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giovedì 28 gennaio 2016

Celiachia ....... diserbante o selezione genetica?

L’”intolleranza al glutine” è in forte aumento, con relativo sviluppo delle situazioni di malessere per le persone e, dall’altro, degli affari relativi alla vendita di “paste senza glutine”, anche a 5 volte il prezzo di quelle normali, spesso a carico del servizio sanitario nazionale …… ovvero di noi tutti.

E’ colpa del “frumento OGM”? Sicuramente no, in quanto il frumento OGM resistente ai diserbanti, pur essendo stato creato, non è disponibile per la coltivazione. Qualcuno afferma che sia colpa del diserbante utilizzato nella coltivazione, in quanto, come è risaputo, in alcuni principali Paesi produttori/esportatori è normale fare un trattamento disseccante poco prima della raccolta.

http://ogmbastabugie.blogspot.it/2014/05/in-alcuni-paesi-e-normale-fare-un.html

In particolare, la dottoressa Stephanie Seneff, ricercatrice senior al Massachusetts Institute of Technology (MIT), e il suo collega Anthony Samsel hanno appurato che esisterebbe una relazione diretta fra il consumo di grano così trattato e la misteriosa “intolleranza al glutine”. Tale studio è stato pubblicato nel 2013 sulla rivista “Interdisciplinary Toxicology”.

Dall’abstract di questa ricerca “Glyphosate, pathways to modern diseases II: Celiac sprue and gluten intolerance” si rileva che:

La malattia celiaca, e, più in generale, l'intolleranza al glutine, è un problema crescente in tutto il mondo, ma soprattutto in Nord America e in Europa, dove si stima che il 5% della popolazione ne soffra. I sintomi includono nausea, diarrea, eruzioni cutanee, anemia macrocitica e depressione. Si tratta di una malattia multifattoriale associata a numerose carenze nutrizionali, nonché le questioni riproduttive e aumento del rischio di malattie della tiroide, insufficienza renale e cancro. Il glifosato, il principio attivo del diserbante Roundup®, è con ogni probabilità il fattore causale di questa epidemia …………..

http://responsibletechnology.org/media/Glyphosate_II_Samsel-Seneff%281%29.pdf

Il professor Luigi Pecchiai, storico fondatore dell’Eubiotica in Italia ed ematologo emerito all’ospedale Buzzi di Milano, afferma che la celiachia sia probabilmente dovuta al miglioramento genetico del frumento, con particolare riferimento alla selezione di varietà di frumento nanizzati mediante “mutazione indotta” da sostanze radiattive. A suo parere urge la necessità di dimostrare scientificamente una differenza della composizione aminoacidica della gliadina del frumento nanizzato, rispetto al frumento originario.

http://wsimag.com/it/benessere/1581-celiaci-nellincudine-tra-cibo-e-malattia

In definitiva, secondo alcuni studiosi, l’attuale epidemia di celiachia che sta interessando adulti e bambini sembra essere un connubio tra la tossicità di un diserbante e gli interventi di miglioramento genetico del frumento mediante “mutazioni indotte da radiazioni”.

domenica 11 maggio 2014

In alcuni Paesi è normale fare un trattamento disseccante prima della raccolta del frumento

Molto spesso gli utilizzatori nazionali di frumento duro si approvvigionano all’estero, lamentando il fatto che il nostro frumento non avrebbe caratteristiche qualitative eccellenti, dimenticando però di illustrarci le altre caratteristiche “qualitative” del frumento di importazione. In particolare, non ci vengono mai illustrate le tecniche produttive adottate….chissà perché?

Tra le tecniche di produzione adottate, e permesse, da alcuni nostri competitori, vi è anche quella di effettuare un trattamento disseccante per far morire la pianta e consentire così la raccolta dei semi, ovvero della granella, che sarà poi utilizzata  per fare farina e, quindi, pasta.


Nel nostro Paese il frumento, sia esso duro o tenero, è a semina autunno-vernina, ovvero si semina in ottobre e si raccoglie in giugno/luglio, allorchè la pianta muore naturalmente. In altre aree del globo, invece, la semina viene effettuata in primavera e la raccolta viene attuata alla fine dell’estate, con un piccolo problema, però, che la pianta non muore, per cui il fusto rimane verde ed impedisce la raccolta meccanica………ma questo è un problema facilmente risolvibile, in quanto in questi Paesi è ammesso un trattamento disseccante prima della raccolta (di solito 10 giorni prima). In questo modo la pianta muore e così la granella può essere raccolta.


Il grande vantaggio produttivo è dato dal fatto che in questi Paesi, a differenza di quanto accade da noi, il ciclo produttivo del frumento è molto lungo, per cui la granella prodotta è ricca di proteine rispetto alla nostra.

Alcune domande sorgono spontanee ……………

-        -  Potranno i nostri produttori competere con questi altri produttori  che utilizzano tecniche che da noi sono vietate?

-         - I consumatori sono informati del fatto che la pasta è ottenuta con una farina derivante da una granella ottenuta da una pianta che è stata disseccata con un diserbante?

-         - E’ possibile che nella farina vi siano tracce di disseccante?




-         - Vi potranno essere effetti sulla salute dei consumatori?




I consumatori devono avere queste informazioni!

domenica 22 dicembre 2013

Non credo che con gli OGM riusciremo a far concorrenza all’Ucraina sul mercato internazionale dei prodotti agricoli

L’Ucraina ha dei terreni unici – cernozëm (terra nera) – che rappresentano gran parte della copertura del suolo, occupando 27,8 milioni di ettari (a confronto l’Italia, per i non addetti ai lavori, ha una Superficie Agraria Coltivata di 13 milioni di ettari). Terreni ad elevato contenuto di humus che, secondo gli scienziati, possono offrire la possibilità di sfamare circa 300 milioni di persone.

Nel 2012 l’Ucraina ha prodotto 46,1 milioni di tonnellate di cereali e di legumi da granella, 8,4 milioni di tonnellate di semi di girasole, 23,2 milioni di tonnellate di patate e circa 1 milione di tonnellate di ortaggi. Una delle coltivazioni più promettenti dei prossimi anni è la coltivazione del mais, che viene attivamente venduto sui mercati esteri. Se sarà mais OGM, il nostro Paese potrà competere sul mercato mondiale con la produzione di questo stesso mais OGM? Risposta decisamente negativa e cerchiamo di vedere perché.

Il terreno agricolo è di proprietà di contadini. Tuttavia, la maggior parte di loro non riesce a gestire i propri appezzamenti da solo e perciò li affitta. Il termine di locazione medio in Ucraina è di 6 anni, il pagamento medio per la locazione dei terreni è di 51 euro per ettaro all’anno (in Italia, sempre per i non addetti ai lavori, il canone di affitto di un ettaro di terreno agricolo a seminativo può andare dai 1.000 ai 1.500 euro per ettaro…….20-30 volte). Tanti contratti di locazione sono conclusi per un periodo di 10 anni o più. È possibile pagare annualmente “in natura”, con grano prodotto, e non con denaro. Sta crescendo in Ucraina il numero di aziende agricole di grandi e medie imprese che gestiscono migliaia di ettari di terreno. Prendono il posto di inefficienti piccoli proprietari. Ma al momento il paese ha centinaia di migliaia di ettari di terreno che  erano coltivati ​​durante l’Unione Sovietica, ma non sono oggi ancora utilizzati in agricoltura. 

In Ucraina l’allevamento di bestiame da latte e suini sono le direzioni più promettenti per lo sviluppo dell’agricoltura. Alla fine del secolo scorso, l’Ucraina ha perso l’iniziale vantaggio nell’allevamento di bestiame da latte che aveva ereditato dall’Unione Sovietica. Di conseguenza, la gran parte dei capi di bestiame si trovano su terreno privato dei contadini. Tuttavia, i lavoratori ed il governo sono interessati alla comparsa di nuove aziende, che potrebbero fornire in modo permanente latte di qualità. Di conseguenza, nonostante la crisi, negli ultimi anni si sono evidenziate in Ucraina le tendenze allo sviluppo dell’allevamento di bestiame di alta produzione e efficienza e più modernizzato.
In Ucraina vivono 45,5 milioni di persone, la maggior parte delle quali preferisce i prodotti realizzati nel proprio paese. L’Ucraina sta aumentando le prestazioni nella produzione ed esportazione di oli vegetali (soprattutto olio di girasole). La quota dell’Ucraina nell’esportazione mondiale di olio di girasole è del 51%, mentre la sua quota nella produzione è di circa il 25%. Vengono migliorati e modernizzati la lavorazione e lo stoccaggio di cereali e prodotti lattiero-caseari. Tuttavia, l’agricoltura dell’Ucraina non ha ancora raggiunti minimamente i parametri del suo potenziale. L’Ucraina ha un gran numero di personale qualificato per lavorare in agricoltura, preparato dagli istituti didattici profilati. Lo stipendio medio in agricoltura nel 2012 è di 193 euro al mese, nell’industria di lavorazione di 276 euro al mese.

Avete letto bene……..lo stipendio medio in agricoltura è di 193 euro al mese………e noi dovremmo far concorrenza con gli OGM a questi Paesi?

I dati sono stati presi da:

venerdì 20 dicembre 2013

Il Creso non è un OGM

Sinceramente non avrei mai pensato di dover scrivere un post del genere, ma purtroppo la disinformazione è dilagante, anche perché qualcuno cerca di far intendere che sono decenni che mangiamo OGM, al solo scopo di screditare quelli che non li vogliono, e porta come esempio il frumento duro “Creso”, che è stato ottenuto per “mutazione indotta”, ma non è un OGM, così come stabilito dalla Legge.

Con il termine Organismo Geneticamente Modificato (OGM) si intendono soltanto gli organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le moderne tecniche di ingegneria genetica. Non sono considerati "organismi geneticamente modificati" tutti quegli organismi il cui patrimonio genetico viene modificato a seguito di processi spontanei (modificazioni e trasferimenti di materiale genetico avvengono infatti in natura in molteplici occasioni e tali processi sono all'origine della diversità della vita sulla terra), o indotti dall'uomo tramite altre tecniche che non sono incluse nella definizione data dalla normativa di riferimento (ad esempio con radiazioni ionizzanti o mutageni chimici).
Secondo la Legge un OGM è un ………organismo il cui materiale genetico è stato modificato in modo diverso da quanto avviene in natura con l’accoppiamento e/o la ricombinazione genetica naturale" (Art. 2, Direttiva 2001/18/CE del12/03/01).

Il Creso non rientra in questa fattispecie.

Il “Creso” è la specie di grano duro maggiormente diffusa ed è utilizzata per produrre il pane e la pasta che consumiamo quotidianamente. Il “Creso” nasce dall’incrocio della varietà messicana Cymmit e di quella italiana Cp B144, quest’ultima ottenuta con una modificazione genetica della varietà “Senatore Cappelli”, che, oggigiorno è  coltivata quasi esclusivamente nelle aziende agricole  biologiche. La varietà “Senatore Cappelli” è stata largamente utilizzata fino agli anni ’80 ed è stata ottenuta nel lontano 1915 per selezione genealogica a Foggia ed era la varietà di grano duro più coltivato nel meridione. La varietà “Senatore Cappelli” è molto alta (arriva quasi a 2 metri) ed ha il difetto di essere a forte rischio di allettamento (il fusto con la pioggia o il vento tende a piegarsi impedendo così le operazioni meccaniche di raccolta). Per questo motivo, al fine di ottenere una varietà a bassa taglia, il grano “Senatore Cappelli” fu bombardato con raggi X, per modificarne la struttura genetica ed ottenere un grano più produttivo e più basso.

Nel 1974, nel Centro di studi nucleari del CNEN della Casaccia (Roma), sulla base dell’incrocio tra Cymmit e  Cp B144, si giunse ad ottenere il Creso, che interessa oggigiorno il 90% della coltivazione italiana di frumento duro.

Ma il "Creso" non è un OGM!



martedì 10 dicembre 2013

Aumento dei prezzi del cibo e fame nel mondo

Ciclicamente il problema dell’aumento del prezzo del cibo e della conseguente crisi alimentare si ripresenta nella sua gravità. L’insicurezza alimentare non è certamente una novità nel panorama dei problemi mondiali, e, purtroppo, la sua gravità non accenna a diminuire: secondo i dati diffusi dalla FAO, nel mondo sono circa 900 milioni le persone che soffrono la fame. E questo a dispetto dei numerosi e solenni impegni presi nelle più alte assise internazionali: nel 1996, i Paesi partecipanti al Vertice ONU sull’alimentazione si impegnarono a dimezzare entro il 2015 il numero degli affamati rispetto al 1991, riducendolo a 412 milioni. Nel 2000, invece, l’ONU approvò gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, fra cui quello di dimezzare la percentuale di chi soffre la fame, sempre entro il 2015 e in riferimento al 1991. Per raggiungere questo secondo obiettivo gli affamati nel mondo avrebbero dovuto ridursi a 585 milioni, mentre purtroppo dal 1996 essi sono in costante aumento.
Il cibo nel mondo non manca (secondo la FAO ci sarebbe cibo sufficiente per 12 miliardi di persone) e quella attuale è sicuramente una “crisi alimentare” dovuta alla mancanza di risorse economiche necessarie per poter acquistare il cibo, in relazione ad un rapido aumento dei prezzi degli alimenti e ad una stagnazione dei salari.
A questo punto, anche al fine di trovare le auspicabili soluzioni, è necessario interrogarsi sulle cause di tali aumenti del prezzo del cibo. È possibile affermare che l’attuale congiuntura è determinata da una serie di fattori, identificabili soprattutto:
- nella dinamica della domanda e dell’offerta di alimenti;
- nel  funzionamento dei mercati.
Per quanto attiene alla domanda di derrate agroalimentari occorre rilevare che la popolazione mondiale è in costante aumento e, secondo le previsioni più autorevoli, dovrebbe raggiungere gli 8 miliardi entro il 2020. Questo significa che solo per assicurare alla popolazione futura agli attuali livelli di alimentazione, sarà necessario aumentare del 40-50% la disponibilità di alimenti. Ma, a parte alcuni territori di Africa e America Latina, la possibilità di incrementare le superfici coltivate è piuttosto limitata, in quanto il suolo disponibile per nuove coltivazioni è troppo freddo, arido e/o in forte pendenza. Inoltre l’incremento della popolazione non si distribuisce uniformemente sul pianeta, ma spesso è concentrato proprio dove esistono già problemi di sottoalimentazione.
Anche la concentrazione della popolazione in agglomerati di grandi dimensioni è responsabile dell’incremento dei costi di produzione e di distribuzione degli alimenti e, in definitiva, del loro prezzo. I luoghi di produzione degli alimenti sono sempre più lontani da quelli di consumo. In questo contesto è cruciale o la redistribuzione della popolazione anche sul territorio rurale o lo sviluppo di quei servizi di mercato in grado di razionalizzare e di rendere efficiente la distribuzione degli alimenti (conservazione, imballaggio, trasporto, ecc.). Ovviamente questi servizi hanno un costo, che si ripercuote sul prezzo degli alimenti, a volte più elevato dello stesso costo dell’alimento.
Un altro fattore determinante della tensione sui prezzi delle derrate agroalimentari è l’innescarsi di processi di crescita economica in alcuni Paesi emergenti del Globo. L’incremento del reddito pro capite in taluni Paesi (ad esempio Cina e India) conduce ad una lievitazione della domanda di alimenti, che a sua volta, in presenza di una offerta mondiale sostanzialmente costante, determina la crescita dei prezzi. Ma questo diminuisce le possibilità di accesso al cibo di quei Paesi, o di quegli strati sociali, il cui reddito non è cresciuto e che così si ritrovano relativamente ancora più poveri. Si tratta di una vera e propria «guerra tra poveri», dove gli unici che guadagnano sono coloro che dispongono della proprietà legale del cibo, spesso con intenti speculativi.
Un fenomeno analogo deriva dalla ricchezza dei Paesi sviluppati, che permette loro di consumare — e spesso sprecare — troppi alimenti, aumentandone la domanda e quindi il prezzo. Occorrerebbe una maggiore sobrietà nel consumo di alimenti da parte dei Paesi ricchi, consapevoli del fatto che un incremento dei consumi da parte di taluni può determinare una carenza di alimenti per altri. Per esempio, nei Paesi sviluppati si consuma troppa carne: alcune stime indicano che se i Paesi Meno Avanzati (pma) raggiungessero i nostri livelli di consumo, sarebbero necessari 7 Pianeti per produrre i mangimi da destinare all’allevamento animale. Infatti, l’attività di ingrasso degli animali può essere rappresentata come la trasformazione di alcuni alimenti (i mangimi) in carne. Al contrario di quanto avveniva un tempo, oggi gli animali non mangiano più prodotti di scarto, ma competono con gli uomini, in quanto mangiano gli stessi prodotti (mais e soia, soprattutto). Ecco allora che l’incremento di prezzo delle derrate alimentari è dovuto a comportamenti di consumo elitari, che non tengono conto delle necessità alimentari di coloro che con noi condividono il pianeta e hanno diritto a una porzione adeguata delle sue risorse.
Nei tempi più recenti ha fatto la sua comparsa anche un altro potente protagonista nella competizione per l’allocazione dei prodotti agroalimentari: in seguito al boom del prezzo del petrolio, e di conseguenza delle altre risorse energetiche, assistiamo oggi all’utilizzo di risorse alimentari (soia, mais, girasole, ecc.) per la produzione di energia. In particolare, agli attuali prezzi del petrolio, le derrate agricole possono essere convenientemente utilizzate per la produzione di biodiesel, etanolo, singas (gas di sintesi), biomassa, ecc. Automobili che funzionano a biodiesel o a etanolo sono ormai una realtà, in particolare in Paesi come Stati Uniti e Brasile, così come centrali elettriche che funzionano a singas o a biomassa. Non v’è dubbio che si tratti di un competitore molto importante, in quanto l’economia mondiale è affamata di energia e tutti i mezzi risultano idonei pur di averne in quantità e a basso prezzo.
Significativi sono anche i fenomeni che influenzano l’andamento dell’offerta di derrate agroalimentari. Sicuramente i recenti incrementi del prezzo mondiale degli alimenti, sono dovuti anche all’aumento dei prezzi dei fattori della produzione, soprattutto quelli derivati in qualche modo dal petrolio (forza motrice, concimi, fitofarmaci, trasporti, conservazione, ecc.).
All’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli ha sicuramente contribuito anche la presenza di situazioni ambientali avverse. In particolare, appare ormai evidente che i cambiamenti climatici hanno determinato situazioni produttive anomale. Nel 2007 la produzione di cereali in alcuni dei principali Paesi produttori, come Australia o Ucraina, ha subito forti flessioni a causa della siccità. Il che, a fronte di una domanda sostanzialmente rigida, avrebbe favorito un incremento dei prezzi. Non sappiamo se si tratti di un fenomeno episodico o di carattere permanente. Di certo la comunità scientifica e i Governi dei diversi Paesi sono molto preoccupati dal fenomeno del «riscaldamento globale» e dalla crisi idrica che ne dovrebbe conseguire. Se così accadrà, sembrano inevitabili ulteriori aumenti dei prezzi degli alimenti.
Poco sopra abbiamo menzionato l’esistenza di una competizione per l’allocazione dei prodotti agroalimentari fra usi alternativi. Un fenomeno analogo si verifica anche per un fattore produttivo insostituibile per l’agricoltura, la terra coltivabile, che viene destinata a insediamenti di vario tipo (abitazioni, ferrovie, strade, centri commerciali, campi da golf, aeroporti, ecc.). Purtroppo, tale sottrazione avviene molto spesso a scapito dei terreni migliori, ai margini degli antichi insediamenti urbani, che, per le necessità alimentari della popolazione, furono costruiti proprio dove erano presenti i terreni migliori. Si tratta di un processo inarrestabile, in quanto i guadagni che si possono ottenere dall’uso agricolo dei suoli non sono in grado di competere con quelli generati dalle destinazioni alternative extra agricole.
Ad aggravare le prospettive di sicurezza alimentare di taluni Paesi Meno Avanzati contribuirebbe anche l’uso dei terreni per coltivazioni di pregio destinate ai mercati dei Paesi ricchi. Con la produzione/esportazione di derrate agricole destinate ai Paesi ricchi, i Paesi Meno Avanzati cercano di acquisire valuta pregiata con la quale poter poi acquistare altri beni sui mercati internazionali: non a caso si parla in questi casi di cash crop (piantagioni da «cassa»). Si tratta di un fenomeno antico, almeno per prodotti come caffè o cacao, che negli ultimi anni si è ulteriormente esteso: basti pensare, ad esempio, alla coltivazione di fiori per il mercato europeo in Kenya o alla trasformazione delle risaie in allevamenti di gamberetti da esportazione in India. È ovvio che queste produzioni sono in competizione con la coltivazione di cibo per la popolazione locale e conseguentemente contribuiscono all’incremento dei prezzi delle derrate agroalimentari.
Da ultimo esaminiamo una serie di fattori che incidono sull’aumento dei prezzi dei prodotti agroalimentari derivanti dalle modalità concrete con cui funzionano i relativi mercati.
La domanda di prodotti alimentari, in confronto a quella di altri prodotti di consumo, è sostanzialmente rigida, in quanto le necessità biologiche riducono la libertà dei consumatori di comprimerne i consumi, anche a fronte di un aumento dei prezzi. Questo fatto aumenta il potere di mercato dei produttori e le loro possibilità di guadagno, spingendo i grandi potentati economici a tentare di costruire monopoli del cibo, al fine di controllane i prezzi. Vari strumenti vengono utilizzati a questo scopo, tra cui: acquisto massiccio delle terre agricole disponibili; realizzazione di forme di integrazione verticale tra produttori e distributori; espansione dei mercati a termine; tutela brevettuale del materiale genetico necessario per produrre il cibo (semi geneticamente modificati, animali clonati geneticamente modificati, ecc.). Evidentemente condotte di questo genere non possono che sollevare profondi dubbi in termini etici, in considerazione degli effetti che ne possono conseguire. Inoltre, in anni recenti si è registrato un notevole sviluppo di prodotti finanziari derivati, legati all’andamento delle quotazioni dei prodotti agroalimentari, in analogia con quanto è andato accadendo nella gran parte dei mercati borsistici e delle materie prime. L’abbondante liquidità disponibile in alcune aree del mondo, unitamente ai bassi tassi di interesse e all’alto prezzo del petrolio, ha reso il mercato di tali derivati estremamente attraente per speculatori in cerca di opportunità di diversificare il rischio e ottenere maggiori profitti, fino al punto che l’andamento di tali mercati concorre a trascinare i prezzi dei prodotti su cui i derivati si basano. Anche in questo caso è indispensabile sottolineare che una speculazione con tali effetti perde ogni giustificazione sul piano etico: l’attività speculativa, infatti, può ritenersi legittima solo quando rappresenta un incentivo all’efficienza dei mercati ed è al servizio dell’uomo, non più quando diventa un elemento di perturbazione tale da mettere a repentaglio le condizioni di vita di milioni di persone.
Un forte contributo alla contrazione della produzione di cibo con conseguente incremento dei prezzi è dato dalla modificazione delle politiche agricole di alcuni Paesi produttori. In particolare, l’ue, con la c.d. «Riforma Mc Sharry» attuata a partire dai primi anni del 2000, è passata da una politica agricola basata sul sostegno dei prezzi a una basata sul sostegno del reddito dell’agricoltore. Nel primo caso venivano fissati prezzi minimi garantiti e, di conseguenza, i guadagni dei produttori crescevano al crescere delle quantità prodotte. Una politica di questo genere spingeva dunque all’aumento della produzione e delle rese per ettaro, con il ricorso massiccio a concimi, fitofarmaci e irrigazione, e con effetti sicuramente criticabili in termini di impatto ambientale.
La nuova politica agricola dell’UE ha profondamente modificato il modo di produrre in agricoltura, in quanto ricorre a strumenti come:
-         limitazione delle superfici a seminativo;
-         progressiva riduzione dei prezzi interni al livello di quelli che si formano sul mercato mondiale;
-         introduzione di forme di sostegno al reddito dell’agricoltore legate alle superfici coltivate e non tanto alle quantità prodotte (con la conseguenza che l’agricoltore ottiene il sussidio anche se produce poco);
-         obbligo per i grandi produttori di destinare al riposo (set aside) una porzione, variabile di anno in anno, della superficie per la quale fruiscono di sussidi;
-         erogazione di aiuti per l’adozione di tecniche produttive eco-compatibili (riduzione dell’uso di concimi e fitofarmaci, diminuzione delle rese, riduzione del patrimonio bovino e ovino) o conformi alle norme sull’«agricoltura biologica»;
-         erogazione di premi per l’imboschimento di terreni normalmente destinati a seminativo.
È indubbio che tali misure abbiano determinato una consistente spinta alla riduzione della produzione cerealicola europea, peraltro storicamente eccedentaria, con effetti di una certa entità sull’offerta e quindi sui prezzi delle derrate agroalimentari a livello globale.
Da più parti, anche a livello politico, le piante geneticamente modificate sono presentate come una possibile soluzione al problema della fame, in quanto consentirebbero di aumentare la produzione e di conseguenza ridurre i prezzi. La questione è affiorata anche in occasione del vertice FAO di inizio giugno, senza che si potesse giungere ad un accordo, anche per la notoria polemica in materia fra USA, molto favorevoli agli ogm, e UE, tenacemente contraria.
Anche trascurando le implicazioni del ricorso agli OGM in termini di tutela della biodiversità e il fatto che la posizione appena espressa ripropone l’idea che la fame derivi soprattutto dall’insufficiente produzione di alimenti — che abbiamo già visto essere falsa —, le esperienze di coltivazione di ogm in alcuni Paesi evidenziano che le promesse non sono state mantenute, mentre si sono manifestati numerosi effetti negativi, vanificando quegli effetti miracolosi che, secondo alcuni sostenitori, costituirebbero il presupposto per la loro introduzione.
In particolare, per quanto riguarda le piante resistenti ai diserbanti totali, è stato riscontrato che l’uso continuo dello stesso diserbante ha determinato la selezione di piante infestanti geneticamente resistenti al diserbante. Inoltre le piante infestanti sono aumentate, in quanto le piante parentali selvatiche hanno acquisito il transgene che conferisce resistenza al diserbante e le piante transgeniche coltivate in una annata agraria sono divenute infestanti di altre piante transgeniche coltivate in annate successive. Per risolvere questi problemi è stato necessario ritornare ai vecchi diserbanti abbinati ai disseccanti totali.
Anche le piante transgeniche resistenti agli insetti presentano degli inconvenienti, in quanto dopo alcune generazioni anche gli insetti maturano una resistenza genetica alla tossina transgenica. Per evitare la selezione di insetti resistenti, i produttori di sementi transgeniche, ad esempio nel caso del mais, hanno consigliato agli agricoltori di riservare una certa quota della superficie coltivata (aree rifugio) al mais convenzionale, rendendo necessaria l’adozione di una pluralità di tecniche di coltivazione e dunque aumentando la complessità e anche i costi per i produttori agricoli (che infatti non sempre hanno seguito tale consiglio).
Infine, alcuni studi indipendenti condotti da ricercatori di Università americane avrebbero verificato poi che non è sempre vero che le piante transgeniche producano di più. In particolare, indagini effettuate su migliaia di ettari coltivati hanno evidenziato che la soia transgenica produce dal 6% all’11% in meno di quella convenzionale, mentre nel caso del mais transgenico si avrebbe un aumento della produzione del 2,6%.
Come le pagine precedenti hanno provato a mostrare, il problema del contenimento del prezzo del cibo non è di facile soluzione, in quanto coinvolge scelte di carattere politico, economico, sociale e di rapporti internazionali tra i diversi Paesi del globo. Affinché la situazione si normalizzi e si determinino condizioni nutrizionali stabili e sufficienti per tutti, sono necessari comportamenti cooperativi da parte degli organismi che compongono la lunga e complessa filiera di produzione del cibo. Questo comporta, necessariamente, che almeno alcuni comincino a mettere da parte forti interessi particolari per lasciare spazio alla ricerca di un bene comune globale.

Sarà necessario, inoltre, da parte di tutti — e in particolare degli abitanti dei Paesi ricchi — un atteggiamento più sobrio nei confronti del cibo, al fine di maturare una nuova consapevolezza verso un bene del quale nessuno può fare a meno.

domenica 10 novembre 2013

Lettera aperta al dott. Macrì, che ha provato a dare una informazione disinteressata sugli OGM

Gent. dott. Macrì,
il Suo sforzo è sicuramente apprezzabile, poichè sono 20 anni che si parla di OGM in Italia e ancora, purtroppo, non ne siamo venuti fuori.


Mi dispiace, però, farle notare che il Suo documento contiene una serie di inesattezze, che non contribuiscono certo ad impostare una discussione serena e tranquilla sull'argomento, come Lei vorrebbe.
Sul Creso lasciamo perdere, anche se, a mio parere, questa si chiama disinformazione. Nella Sua presunta obiettività, non può far credere ai comuni cittadini che sono decine di anni che mangiamo OGM......non è vero! Purtroppo il frumento duro Creso non rientra nella fattispecie prevista dalla vigente legislazione. Se poi Lei è in grado di cambiare le leggi, tutti quanti saremo d'accordo nel definire il Creso un OGM.

Nel Suo documento, ci sono poi una serie di inesattezze, guarda caso tutte favorevoli all’introduzione degli OGM o, quantomeno, idonee a formare un'opinione favorevole agli OGM da parte del lettore:

- non è vero che la pianta è indenne agli insetti fitofagi, gli insetti dopo poche generazioni maturano una resistenza genetica alla tossina Bt;


- non è vero che un unico trattamento diserbante elimina le erbe infestanti. Negli USA, a causa della massiccia utilizzazione dello stesso diserbante le erbe infestanti hanno maturato una resistenza genetica al diserbante. C’è poi il problema delle piante coltivate che diventano infestanti. C’è poi il problema del passaggio del transgene alle parentali selvatiche;


- le piante che resistono nel tempo alla conservazione non esistono. Avevano fatto il pomodoro, ma l’hanno ritirato dal mercato perchè aveva un sapore metallico, in pratica faceva schifo;

- le piante OGM che resistono ad ambienti avversi (caldo, freddo, sale, ecc.), purtroppo, ancora non esistono. Ma Lei pensa che se esistessero non sarebbero adottate e ci sarebbero opinioni contrarie?

- le piante con più vitamine, tipo Golden Rice o pomodoro arricchito di vit. A, non esistono. Tenga poi presente che il pomodoro arricchito di vit. A, prodotto italiano, ha un minor contenuto di licopene…..è la solita coperta stretta. Poi sappiamo benissimo che, soprattutto nel caso di vitamine liposolubili, è dannosa per la salute sia una carenza di vitamine, sia un eccesso delle stesse;

- le piante OGM che non contengono allergeni ancora non esistono;

- le piante OGM che producono farmaci sono farmaci e non alimenti, non possiamo metterle nello stesso capitolo. Ma Lei crede che i contrari agli OGM alimentari siano contrari all’insulina transgenica? 

- ben vengano microrganismi che producono farmaci, ma non sono alimenti.

Dott. Macrì, mi consenta, un documento mediocre, che non contiene proposte condivisibili. Per esempio avesse scritto che gli OGM per essere accettati devono, ripeto devono, avere il transgene nei cloroplasti, che devono avere promotori inducibili e che non devono avere marcatori antibiotici……forse avrebbe dato un contributo all’adozione degli OGM.
Macrì, mi scusi, ma devo essere molto franco…..un documento che non apporta nulla alla discussione in atto e che, probabilmente, è destinato a quel 20% di consumatori che sono favorevoli agli OGM.

giovedì 1 agosto 2013

Gilberto Corbellini e gli OGM in agricoltura

Gent. Prof. Gilberto Corbellini,

mi consenta, ma le fesserie e le idee false sugli OGM utilizzabili nella nostra agricoltura per l’alimentazione le racconta Lei, tra l’altro con una frequenza inaudita. Ho letto con attenzione il suo ultimo articolo pubblicato da “Il sole 24 ore” in data 28 luglio 2013, dove attacca, senza mezzi termini, Rampini, Petrini, De Girolamo, De Petris, COOP  ITALIA, COLDIRETTI, ecc. (l'elenco è molto lungo, possibile che siano tutti fessi e falsi?), per le idee che esprimono in tema di OGM applicati al settore agroalimentare (non metto il link per ovvi motivi, chi vuole lo può facilmente trovare) ed ho notato che contiene una serie di inesattezze e di "mezze verità" che fanno molto male alla discussione in atto.

Già leggendo la prima frase del suo intervento si capisce che sta parlando di un argomento che non conosce! Come può affermare che “…..un cartello di interessi economici, neppure trainanti per il PIL del Paese, riesca a tenere in scacco la politica nazionale in un settore.” Ma Lei pensa veramente che chi è contrario agli OGM voglia "tenere in scacco", o sia contro, la Politica Nazionale in tema di Agricoltura? Qual’ è la Politica Agricola Nazionale, se non quella di proteggere e di sostenere un settore di importanza strategica per il nostro Paese? Un settore che produce "gratuitamente" una serie di esternalità positive per il territorio, tra le quali paesaggio, assetto idrogeologico, tutela della biodiversità, ecc. (la cronaca di questi giorni ci riporta i danni dovuti ad alluvioni e a fenomeni franosi causati dall'esodo agricolo dai territori di collina e di montagna del nostro Paese...... le ricordo prof. corbellini che a causa del fatto che il reddito agricolo è fortemente dimunito, in questi ultimi anni, secondo i dati dei diversi censimenti agricoli, sono scomparse il 50% delle aziende agricole di collina e il 60% di quelle di montagna). 
Pensiamo all’Agricoltura Italiana come ad una grande impresa privata e chiediamoci …….”esiste sul mercato un’impresa privata che vuole a tutti i costi produrre un bene che l’80% dei consumatori ha dichiarato di non voler comprare ? Produrrebbe la FIAT un’auto che l’80% degli automobilisti ha dichiarato di non voler guidare? Esiste sul mercato un’impresa che abbandona una strategia vincente, basata sulla qualità (il fatturato annuo Agroalimentare è dell’ordine di 120 miliardi di euro, con un export dell’ordine di 30 miliardi di euro ……… i prodotti italiani copiati – taroccati - nel mondo originano un fatturato di 60 miliardi di euro, pari a 300.000 posti di lavoro), per attuare una strategia massificante e omologante, basata sui bassi costi di produzione e su livelli qualitativi discutibili, ben sapendo di non essere competitiva? Potremmo noi, Agricoltura Italia, competere con gli OGM sul mercato mondiale? L'Agricoltura Italiana, con i suoi costi sociali, burocratici, ambientali, sindacali, di sicurezza del lavoro, ecc., potrà competere utilizzando gli OGM con gli altri Paesi sulla base dei bassi costi e dei bassi prezzi?” Pura utopia caro Corbellini, solo una persona che non conosce come funziona il mercato dei prodotti agricoli può auspicare cose del genere. Noi, realisticamente parlando, potremo competere solo se sapremo rispondere alle domande del consumatore, che oggigiorno sono fondate sulla QUALITA’, sulla SICUREZZA ALIMENTARE  e sulla TRACCIABILITA’. Gli attuali OGM, purtroppo, come Lei dimostra di non sapere, non rispondono a nessuna di queste domande.

Ma il suo intervento è farcito di “Mezze Verità”, che fanno molto male alla discussione in atto sull’adozione o meno degli OGM nell'Agricoltura del nostro Paese. Lei scrive:

-         “……40 mila aziende agricole chiudono, sempre ogni anno,   perché non possono utilizzare le innovazioni biotecnologiche da cui trarrebbero sicura competitività sul mercato globale.” Il dato di fondo è vero ....... mediamente in Italia chiudono ogni anno 40.000 aziende agricole ........... ma come può pensare che il lettore sia così sprovveduto da credere a quello che poi sottintende? Lei crede veramente che tutte queste aziende agricole chiudano i battenti perché non possono utilizzare gli OGM? Lei crede veramente che queste 40.000 aziende con gli OGM potrebbero competere sul mercato globale e sopravvivere? Lei crede veramente che gli OGM possano rappresentare una soluzione a tutti i loro problemi? Corbellini, queste aziende chiudono molto semplicemente perchè producono ai costi italiani e vendono ai prezzi globalizzati. E poi, mi consenta, è un’indagine che ha fatto Lei, nel qual caso ci fornisca i dati completi, oppure è una sua opinione? Se è una sua opinione si mette allo stesso livello di quelli che ha veemente criticato nel suo articolo.

-         Nel suo articolo è riuscito anche a scrivere che gli OGM producono le stesse quantità di alimenti riducendo l’uso dei fertilizzanti……..quindi, Corbellini, vanno contro le leggi della Fisica, con particolare riferimento alla prima legge della termodinamica!!! Una cosa straordinaria, da Premio Nobel……..nessuno l’aveva mai scritto, o, quantomeno, io non l’ho mai letto prima. Ci può indicare le fonti?

-         E’ riuscito anche a scrivere che “E’ in vista anche la commercializzazione del grano OGM, al più tardi nel 2020.” Mi compiaccio del fatto che ha la “Sfera di cristallo”, per cui riesce anche a prevedere il futuro. Sappia che il frumento OGM è già stato creato da parecchi anni, ma, in relazione al fatto che sarebbe destinato all’alimentazione umana diretta, persino gli agricoltori dei Paesi dove gli OGM sono coltivati da anni si sono espressi contro la sua introduzionein pieno campo, poiché sanno benissimo che non ne esporterebbero un chicco.

-         Il massimo dell’obiettività, caro Corbellini, lo raggiunge quando a proposito degli agricoltori biologici scrive che “…….per tutelare i nostri  contadini più inoperosi e parassiti (ovvero i coltivatori che fanno Agricoltura Biologica, ndr), ci tocca importare il 70% del grano tenero, il 56% del grano duro, il 20% del mais………. Ma Lei crede veramente a quello che ha scritto?Crede veramente che con gli OGM noi potremmo raggiungere l’autosufficienza alimentare? Crede veramente che gli agricoltori biologici siano inoperosi e parassitari? Ma ha mai visitato un’azienda agricola biologica? Ma si rende conto delle fatiche e dei rischi che deve affrontare un agricoltore biologico, che deve attuare una coltivazione in pieno campo senza utilizzare fitofarmaci di sintesi? Senza utilizzare fitofarmaci sistemici? Senza utilizzare concimi chimici? Un agricoltore che attraverso siepi a piante arboree cerca di mantenere una certa biodiversità. Un agricoltore che sperimenta sulla sua pelle tecniche produttive a basso impatto ambientale, che, se funzionano, vengono adottate anche dall’agricoltura convenzionale (trappole sessuali, confusione sessuale, Bacillus thuringiensis, ecc.)? Lei li chiama "parassiti inoperosi".........io ritengo che la nostra Società dovrebbe dare a questi agricoltori un premio! 

In conclusione, caro prof. Corbellini, alcuni epiteti (veri e propri insulti) contenuti nel suo articolo nei confronti di quelli che non la pensano come Lei sugli OGM:

-         Ottusamente conservatori
-         Pragmaticamente ignoranti
-         Attuano una mediocre filosofia
-         Attuano marketing ingannevole
-         Oscurantisti
-         Analfabeti del diritto
-         Imbroglione francese (Seralini)
-         Contadini inoperosi (biologici)
-         Contadini parassiti (biologici)
-         Inganno semantico (riferito all’alimento biologico)
-         Intelligenza inferiore alla media
-         Disonestà di fondo
-         Raccontano a pagamento menzogne
-         Dementi
-         Avversari ideologici
-         Fesserie demenziali contro gli OGM.

Caro prof. Corbellini, purtroppo gli OGM in agricoltura necessitano 
di un approccio olistico e non superficiale, per slogan, come il Suo. 

E poi, mi consenta, si controlli un attimo.



- hanno scritto di corbellini:


http://www.unita.it/scienza/non-capisco-i-toni-contrastare-gli-ogm-e-un-favore-al-bene-comune-1.582512

lunedì 3 giugno 2013

MA QUANTO CI COSTA QUESTO GRANO GENETICAMENTE MODIFICATO? CHI PAGA I CONTROLLI? SEMPRE PANTALONE? E SE A PAGARE FOSSE COLUI CHE L’HA INTRODOTTO NELL’AMBIENTE NON SAREBBE MEGLIO PER TUTTI?



La notizia  è relativa ad una varietà di grano geneticamente modificato, non approvata, trovata in un’azienda agricola in Oregon. La questione potrebbe disturbare le esportazioni americane di grano. Il Dipartimento per l'Agricoltura ha detto che il grano era del tipo sviluppato dalla Monsanto per essere resistente all’erbicida Roundup, noto anche come glifosato. Tale grano è stato testato sul campo in 16 Stati, tra cui l’Oregon, dal 1998 al 2005, ma la Monsanto lasciò cadere il progetto prima che il grano fosse mai stato approvato per la coltivazione commerciale. Il dipartimento ha riferito che non èancora a conoscenza se tale grano sia entrato o meno nella catena alimentare o in spedizioni di grano. Tuttavia, i funzionari hanno detto che questo non rappresenterebbe una minaccia per la salute. Da quanto appreso, l’Esecutivo dell’UE avrebbe chiesto alla Monsanto di assistere gli Stati membri nel controllo delle importazioni statunitensi di cereali al fine di verificare la presenza illegale del grano geneticamente modificato non approvato, la cui coltivazione è stata scoperta in Oregon. La Commissione europea ha già allertato gli Stati membri al fine di controllare le importazioni di grano tenero, che costituiscono circa l’80% dell’oltre 1 milione di tonnellate di grano importato annualmente.

MA QUANTO CI COSTA QUESTO GRANO GENETICAMENTE MODIFICATO? CHI PAGA I CONTROLLI? SEMPRE PANTALONE? E SE A PAGARE FOSSE COLUI CHE L’HA INTRODOTTO NELL’AMBIENTE NON SAREBBE MEGLIO PER TUTTI?

venerdì 31 maggio 2013

USA frumento OGM non legale in Oregon

Forse qualche agricoltore è riuscito ad ottenere per “vie traverse” frumento non ancora legalizzato, forse è un residuo dei campi sperimentali effettuati nel 2005, fatto sta che la presenza di un OGM non autorizzato sembra stia mettendo in crisi la produzione statunitense di frumento, così come è già avvenuto anni fa per il riso. Chi paga questi danni? Sempre pantalone? E i profitti sugli OGM a chi vanno? Sempre ai soliti privati? Siamo stanchi di questa situazione. E’ mai possibile che dobbiamo essere noi a verificare se gli OGM fanno bene o fanno male alla salute umana e all'ambiente? E una volta approvati, le responsabilità da parte di colui che li ha introdotti rimangono o svaniscono? Questa si chiama “Privatizzazione dei ricavi e Collettivizzazione dei costi”.

Paura per le esportazioni. Il Giappone ha annullato gli ordini

New York, 30 mag. (TMNews) - Un agricoltore dell'Oregon ha trovato nei suoi campi una varietà di frumento geneticamente modificato. Fino a qui nessun problema, visto che negli Stati Uniti la legge permette la coltura di Ogm approvati dal dipartimento dell'Agricoltura (Usda). Se non fosse che i semi del cereale in questione appartengono a una specie che non può essere coltivata in America. L'Usda ha comunicato che il frumento non è stato messo in commercio e che comunque non ci sarebbero rischi per la salute pubblica.
Tuttavia la notizia sta incrinando le relazioni commerciali internazionali, Italia compresa, visto che gli Stati Uniti vendono la metà del loro prodotto sui mercati di Europa e Asia. Il Giappone, il secondo più grande importatore di frumento americano, ha già cancellato tutti i suoi ordini.
Ma in che modo il frumento è finito in quel campo dell'Oregon? Secondo le analisi di laboratorio svolte dal dipartimento dell'Agricoltura apparterrebbe una varietà che la multinazionale Monsanto aveva testato legalmente dieci anni fa in Oregon e in altri 15 Stati americani: un tipo di frumento capace di resistere al glifosato, un potente erbicida. Tuttavia dal 2005 le prove si erano fermate perché la varietà non era stata approvata.
C'è di più, visto che in Oregon le prove sarebbero state sospese nel 2001, dodici anni fa. E si supponeva che tutti i semi incriminati fossero stati rimossi dai campi. "Non siamo a favore della commercializzazione di prodotti Ogm fino a quando non sono stati ritenuti legali dal governo americano e dagli altri Paesi", ha detto Steve Mercer della U.S. Wheat Associates che poi ha aggiunto: "Ci troviamo di fronte a un singolo caso, isolato".
Ma le paure dei mercati non si fermano: l'Unione europea (che ogni anno importa dagli Stati Uniti più di un milione di tonnellate di frumento) controllerà tutta la materia prima in entrata, rifiutandola se contenente Ogm. Lo scorso anno il nostro Paese aveva importato 379.689 tonnellate per 120 milioni euro.

Intanto le analisi sui campi continuano. "Abbiamo un gruppo di ricerca che sta lavorando per capire cosa sia successo", ha detto in una nota Bernadette Juarez, una funzionaria dell'Usda Animal and Plant Health Inspection Service. Già nel 2006 tracce di riso geneticamente modificato - e non approvato - erano state trovate in gran parte dei raccolti americani. La scoperta aveva fatto crollare le esportazioni degli Stati Uniti, facendo perdere milioni di dollari. In questo caso il problema potrebbe essere ancora più grave, tenendo conto che la produzione di frumento in Usa è enorme se rapportata a quella del riso.