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lunedì 3 dicembre 2012

OGM Bt resistenti agli insetti e “IRM” (insect resistance management), ovvero la “gestione delle resistenze degli insetti”



Gli OGM Bt sono stati "creati" per resistere  all'attacco di insetti fitofagi (resistere non significa che siano indenni, poichè qualche insetto ha un patrimonio genetico che gli consente di sopravvivere alla tossina Bt ed origina una progenie resistente). Purtroppo, però, anche le piante transgeniche resistenti agli insetti presentano degli inconvenienti, che hanno determinato una modificazione nelle pratiche agronomiche adottate per la loro coltivazione. In particolare, consapevoli del fatto che con promotori di tipo costitutivo gli insetti dopo alcune generazioni maturano una resistenza genetica alla tossina transgenica, è stato consigliato agli agricoltori di coltivare ogni 100 ettari di Mais BT una aliquota variabile dal 20% al 50% di Mais convenzionale (aree rifugio), al fine di evitare la pressione selettiva di individui resistenti.
A cosa servono le “Aree Rifugio”? Sono aree coltivate a mais convenzionale (fino al 50% della superficie coltivata a mais Bt), allo scopo di evitare che soggetti di piralide resistenti alla proteina BT localizzati nel campo di mais BT vadano a fecondare altri soggetti resistenti, sempre localizzati nel campo di mais BT, dando così origine ad una progenie resistente. Il giochetto è presto spiegato: se noi accanto ad un campo di mais Bt mettiamo un campo di mais convenzionale, con ogni probabilità nel campo di mais Bt si selezioneranno soggetti resistenti alla tossina Bt, mentre nel campo convenzionale ci saranno soggetti non resistenti. L’esclusiva presenza di coltivazioni di mais Bt avrebbe determinato una forte presenza di soggetti resistenti, con creazione di progenie di insetti resistenti. Mettendo accanto al campo di mais Bt un campo di mais convenzionale, la formazione di progenie di soggetti di piralide resistenti alla tossina Bt è notevolmente rallentata, non evitata, in quanto soggetti resistenti provenienti dal campo di mais Bt possono fecondarsi con soggetti non resistenti provenienti dal campo di mais convenzionale.



Anche in questo caso l’introduzione di piante transgeniche resistenti agli insetti, purtroppo, non ha risolto completamente il problema e non ha semplificato la coltivazione di queste piante. In particolare:

-              molto spesso gli agricoltori non hanno seguito il consiglio delle ditte sementiere, per cui non hanno messo in atto la strategie delle “aree rifugio”;

-              coloro che hanno creato le “aree rifugio” hanno dovuto adottare due specifiche tecniche di coltivazione per lo stesso prodotto, in quanto la parte coltivata con piante convenzionali deve essere trattata in modo diverso da quella coltivata con piante transgeniche.

In conclusione alle considerazioni effettuate sulle piante transgeniche resistenti agli insetti, occorre chiedersi se quello delle “aree rifugio” è un modello produttivo adatto all’agricoltura italiana, che, come è risaputo, è costituita da aziende di modestissima dimensione (6-7 ettari), dove non è raro incontrare campi coltivati a mais o a soia dell’ordine di poche decine di migliaia di metri quadrati (nella nostra agricoltura non ci sono campi di mais di migliaia di ettari, noi non facciamo i trattamenti insetticidi con gli aerei, ecc.).
C’è poi la problematica relativa alla produzione di granella delle superfici non Bt, con particolare riferimento al loro contenuto di micotossine. Come sarà utilizzata la granella ottenuta nelle aree non Bt che, con ogni probabilità, sarà ricca di micotossine? Negli U.S.A. alcuni Stati hanno risolto il problema autorizzando in deroga alla Legge la commercializzazione di mais con un contenuto di micotossine superiore al limite consentito dalla Legge (Limite che già oggi è 10 volte superiore a quello consentito nei Paesi dell'Unione Europea)
http://ogmbastabugie.blogspot.it/2013/03/il-mais-bt-serve-veramente-risolvere-il.html