di mais insilato integrale, di sulla, di trifoglio bianco, di trifoglio pratense e di  leguminose da granella, quali favino,  pisello da foraggio (Pisum arvense), pisello proteico (Pisum sativum) e veccia, tutte piante destinate per la quasi totalità alla produzione di mangimi. Così come non è presente l'erba che i nostri animali mangiano nei pascoli degli alpeggi.

Se, tra questi prodotti, avessimo considerato la sola produzione di erba medica (25 milioni di tonnellate), della quale, anche in relazione alla produzione di Parmigiano Reggiano, l'Italia è il primo Paese produttore nella UE con circa 900.000 ettari coltivati, avremmo scoperto che il rapporto "alimenti necessari/importazione" sarebbe sceso al 25% circa.

http://users.unimi.it/agroecol/pdf/bocchi/alpicoltura/erba_medica_2009.pdf

Occorre, inoltre, considerare che per il mais le importazioni rappresentano il 20% del fabbisogno nazionale, mentre solo per la soia questa quota raggiunge quasi il 90%. Per la soia, proveniente per la gran parte dagli USA, dal Brasile e dall’Argentina è vero che per la gran parte essa è OGM. Mentre per il mais questo non è vero, poiché  oltre il 90% di questo mais importato è di origine comunitaria, per cui, con ogni probabilità , non è OGM! 


Pertanto, in conclusione, “non è vero che l'intera mangimistica italiana si basa sull'uso di derivati OGM, ma è vero che è un'aliquota intorno al 20%. Tutto sommato pochissimo, soprattutto se pensiamo che gran parte di queste importazioni sono attuate come contropartita per le nostre esportazioni di prodotti industriali! Il nostro Paese potrebbe vietare queste importazioni? Probabilmente no! Poichè non accettare queste importazioni, con ogni probabilità, significherebbe andare contro gli accordi di libero scambio del WTO e significherebbe non esportare tanti altri prodotti industriali.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2013/12/le-importazioni-di-alimenti-sono-la.html

Per quanto attiene al mais, al fine di ottenere un miglioramento dell'autosufficienza nazionale, sarebbe sufficiente un modesto aumento del prezzo di mercato per consentire un ampliamento delle superfici coltivate, prezzo di mercato che negli ultimi anni si è notevolmente abbassato anche a causa delle importazioni da Paesi che riescono a produrre a costi decisamente più bassi dei nostri. Purtroppo, negli ultimi anni molte aree produttive di collina e di montagna del nostro Paese sono state abbandonate a causa della flessione dei prezzi di mercato ……… in pratica, l’attuale prezzo di mercato del mais, anche a causa della presenza sul mercato di mais OGM,  non copre completamente il costo di produzione delle aree di collina e di montagna. Pertanto, essere favorevoli al mais OGM significa favorire l'agricoltura di pianura a scapito, ancora una volta, dell'agricoltura di collina e di montagna, favorendo così l'esodo rurale dai territori marginali, con effetti disastrosi all'assetto idrogeologico del territorio.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2014/06/motivazionidiverse-da-effetti-sulla.html

Per la soia il discorso è diverso, in quanto vi  sono motivazioni agronomiche che limitano la produzione interna……..in pratica nel nostro Paese, soprattutto nel Centro-Sud, non ci sono condizioni produttive ottimali da un punto di vista pedoclimatico. A sostegno di queste affermazioni è possibile osservare l'andamento delle produzioni di soia nel nostro Paese (fino al 1992, anno di introduzione del disaccoppiamento, la produzione di soia era dell'ordine di 2 milioni di tonnellate ...... oggi la produzione di soia in Italia si è ridotta a 500 mila tonnellate).

ftp://ftp.elet.polimi.it/users/Alessandra.Gragnani/MCSA2/Soia.pdf

...... il  grafico precedente si ferma al 2005, ma negli anni successivi la produzione di soia in Italia si è mantenuta sulle 500 mila tonnellate, molto distante dai 2 milioni di tonnellate dei primi anni '90.

Pertanto, anche se fosse introdotta la coltivazione della soia RR, il nostro Paese non potrebbe competere con le produzioni americane, brasiliane o argentine, che sono ottenute con un costo di produzione decisamente inferiore al nostro ………… conseguentemente, anche nel caso in cui nel nostro Paese fosse liberalizzata la coltivazione di soia OGM, non aspettiamoci forti incrementi delle superfici coltivate ………. le importazioni non diminuiranno. Interessante come apporto proteico in zootecnia potrebbe essere la sostituzione della soia con erba medica, così come evidenziato da alcune associazioni di categoria........... sarebbe un bene per la nostra agricoltura e sarebbe un bene per le generazioni future, poichè l'erba medica è una pianta miglioratrice della struttura, della tessitura e del contenuto nutrizionale del terreno.

http://www.cialombardia.org/documenti/produzioni_vegetali/proteine_vegetali_ott09.htm

http://www.associazioneforaggi.it/alimentazione-animale.html

         Purtroppo la dipendenza del nostro Paese nei confronti delle importazioni di mangimi è in aumento. In particolare, il nostro Paese, da quando ha deciso di essere un Paese industriale, ha sacrificato l’agricoltura a favore dell’industria e, pertanto, esporta prodotti industriali e riceve in cambio prodotti agricoli (nel Commercio Internazionale vige ancora il baratto, poiché molti Paesi non hanno dollari o euro con i quali pagare i fornitori e ci pagano con quello che hanno, molto spesso prodotti agricoli). Pertanto, per un Paese industriale come l’Italia, spesso, è necessario importare prodotti agricoli se vogliamo esportare prodotti industriali. Importazioni che provengono da Paesi che non hanno le nostre regole produttive, per cui hanno prezzi decisamente più bassi dei nostri. Tutto questo deprime il prezzo delle derrate agricole nazionali e i nostri agricoltori non guadagnano, abbandonano i territori marginali, stanno zitti e noi paghiamo i disastri ambientali prodotti dal dissesto idrogeologico del territorio.

         Che l’agricoltura nel nostro Paese sia in crisi è un fatto accertato, ma non è colpa della mancata adozione degli OGM. Secondo i dati dei diversi Censimenti dell’agricoltura, gli agricoltori in 10 anni sono passati da 2,5 milioni a 1,5 milioni e le aziende agricole sono diminuite del 50% in collina e del 60% in montagna.

http://www.istat.it/it/files/2012/12/PresentazioneGreco.pdf

 Questo, ovviamente, non vuol dire nulla in termini produttivi, poiché, pur in presenza di un minor numero di agricoltori,  il terreno coltivato potrebbe essere rimasto lo stesso e la produzione potrebbe essere rimasta costante. I terreni coltivabili sono sicuramente diminuiti a causa della loro utilizzazione per scopi non agricoli (aree edificabili, strade, aeroporti, ecc.). Ma tale evoluzione del numero di agricoltori è sintomatica di quello che sta accadendo in agricoltura, ovvero che il reddito per unità di superficie si sta abbassando, per cui molti agricoltori sono costretti ad abbandonare la loro piccola azienda agricola, che non è più in grado di fornire un reddito adeguato. Perché? Molto semplicemente perché la dinamica dei prezzi dei prodotti agricoli non ha seguito la dinamica dei costi di produzione (ad un aumento dei costi di produzione agricoli, non ha fatto seguito un analogo aumento dei prezzi di vendita dei prodotti agricoli) e, pertanto, i redditi agricoli si sono enormemente abbassati.

A questo punto la domanda potrebbe essere: perché i prezzi agricoli nel nostro Paese non hanno seguito la dinamica dei costi di produzione? Cerchiamo di dare una delle tante risposte.
     Una delle tante motivazioni che hanno determinato questa situazione, a mio parere tra le più importanti, è sicuramente dovuta alla forte concorrenza esercitata sul mercato interno dal prodotto di importazione, che determina un  "forzato" abbassamento dei nostri prezzi interni (prodotto nostrano e prodotto di importazione competono sullo stesso mercato e, pertanto, i prezzi tendono a coincidere). Prodotto di importazione che a volte proviene da Paesi che attuano forme di dumping diverse dal dumping sul prezzo, per cui è caratterizzato da un prezzo molto vantaggioso rispetto ai nostri prezzi interni. Prodotto di importazione che spesso, è “forzatamente importato” dall’Italia come contropartita di altre esportazioni italiane (soprattutto prodotti industriali). A questo riguardo occorre ricordare che nel Commercio Internazionale vige ancora il baratto e, pertanto, le esportazioni di un determinato prodotto verso un Paese, sono pagate con l'importazione di altri prodotti ottenuti da questo stesso Paese.

     In merito al primo punto (Dumping), è risaputo che spesso le nostre importazioni provengono da Paesi che non adottano il nostro sistema sociale/produttivo/economico. Per farla molto breve, si tratta di Paesi che non hanno le nostre regole produttive, che non hanno i nostri costi sociali, che non hanno i nostri costi burocratici, ecc. e che, pertanto, sono in grado di produrre a costi agricoli decisamente inferiori ai nostri. L’importazione di alimenti da questi Paesi a prezzi contenuti determina sicuramente una concorrenza per il prodotto nazionale ed i prezzi agricoli interni tendono ad una diminuzione. Da un punto di vista generale, occorre essere consapevoli del fatto che nel Commercio Internazionale le Bilance dei Pagamenti dei diversi Stati che vi partecipano, devono essere nel limite del possibile in pareggio (per un Paese si avrebbero problemi economici di svalutazione interna, di effetti sul tasso di cambio della moneta, ecc. sia nel caso di un forte sbilanciamento negativo, sia nel caso contrario di un forte sbilanciamento positivo). Ecco allora che l’Italia, che notoriamente produce alimenti di altissima qualità, ma che non è certo un Paese agricolo (meno del 2% del PIL), quando esporta macchinari, medicinali, autoveicoli, elettrodomestici, abbigliamento, ecc. è costretta ad accettare qualcos’altro come pagamento e questo qualcos’altro molto spesso è costituito da prodotti agricoli. Ecco allora che, in termini generali, potremmo affermare che, pur di sostenere le esportazioni di prodotti industriali e, conseguentemente, pur di sostenere la nostra industria, siamo disposti a sacrificare l’agricoltura. E' un bene o è un male?


In parole molto povere “i nostri agricoltori producono ai costi italiani/europei e vendono ai prezzi mondiali” …….. non ce la possono fare!

lunedì 18 agosto 2014

Quando ad essere contro gli OGM è il Preside della Facoltà di Economia di Trento

A Vallarsa, piccolo comune trentino vicino a Rovereto, da marzo scorso è stato approvato un regolamento comunale, che prevede che le aziende agricole che non adottano metodi biologici, debbano dimostrare di non utilizzare prodotti dannosi per l’ambiente. Una misura di portata storica, che inverte l’onere della prova: secondo la normativa europea/nazionale, infatti, le aziende biologiche, che attuano pratiche agricole più sostenibili, devono certificarsi – con conseguenti costi aggiuntivi – mentre le fattorie convenzionali possono usare qualunque tipo di prodotto inquinante, senza alcuna richiesta di trasparenza nei confronti della collettività.


A Vallarsa il sindaco Geremia Gios, preside della Facoltà di Economia dell’Università di Trento, ha invertito la rotta, con un regolamento che detta regole precise per le attività agricole e zootecniche. L’agricoltore convenzionale deve certificare le sostanze che utilizza, in quali quantità e con quali modalità, garantendone l’assenza di diffusione al di fuori dei propri terreni. Certificazione non significa, si badi bene, autocertificazione: come si legge nel regolamento comunale, i prodotti chimici usati dovranno essere certificati “da organismi scientifici e/o tecnici di livello nazionale o internazionale”, oppure dovranno essere “conformi alle disposizioni e modalità esecutive indicate da Enti pubblici sovracomunali e/o organismi tecnici di comprovata esperienza sulla base di indicazioni di organismi scientifici di adeguato livello”. In mancanza di una certificazione, l’agricoltore dovrà sottoscrivere una fideiussione “a favore del Comune di Vallarsa, quale garante di tutta la popolazione e delle generazioni future” o un’assicurazione per il rischio di eventuali danni a terzi che potrebbero derivare dall’immissione nell’ambiente di sostanze tossiche che lui stesso utilizza. In particolare, quest’ultima dovrà essere una “polizza assicurativa per responsabilità civile dell’assicurato per il risarcimento di spese e danni cagionati a terzi in conseguenza dell’inquinamento causato dall’attività di coltivazione e/o allevamento dichiarata e svolta nello stabilimento. La polizza assicurativa deve coprire un periodo di almeno dieci anni a partire dall’anno in cui avviene la coltivazione o l’allevamento per le coltivazioni standard e venti anni per coltivazioni ed allevamenti con utilizzo di OGM”. Una commissione comunale controlla quanto dichiarato dalle aziende e in caso di inadempienza scatta la sanzione amministrativa di 152 euro al mese per ogni ettaro”.

http://www.greenews.info/rubriche/geremia-gios-e-linversione-dellonere-della-prova-dimostrami-che-non-inquini-20140730/

giovedì 14 agosto 2014

Nessun consenso scientifico sulla sicurezza degli OGM

Da parte di alcuni scienziati, non c'è alcun consenso scientifico sul fatto che le piante e gli alimenti OGM non abbiano alcun effetto sulla salute umana e sull'ambiente. In particolare, vengono criticate le modalità attraverso le quali Organismi indipendenti di carattere pubblico giudicano positivamente le piante OGM sulla base delle ricerche condotte dalle stesse ditte private che le hanno brevettate. Ancora molto c'è da fare!

http://www.ensser.org/increasing-public-information/no-scientific-consensus-on-gmo-safety/

http://www.greenews.info/pratiche/ogm-buiatti-dire-che-sono-sicuri-non-e-scontato-valutazioni-per-immetterli-sul-mercato-non-imparziali-20140806/

16 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina…….risposta n. 16 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
non pensavo di farcela, ma siamo alla fine. Come al solito mi dispiace del fatto che utilizzi toni da inquisitore, ma pazienza. Insisto ancora nel dirle che, in relazione al fatto che molto probabilmente non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro. Mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc. Purtroppo questo approccio olistico i suoi suggeritori non lo possiedono, per cui le fanno fare delle figure quantomeno discutibili.

DOMANDA N. 16 - Le propongo infine un'analogia, certo un po' forzata, ma per dare l'idea. Essendo ministro di un Governo di centro-sinistra, non ritiene inappropriato occuparsi solo di quel 2% della popolazione che può vestirsi in cashmere (e nutrirsi del costoso, non sostenibile e non salvifico “biologico”), disinteressandosi del fatto che il resto dei cittadini abbia almeno della lana a disposizione?


RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 16 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,  provi a “girare” la Sua domanda in un altro modo, ovvero, “vuole con gli OGM creare una sorta di proletariato alimentare, per cui i ricchi continueranno a mangiare un prodotto sicuro da un punto di vista nutrizionale (alimento biologico), mentre i poveri, pur in presenza di rischi alimentari/nutrizionali, saranno costretti a mangiare OGM, solo perché gli alimenti OGM avranno un prezzo inferiore?” Del resto questa è una strategia già applicata dai sostenitori del Capitalismo ……. In assenza di un aumento dei salari, una diminuzione del prezzo degli alimenti (quali alimenti? gli OGM?) può determinare un aumento del reddito reale dei lavoratori (se lo faccia spiegare dal Suo amico corbellini). Pertanto gli OGM potrebbero essere visti come uno strumento nelle mani dei capitalisti, per nutrire la forza lavoro senza aumentare i salari,   mantenendo così inalterati i loro profitti e l'accumulazione di capitale. Come vede, gli OGM non sono certo uno strumento idoneo a politiche di sinistra, come Lei vorrebbe far apparire …….  Anzi, fanno parte di quegli  strumenti economici che determinano un aumento del reddito da capitale a scapito del reddito da manodopera ……….. una strategia da sempre applicata dai movimenti che preferiscono il capitale alla manodopera.

Personalmente, sarei per applicare il “Principio di precauzione” anche per le piante ottenute per mutazione indotta, così come per gli OGM, poiché l’introduzione di nuovi geni determina degli effetti metabolici nella pianta che vanno a modificare le caratteristiche alimentari del cibo ottenuto. Purtroppo, questo elemento non è mai apparso dalle Sue domande, poiché al contrario di quanto affermano taluni sostenitori degli OGM, le caratteristiche nutrizionali delle piante OGM cambiano rispetto a quelle convenzionali. Per esempio ci sono specifiche ricerche che ci dicono che il “mais Bt” ha un maggior contenuto di lignina, mentre altre ricerche ci dicono che il “pomodoro arricchito di vitamina A”, ha un minor contenuto di licopene. In particolare, specificamente  per gli OGM, il prof. Dulbecco in una intervista a “La Repubblica”  ci fa notare che:

L’eliminazione di geni, uno per volta, è già stata ottenuta in organismi unicellulari mostrando che un certo numero di geni può essere eliminato anche dagli organismi più semplici, permettendone egualmente la sopravvivenza. Alcuni dei risultati ottenuti in esperimenti di questo genere hanno una particolare importanza per il nuovo progetto Venter-Smith. In un esperimento, per esempio, si è aggiunto, anziché eliminarlo, un gene ad un’alga unicellulare.
L’alga originaria era fotosintetica, cioè otteneva energia dalla luce solare, e l’usava per produrre gli zuccheri che sono necessari per la sua esistenza; dopo l’introduzione del nuovo gene, perse l’attività fotosintetica e cominciò ad usare gli zuccheri presenti nell’ambiente, anziché fabbricarli dentro di sé. Perciò il nuovo gene causò una profonda perturbazione dell’operazione di altri geni. Questo effetto non è sorprendente. Ci sono molti esempi che dimostrano una connessione tra le funzioni di geni apparentemente indipendenti. Per esempio, coi metodi oggi a disposizione è possibile determinare il grado di attività di tutti i geni in una cellula; ed è stato dimostrato che introducendo un nuovo gene in una cellula, la funzione di un gran numero di altri geni viene alterata. Eliminare un gene avrà, presumibilmente, conseguenze simili. Ciò è molto importante per il nuovo progetto: non è sufficiente introdurre un gene nell’organismo per determinarne l’effetto, che invece dipende da quali altri geni sono già presenti. Perciò bisognerà determinare l’effetto di un gene su organismi contenenti diversi gruppi di geni, il che complicherà le cose.
È chiaro perciò che l’esperimento proposto, apparentemente abbastanza semplice, incontra grandi difficoltà nell’applicazione a organismi viventi. Bisogna pensare che gli organismi oggi esistenti sono il risultato di una evoluzione che è durata milioni di anni, durante la quale tutti questi problemi, ed altri ancora, sono stati incontrati e risolti con molti tentativi. Oggi è possibile imitare l’evoluzione nel laboratorio, usando organismi molti semplici, ma è sempre un problema serio.
Si parla molto dei possibili pericoli degli esperimenti. Certo, questa è una grande incognita. Vengono prese alcune precauzioni, che sembrano molto valide, ma che si basano sulle nostre attuali conoscenze; sarà così anche con le novità che possono derivare dall’esperimento? Nessuno lo sa. Nel passato, ci sono stati molti casi in cui i risultati sono andati oltre le aspettative. L’importante sarà essere molto cauti durante lo svolgimento del lavoro, considerare ogni risultato imprevisto come un pericolo, e valutarlo in modo appropriato.”


Gent. Sen. Cattaneo, colui che Le ha suggerito questa domanda l’ha utilizzata per far credere alla gente comune che vietare gli OGM sia una politica di destra. Ma, purtroppo, non è né di destra, né di sinistra, ma è una scelta dettata dal buon senso. Quello che non capisco è "perchè per sponsorizzare gli OGM bisogna sempre parlar male dell'Agricoltura Biologica?" Lasciamo poi stare il 2% (si riferisce al fatturato del biologico in Italia e non al numero degli acquirenti), che è un'aliquota sbagliata, in quanto i consumatori di alimenti biologici sono numericamente molti di più del 2%, poichè molto spesso solo una parte della loro alimentazione è biologica (io, per esempio acquisto solo latte, pasta, burro, uova e pomodoro biologici). Ma Lei ha mai visitato un’azienda agricola biologica? Ma si rende conto delle fatiche e dei rischi che deve affrontare un agricoltore biologico, che deve attuare una coltivazione in pieno campo senza utilizzare fitofarmaci di sintesi per non inquinare l'ambiente? Senza utilizzare fitofarmaci sistemici? Senza utilizzare concimi chimici? Un agricoltore che attraverso siepi a piante arboree cerca di mantenere una certa biodiversità. Un agricoltore che sperimenta sulla sua pelle tecniche produttive a basso impatto ambientale, che, se funzionano, vengono adottate anche dall’agricoltura convenzionale (trappole sessuali, confusione sessuale, Bacillus thuringiensis, ecc.)? Personalmente ritengo che la nostra Società dovrebbe dare a questi agricoltori un premio! 


 Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, ancora una volta, come vede, non è tutto così semplice. Occorre avere una visione olistica del problema e non soffermarsi, anche superficialmente, sugli effetti di breve periodo. Le consiglierei, se ritiene opportuno intervenire ancora sull’argomento, di continuare a studiare la problematica degli OGM in agricoltura, perché la materia non è così semplice come molto spesso si pensa. Se lo ritiene opportuno, in futuro potrò rispondere ad altre Sue gentili domande.

15 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina…….risposta n. 15 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
lo so sono ripetitivo, Lei, però, utilizza dei toni da inquisitore. Insisto ancora nel dirle che, in relazione al fatto che molto probabilmente non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro. Mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc. Purtroppo questo approccio olistico i suoi suggeritori non lo possiedono, per cui le fanno fare delle figure quantomeno discutibili.

DOMANDA N. 15 - Lei sostiene che l'Italia investe 700 milioni di euro per innovazione e ricerca agroalimentare. Può elencarmi le voci dei progetti che Le consentono di asserire che questa cifra è attendibile? Non vorrei che chi le ha fornito l'informazione si sia confuso con il costo degli stipendi di intere generazioni di scienziati (includendo anche i forestali calabresi?), colleghi a cui viene di fatto impedito di lavorare e innovare. Lei fa bene a pensare alla ricerca in Genomica che oggi è all'avanguardia, ma darà (forse) il suo ritorno applicativo tra almeno 10 o 15 anni. Oggi Lei sta pagando gli errori di chi l'ha preceduta e non ha investito in ricerca. Lei oggi deve confrontarsi con i milioni di tonnellate di Ogm che importiamo e con 14 anni di divieti agli Ogm che ci hanno messo in ginocchio e con una bilancia agroalimentare in rosso per 4-6 miliardi di euro l'anno. Vuole affrontare questo deficit, o deviare e parlare d'altro e restare in rosso per altri 15 anni?


RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 15 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,  anche la domanda n. 15 è composta di 3 domande e, purtroppo, è “farcita” di informazioni che solo Lei possiede…..o, forse, così come per la domanda n. 14, sono esclusivamente opinioni Sue personali, alle quali è difficile portare elementi di conoscenza.

In tema di OGM, così come del resto per altri ambiti scientifici di “frontiera”, siamo tutti d’accordo sul fatto che la ricerca non può essere fermata. Questo non significa, però, che essa possa essere effettuata liberamente, senza alcuna regola e senza adottare il “Principio di precauzione”. Soprattutto nel caso di ricerche che presentano, anche solo potenzialmente, effetti negativi per lo sviluppo sostenibile della nostra società e soprattutto nel caso in cui questi effetti siano irreversibili ed incontrollabili, così come per le piante OGM, occorre adottare regole che impediscano che questi eventi possano verificarsi.

Nel caso degli OGM, che presentano transgeni nucleari che possono originare inquinamento genetico, e soprattutto nella loro sperimentazione in campo aperto, occorre notevole “precauzione", poiché l’inquinamento genetico è per sua natura qualcosa di incontrollabile; una volta che determinati individui che hanno autonoma capacità di replicarsi sono stati immessi nell’ambiente, sarà molto difficile eliminarli. Pensi, per esempio, ad una sperimentazione in campo aperto con “colza RR”, che nel nostro Paese ha parentali selvatiche con le quali incrociarsi (per esempio senape selvatica). Cosa accadrebbe se il transgene dalla colza RR migrasse nella senape selvatica e da questa, in modo incontrollato, si diffondesse nell’ambiente? Esempi in questo senso sono rappresentati per il momento da alcuni animali, sicuramente dannosi per la nostra agricoltura e per il nostro benessere, regalo della globalizzazione dei mercati, che si sono diffusi nel nostro Paese, originando situazioni dannose per gli equilibri ecologici ambientali di alcuni territori (infantria, nutrie, scoiattoli, gamberi, pesce siluro, ecc.).

Anche le nuove piante transgeniche potrebbero dar luogo ad un inquinamento genetico di questo tipo, con un'aggravante però; mentre per gli animali sarebbe sostanzialmente semplice, anche se oneroso e cruento, risolvere il problema una volta accertato che essi sono dannosi per la salute dell’uomo e per l’ambiente, per le piante transgeniche, trattandosi di piante fenotipicamente identiche a quelle naturali, la risoluzione del problema sarebbe notevolmente più difficoltosa e dispendiosa, se non impossibile.

         In questo contesto appare necessario adottare il “principio di precauzione” e verificare preventivamente, attraverso lo sviluppo di specifiche ricerche, gli effetti che gli OGM possono determinare, con particolare riferimento agli elementi di sicurezza, di sostenibilità e di economicità per l’agricoltura del nostro Paese.
Da un punto di vista della sicurezza, è necessario che le produzioni transgeniche non si collochino ad un livello inferiore rispetto a quelle convenzionali in termini di salubrità, tracciabilità, qualità ed economicità.

Per quanto attiene alla salubrità, occorrerà dapprima chiarire gli effetti degli organismi transgenici sulla salute umana, sia da un punto di vista delle malattie che essi possono eventualmente indurre, sia da un punto di vista delle loro caratteristiche nutrizionali. Molti scienziati, infatti, concordano sul fatto che l’inserimento del transgene e la produzione della relativa proteina potrebbero dare origine a fenomeni di tipo allergico. Occorrerà, inoltre, verificare se risponde al vero l’eventualità che i batteri patogeni possano acquisire il marcatore che conferisce resistenza all’antibiotico utilizzato per selezionare le cellule che hanno ricevuto il transgene. Più in generale, occorrerà valutare attentamente tutte le interazioni che possono dare origine a fenomeni dannosi per la salute, sia nel caso di elevati livelli di singole somministrazioni, sia nel caso, più realistico per le sostanze alimentari, di basse somministrazioni che si protraggono nel tempo.

Un altro pericolo reale, soprattutto in relazione al fatto che la tecnologia necessaria per ottenere piante transgeniche è piuttosto semplice e alla portata di piccoli laboratori, potrebbe essere costituito dalla possibilità che piante transgeniche siano prodotte e commercializzate all’insaputa degli organismi  di controllo. Pertanto, occorrerà essere in grado di distinguerle nettamente da quelle “normali”, anche nel caso in cui non siano conosciuti i transgeni, i marcatori e i promotori. In questo ambito le ricerche potranno essere rivolte alla definizione di metodi di identificazione delle produzioni transgeniche.

Nell’ambito delle problematiche relative alla sicurezza per il consumatore, un ruolo di rilievo possono avere anche le ricerche tese ad evidenziare le caratteristiche organolettiche degli alimenti transgenici, che non devono essere diverse da quelle che caratterizzano le produzioni convenzionali. Soprattutto per il nostro Paese, nel quale le produzioni tipiche di qualità assumono un ruolo decisamente importante, questo elemento dovrà essere verificato attentamente prima di indirizzare la produzione agricola verso questa strada.

Da un punto di vista qualitativo, in relazione al fatto che attualmente siamo alle prime applicazioni di questa tecnologia, ci si può chiedere: che cosa accadrà quando nella stessa pianta saranno introdotti più transgeni (uno che conferisce resistenza ad un erbicida, un altro che conferisce resistenza agli insetti, uno che conferisce resistenza ai virus, un altro che conferisce resistenza alle batteriosi, un altro che conferisce resistenza alle micosi, un altro ancora che conferirà alla pianta resistenza al freddo o al caldo, alla siccità, ecc.)? Ci troveremo di fronte alla stessa pianta, con le stesse caratteristiche nutrizionali originarie, oppure sarà qualcosa di diverso? Ecco che la ricerca potrebbe verificare gli effetti e le interazioni sul prodotto finale conseguenti alla contemporanea presenza di più transgeni nello stesso organismo.

Per quanto attiene alla sostenibilità degli OGM, occorrerà preliminarmente considerare che il nostro Paese è caratterizzato dalla presenza di un gran numero di prodotti tipici, frutto di una continua selezione naturale e di un continuo affinamento delle tecniche di trasformazione, che rappresentano un vanto per la nostra agricoltura e per la nostra industria agro-alimentare. Le ricerche in questo ambito si rendono necessarie al fine di:

- impedire che entrino nel Paese organismi non voluti, che potrebbero determinare una variazione permanente delle caratteristiche qualitative delle nostre produzioni tipiche  (IGP, DOP, DOC, biologiche, ecc.). Per esempio, sarà necessario verificare se il “Parmigiano Reggiano”, ma così anche per le altre produzioni, mantiene le medesime caratteristiche organolettiche anche nel caso in cui per la sua produzione sia utilizzato latte proveniente da vacche alimentate con mangimi di origine transgenica (stessa cosa dicasi per il “Prosciutto di Parma” e per le altre produzioni tipiche);

- impedire che determinate scelte possano mettere in crisi la competitività della nostra agricoltura, soprattutto quella attuata nelle aree marginali, che, come è risaputo, svolge anche altre importanti funzioni che non sono esclusivamente legate alla produzione di derrate alimentari (paesaggio, assetto idrogeologico, tutela della flora e della fauna, ecc.);

- verificare gli effetti ambientali reali e potenziali degli organismi transgenici (impatti diretti e indiretti, effetti sulla flora, effetti sulla fauna,  effetti sul terreno, effetti sugli ecosistemi, effetti economici, ecc.), al fine di fornire una risposta univoca a quelli che attualmente sono i principali dubbi che caratterizzano l’applicazione di questa tecnologia.

In particolare, occorrerà verificare se risponde al vero che:

-         possano esserci delle interazioni tra le piante transgeniche e le loro parentali selvatiche, con la possibilità di trasferimento a queste ultime del transgene per la resistenza ai diserbanti, con conseguente creazione di “superinfestanti” resistenti esse stesse al diserbante (come per esempio può accadere tra Colza RR e senape selvatica);

-  vi possa essere la possibilità di trasferimento a piante parentali selvatiche del transgene per la resistenza agli insetti;

-  si abbia la selezione nel tempo di insetti resistenti alla tossina insetticida prodotta dal transgene nelle piante BT;

-  si possa avere un’azione della tossina insetticida anche nei confronti di insetti non bersaglio;

-  si possa avere un comportamento infestante delle PT resistenti al diserbante, con aggravamento delle problematiche agronomiche connesse al contenimento dei danni provocati dalle piante infestanti;

- si abbia una riduzione della biodiversità, in relazione alla forte specializzazione produttiva che accompagnerà la coltivazione di queste piante.
   
Di estrema importanza per il nostro Paese è anche la verifica degli effetti legati all’eventuale modificazione del paesaggio rurale, in relazione al fatto che la transgenesi potrebbe essere in grado di eliminare quelle limitazioni di carattere ambientale che oggigiorno impediscono la diffusione di determinate piante in ambiti territoriali a loro ostili (per assurdo si potrebbe pensare alla diffusione nel nostro Paese di coltivazioni di banane, di datteri, ecc.).
Per quanto attiene, infine, all’economicità, occorrerà verificare se le coltivazioni transgeniche rispondono o meno ad obiettivi di sviluppo sostenibile e se le stesse sono in sintonia con gli obiettivi di politica agraria. In particolare, occorrerà verificare se esse sono in grado di determinare:

- un aumento della competitività dell'agricoltura, in relazione alle aperture del commercio internazionale previste dagli Accordi GATT;

- un aumento della qualità dei prodotti agricoli, in relazione alle nuove esigenze dei consumatori;

- una maggior sostenibilità ambientale delle pratiche agricole;

- il mantenimento del prezzo delle produzioni alimentari ad un livello accettabile per gli agricoltori e per i consumatori;

- l’impostazione di adeguate politiche di sviluppo rurale, al fine di evitare fenomeni di esodo rurale;

- la multifunzionalità dell'agricoltura, al fine di favorire altre forme di integrazione al reddito dell'agricoltore;

- il decentramento e la semplificazione burocratica dell'attività agricola.

Preoccupante per il nostro Paese è la possibilità offerta dalle moderne biotecnologie di:

- indurre nelle piante la resistenza a fattori pedoclimatici avversi (caldo, freddo, ph, contenuto di calcare, contenuto di sodio, ecc.), al fine di consentire la coltivazione di piante tipiche del nostro territorio (fragola, agrumi, olivo, vite, ortaggi, ecc.) anche in altre aree del pianeta, che presentano limitazioni di tipo pedoclimatico. Quando sarà possibile produrre di tutto ovunque, con ogni probabilità le produzioni si sposteranno laddove minori sono i costi di produzione e laddove minori sono le limitazioni di carattere ambientale e di carattere produttivo (ci si riferisce alle limitazioni nell’uso di concimi, di fitofarmaci, ecc.);

- far produrre a piante annuali le sostanze che attualmente otteniamo dopo anni di allevamento da piante arboree (per esempio sembra che sia possibile ottenere dalla coltivazione di colza transgenica un olio "sostanzialmente equivalente" a quello ottenuto dalla spremitura delle olive), e gli esempi potrebbero continuare ancora.

Da un punto di vista economico occorrerà infine operare un confronto tra i costi di produzione in agricoltura convenzionale e transgenica, al fine di stimare l’effetto che l’introduzione di questi nuovi prodotti potrebbe avere sul sistema dei prezzi dei prodotti alimentari.

Nell’ambito dei costi, un ruolo importante assumeranno anche quelli di distribuzione, in quanto la segregazione delle filiere produttive implica la necessità di effettuare analisi del DNA e certificazioni di processo e di prodotto caratterizzate da elevati costi. Da rilevare a questo proposito che fin tanto che permarranno perplessità e incertezze nell’uso di questi nuovi alimenti non si intravedono grandi vantaggi economici per il consumatore, in quanto i costi dei controlli ed i costi di segregazione delle due filiere andranno a compensare, se non a superare, gli auspicati minori costi di produzione della fase agricola.

In questo contesto occorre credere nella ricerca e affidarle il compito di fornire certezze in merito a scelte che possono avere ripercussioni a lungo termine per il nostro sviluppo e per quello delle generazioni future.

Gent. Sen. Cattaneo, colui che Le ha suggerito questa domanda l’ha utilizzata per far credere alla gente comune che c’è oscurantismo nei confronti degli OGM, ma non è vero! La ricerca può andare avanti senza problemi. Rimane il fatto che in presenza di risorse scarse, esistono campi della ricerca socialmente più importanti degli OGM. Pensiamo, per esempio a tutta la problematica relativa al mantenimento dell’agricoltura nelle aree di collina e di montagna del nostro Paese, al fine di limitare l’esodo rurale e al fine di consentire una corretta utilizzazione del territorio al fine di frenare il dissesto idrogeologico.


 Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, ancora una volta, come vede, non è tutto così semplice. E’ vero che il mais Bt come da Lei auspicato potrebbe contribuire al benessere della nostra Società, ma il benessere non è dato solo da elementi di carattere economico, è qualcosa di molto più complesso. Tenga poi presente che le importazioni sono inevitabili, poiché molto spesso nel Commercio Internazionale siamo costretti ad accettare prodotti agricoli in cambio di prodotti industriali.

mercoledì 13 agosto 2014

14 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina…….risposta n. 14 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
Lei insiste ancora con una domanda retorica sull’ipotetico campo sperimentale, io insisto ancora nel dirle che, in relazione al fatto che molto probabilmente non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro. Mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc. Purtroppo questo approccio olistico i suoi suggeritori non lo possiedono, per cui le fanno fare delle figure quantomeno discutibili.

DOMANDA N. 14 - Secondo Lei la sperimentazione per fini di “ricerca scientifica pubblica” in pieno campo (che solo l'Italia vieta dal 2002) può riprendere entro quest'anno solare con le stesse regole di sicurezza che vigono in un qualunque stato europeo? In caso di permanenza del divieto, non ritiene che sia il caso di accordarsi con il Suo collega ministro dell'Università, affinché non si sprechino soldi pubblici? Infatti, il 99% dei docenti e ricercatori - pagati per insegnare ai futuri agronomi, biologi e biotecnologi - insegnano cosa sono gli Ogm e, quindi, che non sono “streghe da mandare al rogo”, ma utili strumenti per la crescita economica e sociale, e per la salute. Non Le sembra una situazione surreale?


RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 14 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,  la domanda n. 14 è composta di 4 domande e, purtroppo, è “farcita” di informazioni che solo Lei possiede…..o, forse, sono solo opinioni Sue personali …….. alle quali noi dovremmo credere?

1)    Lei chiede che siano riprese le “sperimentazioni in campo aperto". Le vorrei far notare che per riprendere le sperimentazioni in campo aperto è necessario individuare un sistema affinchè il polline non se ne vada in giro per il mondo a fecondare piante parentali selvatiche (non è certo il caso del mais in Italia, ma lo è per tante altre piante coltivate), per esempio facendo piante maschiosterili, oppure inserendo il transgene nei cloroplasti. Purtroppo l’”inquinamento genetico” è qualcosa di molto più pervasivo dell’inquinamento chimico, poiché per la diffusione del transgene non è necessario l’intervento dell’uomo. Lei saprà meglio di me che le piante sono esseri viventi e, una volta nell’ambiente, si diffondono autonomamente ed è molto difficile, se non impossibile, eliminarle in un secondo momento. Supponiamo per un attimo che gli OGM in futuro siano causa di danni alla salute umana e all'ambiente. Cosa potremo fare per eliminarli? Quali costi economici dovremo affrontare? Chi pagherà questi costi? Sempre pantalone? Ancora una volta avremo la privatizzazione dei guadagni e la collettivizzazione dei costi?

2)    La seconda domanda proprio non l’ho capita, perché, vede, gli OGM non rappresentano il solo settore di ricerca agricolo in grado di aumentare la competitività della nostra agricoltura. Secondo Lei, facendo un esempio automobilistico, la FERRARI se vuole competere sul mercato delle auto con la FIAT dovrebbe produrre le “Panda”? Personalmente credo che se la FERRARI si mettesse a produrre delle "Panda", dopo pochi mesi chiuderebbe i battenti. La nostra agricoltura, purtroppo, è perdente nella competizione basata sui bassi costi e sui bassi prezzi. Ci sono altri Paesi che sono in grado di produrre gli stessi prodotti OGM a costi decisamente più bassi dei nostri. Se anche noi adottassimo gli OGM, le nostre importazioni di soia non calerebbero di 1 grammo, poiché il nostro prezzo di mercato sarà sempre superiore ai prezzi del mercato globale. A questo proposito il Ministro Martina, ha parlato di tanti settori della ricerca agricola da potenziare, senza mai parlare di OGM;



3)    Che il 99% dei docenti e dei ricercatori insegnino che gli OGM sono un utile strumento per la crescita economica, sociale e per la salute è un dato Suo, che, forse, nessun altro possiede. Ci può fornire le Fonti dei suoi dati? Se, invece, sono sue opinioni personali, penso che valgano tanto quanto le opinioni di quelli che sono contrari agli OGM. Personalmente conosco tanti docenti che affrontano il problema degli OGM con obiettività e mettono in dubbio il fatto che siano lo strumento idoneo per la crescita economica dell'Agricoltura del nostro Paese. E poi, mi consenta, la crescita economica, da sola, non è sinonimo di benessere, ci sono altri elementi, non solo monetari che contribuiscono a far sì che le persone stiano bene;

4)    Sinceramente l’attuale situazione in cui si trovano gli OGM nel nostro Paese, non mi sembra una situazione "surreale", poiché non sono ancora sicuri al 100%, non rappresentano un mezzo per essere più competitivi a livello mondiale, una gran parte della Società non li vuole mangiare (80% circa). Surreale è il fatto che ne abbiamo vietato la coltivazione, ma non ne abbiamo impedito l'importazione, anche in relazione al fatto che i derivati ottenuti dai mangimi OGM (carne, latte, uova, ecc.) non sono etichettati. Questo fatto, come Le ho già detto precedentemente, determina una sorta di "concorrenza sleale" nei confronti degli allevatori che utilizzano mangimi "OGM free" ed ai quali è impedito di veder premiato questo loro sforzo dal mercato, poichè la Legge non prevede l'obbligo di etichettatura dei derivati. Se veramente vuole una apertura agli OGM, sarebbe necessario introdurre questa norma, ovvero l'etichettatura dei derivati zootecnici ottenuti con mangimi OGM. Perchè non propone una norma di questo tipo? L'80% dei consumatori, che gli OGM non li vogliono, Le sarebbero sicuramente grati ed anche tanti agricoltori Le sarebbero altrettanto grati; 

Gent. Sen. Cattaneo, colui che Le ha suggerito questa domanda l’ha utilizzata ancora una volta per far credere alla gente comune che c’è oscurantismo nei confronti degli OGM, ma non è vero! Il campo illegale doveva essere distrutto, per tanti motivi. Gli OGM non sono streghe da mandare al rogo, ma sono semplicemente una strategia produttiva che al momento nel nostro Paese non ha futuro. Punto.

 Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, ancora una volta, come vede, non è tutto così semplice come in un laboratorio di chimica. E’ vero che il mais Bt potrebbe determinare una riduzione temporanea nell’utilizzazione di insetticidi e, quindi, un miglioramento della biodiversità, ma è altrettanto vero che nel lungo periodo con le piante OGM si verrebbero a determinare situazioni dannose alla biodiversità.

13 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina…….risposta n. 13 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
lo so, sono ripetitivo, ma, spesso, lo è anche Lei. Lei, però, ha avuto una “caduta di stile” ed ha dimostrato anche di essere  un po’ arrogante e presupponente, affermando che chi vuole distruggere il campo illegale seminato a mais Bt si schiera dalla parte del “rogo dell’ignoranza”. Così dicendo, visto che il Parlamento si è pronunciato per la distruzione dei campi coltivati con piante OGM illegali, afferma che anche il Parlamento Italiano fa parte di coloro che sostengono il “rogo dell’ignoranza” e che, pertanto, è costituito per la gran parte da ignoranti. Ma lo vuole capire, gent.  neuroscienziata, che quello non era un campo sperimentale, ma era semplicemente un “campo illegale e provocatorio” di mais Bt, fatto appositamente per creare polemiche sulla questione e per aizzare coloro che credono di ottenere da questo mais effetti miracolosi sul loro reddito. I campi sperimentali per fornire dati scientificamente validi dovrebbero essere suddivisi in particelle “completamente randomizzate” o “randomizzate a blocchi”, con ripetizione delle tesi. Pertanto, gent. neuro scienziata, insisto ancora nel dirLe che, in relazione al fatto che molto probabilmente non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro. Mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc. Purtroppo questo approccio olistico i suoi suggeritori non lo possiedono, per cui le fanno fare delle figure quantomeno discutibili.

DOMANDA N. 13 - Ad oggi, c'è ancora un campo di mais Ogm a Colloredo in Friuli dove si stanno conducendo esperimenti di coesistenza tra differenti agricolture e di tutela della biodiversità: non sarebbe il caso di destinare pochi spiccioli per consentire - a favorevoli e contrari agli Ogm - di fare misurazioni di tutti i possibili parametri ed informarne il pubblico, invece di destinare al rogo dell'ignoranza la verifica delle informazioni che Lei dovrebbe pretendere e garantire?


RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 13 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,  mi meraviglio che una scienziata come Lei possa affermare con insistenza che il campo di mais Bt distrutto in Friuli, perché illegale, potesse rappresentare un campo sperimentale. Le ricordo che i campi sperimentali devono essere “totalmente randomizzati” o a “blocchi randomizzati”, con ripetizione delle sperimentazioni (split-plot). Questo campo di mais Bt da un punto di vista sperimentale non serviva a nulla o, per lo meno,  poteva servire solo a dare visibilità a quelle persone che, mettendosi contro all’80% delle altre persone che gli OGM non li vogliono, avevano puntato i media su di loro. Tra l’altro questo campo sperimentale aveva un Grande Responsabile Scientifico, un ricercatore freelance, che dal 2014 ha iniziato ad interessarsi di OGM (è dal 1980 che si parla di piante OGM) e che ritiene che la sua esperienza di vita vissuta possa essere riferita all’universo delle coltivazioni di mais Bt. Veramente una grande sperimentazione …….. non ho parole!  


Meraviglia poi il fatto che chi ha criticato la ricerca di Seralini possa considerare questo un “campo sperimentale”. Se vuole le metto un link, così vede come deve essere fatta una sperimentazione in campo agricolo e come deve essere fatto un “campo sperimentale”.


Poi, mi scusi, gent. neuroscienziata, che modi, riesce persino ad essere offensiva! Lei pensa veramente che il prof. Buiatti, la prof. Sorlini, il prof. Prestamburgo, la prof. Giovannetti, il prof. Infascelli, Padre Sorge, la Società Italiana di Ecologia, il Parlamento Italiano che ha legiferato e potrei continuare ancora, siano così ottusi da essere accomunati al “rogo dell’ignoranza”. Chi è contrario agli OGM in Italia e vuole il rispetto della legalità, non è sempre così ignorante e oscurantista come Lei lo vuol fare apparire. Spesso sono professionisti della ricerca, che mettono in dubbio le capacità miracolose delle piante OGM, cosa che Lei non ha fatto, poichè ha riportato solo i presunti effetti positivi. Possibile che le piante OGM non abbiano alcun effetto negativo? Allora vediamo se è vero che gli OGM sono miracolosi:

-         Dovevano eliminare gli insetticidi….... sembra non sia vero;

-         Dovevano semplificare la lotta alle malerbe …….. non è vero e l’hanno complicata;

-         Dovevano produrre di più ………. sembra non sia vero;

-         Dovevano dare piante identiche a quelle isogeniche ……. non è vero;

-         Dovevano aumentare il reddito degli agricoltori ……. non è vero;

-         Dovevano servire alle aree marginali ……….. non è vero;

-         Ed altro ancora

Gent. Sen. Cattaneo, colui che Le ha suggerito questa domanda l’ha utilizzata per far credere alla gente comune che c’è oscurantismo nei confronti degli OGM, ma non è vero! Il campo illegale non era un "campo sperimentale" e doveva essere distrutto, per tanti motivi. Punto.



 Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, ancora una volta, come vede, non è tutto così semplice, non sono solo i favorevoli agli OGM i depositari della verità, poiché un conto è la ricerca tecnologica, che nel limite del lecito non deve essere contrastata, un conto è l’applicazione della ricerca tecnologica che deve subire il vaglio di giudizi scientifici, economici, politici ed etici. Sinceramente, se avesse portato nella discussione anche taluni elementi di incertezza sulle caratteristiche miracolose degli OGM, sarebbe stata sicuramente più credibile. Possibile che non abbiano nemmeno un difetto tra quelli elencati da taluni studi scientifici?

12 - Quando la neuroscienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo vuole parlare di OGM in agricoltura al Ministro Martina…….risposta n. 12 di 16

Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
lo so sono ripetitivo, ma insisto ancora nel dirle che, in relazione al fatto che molto probabilmente non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro. Mi creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc. Purtroppo questo approccio olistico i suoi suggeritori non lo possiedono, per cui le fanno fare delle figure quantomeno discutibili.

DOMANDA N. 12 - Risulta anche a Lei che il 62% del mais italiano raccolto nel 2013 non era commerciabile per uso umano a causa dell'inquinamento da fumonisine? Quando sarà finalmente garantito il rispetto del consumatore e sarà applicata su tutte le confezioni di polenta e di mais in generale il tenore di fumonisine di quel lotto, come prevede la normativa europea fin dal 2007? Non si dovrebbero accogliere gli auspici del Consiglio Superiore della Sanità che suggerisce dosaggi di fumonisine inferiori per i bambini?


RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 12 di 16

Gent. neuroscienziata Elena Cattaneo,  i suoi dati sulla contaminazione del mais da fumonisine saranno anche veri, non li metto in discussione, tenga però presente che derivano da sperimentazioni che mettono a confronto il “mais Bt” con una coltivazione di “mais convenzionale non trattato con insetticidi contro la piralide”. Pertanto, non è un confronto che regge. Al limite la sperimentazione doveva riguardare un confronto tra “mais Bt” e “mais convenzionale trattato con insetticidi contro la piralide”.  A mio parere sarebbe stato importante metterlo in premessa, poichè si rischia di fare "allarmismo sociale". Ma fa niente …....… sono sempre quelle “mezze verità” di cui fa parte questo mondo, da una parte e dall’altra. Occorre anche essere consapevoli del fatto che il mais Bt, da solo, non costituisce un rimedio completo contro le micotossine. Negli USA, dove viene utilizzato massicciamente il mais Bt, ci sono grossi problemi di micotossine e in molti alimenti americani il contenuto ammesso di talune micotossine è 10 volte superiore a quello consentito in Italia. Come mai?

Gent. neuro scienziata, tra le “mezze verità” che vengono dette in giro in merito alle proprietà miracolose degli OGM, vi è anche quella relativa al fatto che gli OGM servirebbero per la risoluzione delle problematiche connesse alla proliferazione delle micotossine. Ovviamente, non si vuole sostenere che il mais Bt non serva a nulla, ma, purtroppo, il mais Bt, molto probabilmente, non rappresenta, da solo, il mezzo per la risoluzione del problema delle micotossine. In particolare, negli U.S.A., dove si fa largo uso di mais Bt, il contenuto ammesso di aflatossine negli alimenti è 10 volte quello consentito nei Paesi dell’UE (0,50 ppb negli USA, contro gli 0,05 ppb nei Paesi dell’UE), segno inequivocabile che il mais Bt, da solo, non rappresenta la soluzione al problema e che serve qualcos’altro.

Nell’Unione Europea i limiti massimi di aflatossine sono quelli stabiliti dal Reg. Ce 165/2010, che prevede per il mais valori differenti a seconda della destinazione della granella. In particolare, per l’alimentazione umana è consentita la presenza di 5 ppb - parti per miliardo - per l’aflatossina B1 e 10 ppb per le B1+B2+G1+G2. Per l’alimentazione animale è consentita la presenza di 20 ppb per la B1. Nel latte crudo, nel latte trattato termicamente e nel latte destinato alla fabbricazione di prodotti a base di latte, il tenore massimo è di 0,05 ppb di aflatossina M1.

Diversa è la legislazione americana, in particolare per le aflatossine nei prodotti destinati all’alimentazione animale. La normativa Usa, infatti, distingue i limiti massimi a seconda della specie e del periodo di vita dell’animale e varia notevolmente, passando dal valore minimo di 20 ppb nei prodotti a base di mais per mangimi destinati alle vacche da latte, fino ad un massimo di 300 ppb per quelli destinati ai bovini in finissaggio.

Pertanto, negli USA, pur avendo a disposizione l’arma del mais Bt, sono consapevoli che esso, da solo, non serve a risolvere il problema delle micotossine.

Negli U.S.A., pur potendo contare sulla possibilità di coltivare mais Bt, può accadere poi che in particolari annate i limiti possano anche essere ritoccati verso l'alto, in relazione al fatto che vengono superate le soglie ammesse:


Nella realtà esistono altre problematiche legate alla diffusione di micotossine nel mais. In particolare:

-        Occorre in primo luogo prestare attenzione alle rotazioni, al fine di limitare la diffusione della  piralide. A questo proposito, occorre rilevare che negli ultimi decenni le aziende agricole, anche al fine di contenere i costi di produzione, si sono fortemente specializzate, per cui privilegiano la monocoltura di mais, con tutti i risvolti negativi in merito alla diffusione di insetti e di piante infestanti;

-        Esiste poi il problema delle attuali varietà di mais che hanno le brattee che non coprono completamente la pannocchia, per cui si sviluppano attacchi fungini. L’umidità ristagna nelle parti apicali della pannocchia, per cui si ha proliferazione di agenti micotici;

-        Esiste poi il problema delle irrigazioni effettuate massicciamente allo scopo di ottenere una maggior produzione, ma che rappresentano un elemento importante per lo sviluppo di micotossine;

-        Negli USA esiste poi il problema della “aree rifugio”, che devono essere attuate insieme alla coltivazione del mais e che, se non trattate con insetticidi, origineranno un prodotto con ingenti attacchi di piralide e, conseguentemente, con un alto contenuto di micotossine. In merito agli effetti del mais Bt sul contenuto di micotossine, il problema è il seguente: consapevoli del fatto che le aree rifugio saranno oggetto di “grandi attenzioni” da parte della piralide, cosa ne sarà della granella prodotta in termini di micotossine se non si faranno trattamenti insetticidi specifici? La granella prodotta sarà buttata? Sarà destinata alla produzione di biocombustibili?

Gent. neuro scienziata Cattaneo, mi consenta un’ultima considerazione sui contenuti di sostanze dannose per l’alimentazione dei bambini. Sono completamente d’accordo con il Consiglio Superiore della Sanità e auspico che gli alimenti per bambini siano costituiti solo ed esclusivamente da alimenti biologici, ovviamente cercando di evitare quelli che provengono dalla Germania, come Lei correttamente ha fatto notare nella Sua dichiarazione di voto al Senato ……….Sue testuali parole “……….. l'agricoltura biologica è legittima, importante, andrebbe forse solo controllata di più perché non è certo esente da rischi. Possiamo parlare ad esempio dell'intossicazione di tre anni fa di centinaia di consumatori di germogli di soia in Germania, con alcuni decessi, descritti dalla stampa come derivati da coltivazioni biologiche.” Però, mi consenta, perchè tutte le volte che si vogliono "sponsorizzare" gli OGM è necessario parlar male dell'"Agricoltura Biologica"?Ma Lei ha mai visitato un’azienda agricola biologica? Ma si rende conto delle fatiche e dei rischi che deve affrontare un agricoltore biologico, che deve attuare una coltivazione in pieno campo senza utilizzare fitofarmaci di sintesi per non inquinare l'ambiente? Senza utilizzare fitofarmaci sistemici? Senza utilizzare concimi chimici? Un agricoltore che attraverso siepi a piante arboree cerca di mantenere una certa biodiversità. Un agricoltore che sperimenta sulla sua pelle tecniche produttive a basso impatto ambientale, che, se funzionano, vengono adottate anche dall’agricoltura convenzionale (trappole sessuali, confusione sessuale, Bacillus thuringiensis, ecc.)? Personalmente ritengo che la nostra Società dovrebbe dare a questi agricoltori un premio! 

Gent. Sen. Cattaneo, colui che Le ha suggerito questa domanda l’ha utilizzata per far credere alla gente comune che le piante OGM consentiranno di migliorare le qualità salutistiche del cibo, ma questo è vero solo in parte, poiché il problema delle micotossine, come abbiamo visto, permane anche con l'adozione di mais Bt!

 Cara Neuroscienziata Elena Cattaneo, ancora una volta, come vede, non è tutto così semplice. E’ vero che il mais Bt potrebbe contribuire a determinare una riduzione del contenuto di micotossine, ma è altrettanto vero che occorre mettere in pratica altre azioni di contenimento di queste sostanze dannose alla salute.