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giovedì 28 maggio 2015

Piante OGM - Rischi per l’uomo e per gli animali che si alimentano con prodotti di OGM



prof. Raffaele Testolin, Direttore del Dipartimento Produzione Vegetale e Tecnologie Agrarie Università di Udine


“4.1 Rischi per l’uomo e per gli animali che si alimentano con prodotti di OGM



I costrutti utilizzati per il trasferimento di geni a piante, contengono – come abbiamo visto – una copia di un gene che permette la selezione dei trasformati. Molti costrutti contengono come gene marker per la selezione dei trasformati un gene che conferisce resistenza alla kanamicina. Questo gene di origine batterica, noto anche come nptII (neomicina fosfotransferasi II), è ovviamente presente in tutte le cellule di una pianta transgenica.
La paura che il gene nptII possa essere tossico per l’uomo e gli animali sembra infondata, ma esistono un paio di altre questioni che non hanno ancora ricevuto risposta. La prima riguarda la possibilità che il gene nptII possa essere passato ai batteri dell’intestino umano, rendendoli resistenti alla kanamicina e ad altri antibiotici. La seconda riguarda la possibilità che il gene venga trasferito ad altri organismi e quindi rilasciato nell’ambiente con rischi per l’ecosistema.
Nessuna delle questioni ha per ora ricevuto risposta. Sappiamo che i processi digestivi dovrebbero distruggere qualsiasi sequenza codificante prima che questa raggiunga la flora batterica dell’intestino (guai se non fosse così!). Sappiamo anche che un gene che evitasse la distruzione nello stomaco avrebbe comunque poche possibilità di essere trasferito ad un batterio nell’intestino umano. Tuttavia il rischio non è nullo. Le preoccupazioni riguardano soprattutto la possibilità che batteri GM utilizzati come colture starter in formaggi o yoghurt possano trasferire questi geni a specie di batteri relativamente prossime (es. batteri lattici) presenti nell’intestino. Per questo pericolo, le legislazioni dei vari paesi – per quanto è noto – stabiliscono che organismi GM prodotti per alimenti da consumare a crudo non debbano contenere geni di resistenza agli antibiotici.
Per quanto riguarda il pericolo di trasferimento all’ambiente, sappiamo che il gene di resistenza alla kanamicina è piuttosto diffuso in natura e tuttavia un evento imprevisto che possa in qualche maniera causare un danno all’ambiente non può essere escluso a priori.
La presenza di questi rischi è tanto vera che i ricercatori, su sollecitazione delle imprese, si sono preoccupati di mettere a punto una nuova cassetta di espressione contenente un secondo gene (il gene Cre), in grado, una volta avvenuta la trasformazione, di excidere il gene nptII dalla pianta (Brown 1995).
Poiché il gene Cre viene caricato su un vettore diverso da quello preparato con il gene di interesse assieme al gene nptII, i due costrutti verrebbero trasferiti in zone diverse del genoma e segregherebbero alla prima generazione, permettendo così di selezionare piante contenenti il gene di interesse ma non il gene Cre. Il gene nptII non dovrebbe essere presente perché già eliminato da Cre.
Un secondo approccio è stato quello di usare geni marker/eporter diversi dai geni di resistenza ad antibiotici. Tra i nuovi geni un largo spazio hanno trovato alcuni geni di resistenza ad erbicidi, ma sono stati sperimentati anche geni che conferiscono tolleranza a metalli, metodi di complementazione vari, geni che demoliscono zuccheri artificiali come per esempio il lattosaccarosio ecc. (Yoder e Goldsbrough 1994; Gressel 1999). Per questi restano i rischi di diffusione nell’ambiente che vedremo nel prossimo paragrafo.
Per quanto riguarda la tossicità dei prodotti di origine transgenica, la legislazione, data la difficoltà di sviluppare test tossicologici appropriati, ha introdotto il concetto di valutazione della “sostanziale equivalenza” tra il prodotto transgenico e quello non transgenico di analoga origine. Dal punto di vista puramente scientifico, la tossicità di costrutti transgenici è considerata in generale poco verosimile, anche se non può essere esclusa in linea di principio.”