Gent. Neuroscienziata Elena Cattaneo,
lo so sono ripetitivo, Lei, però, utilizza dei toni da
inquisitore. Insisto ancora nel dirle che, in relazione al fatto che molto
probabilmente non ha mai visto un campo coltivato, o, quantomeno, non ne
conosce le problematiche, Le consiglierei di non farsi strumentalizzare su
problematiche di carattere agricolo e di continuare a fare il suo lavoro. Mi
creda, sarebbe un bene per tutti. Il campo coltivato, purtroppo, non è un
laboratorio di chimica, ma è qualcosa di molto più complesso, dove le
interazioni tra esseri viventi sono infinite. Occorre poi un approccio olistico
al problema, senza dimenticare le interconnessioni che possono esserci tra
biodiversità, tutela del territorio, economia, politica, etica, ecc. Purtroppo
questo approccio olistico i suoi suggeritori non lo possiedono, per cui le
fanno fare delle figure quantomeno discutibili.
DOMANDA N. 15 - Lei sostiene che l'Italia investe 700 milioni di euro per innovazione e ricerca agroalimentare. Può elencarmi le voci dei progetti che Le consentono di asserire che questa cifra è attendibile? Non vorrei che chi le ha fornito l'informazione si sia confuso con il costo degli stipendi di intere generazioni di scienziati (includendo anche i forestali calabresi?), colleghi a cui viene di fatto impedito di lavorare e innovare. Lei fa bene a pensare alla ricerca in Genomica che oggi è all'avanguardia, ma darà (forse) il suo ritorno applicativo tra almeno 10 o 15 anni. Oggi Lei sta pagando gli errori di chi l'ha preceduta e non ha investito in ricerca. Lei oggi deve confrontarsi con i milioni di tonnellate di Ogm che importiamo e con 14 anni di divieti agli Ogm che ci hanno messo in ginocchio e con una bilancia agroalimentare in rosso per 4-6 miliardi di euro l'anno. Vuole affrontare questo deficit, o deviare e parlare d'altro e restare in rosso per altri 15 anni?
RISPOSTA ALLA DOMANDA N. 15 di 16
Gent. Neuroscienziata
Elena Cattaneo, anche la domanda n. 15 è
composta di 3 domande e, purtroppo, è “farcita” di informazioni che solo Lei
possiede…..o, forse, così come per la domanda n. 14, sono esclusivamente opinioni
Sue personali, alle quali è difficile portare elementi di conoscenza.
In tema di OGM, così come del resto per altri ambiti
scientifici di “frontiera”, siamo tutti d’accordo sul fatto che la ricerca non
può essere fermata. Questo non significa, però, che essa possa essere
effettuata liberamente, senza alcuna regola e senza adottare il “Principio di
precauzione”. Soprattutto nel caso di ricerche che presentano, anche solo
potenzialmente, effetti negativi per lo sviluppo sostenibile della nostra
società e soprattutto nel caso in cui questi effetti siano irreversibili ed
incontrollabili, così come per le piante OGM, occorre adottare regole che
impediscano che questi eventi possano verificarsi.
Nel caso degli OGM, che presentano transgeni nucleari che
possono originare inquinamento genetico, e soprattutto nella loro
sperimentazione in campo aperto, occorre notevole “precauzione",
poiché l’inquinamento genetico è per sua natura qualcosa di incontrollabile;
una volta che determinati individui che hanno autonoma capacità di replicarsi
sono stati immessi nell’ambiente, sarà molto difficile eliminarli. Pensi, per
esempio, ad una sperimentazione in campo aperto con “colza RR”, che nel nostro
Paese ha parentali selvatiche con le quali incrociarsi (per esempio senape
selvatica). Cosa accadrebbe se il transgene dalla colza RR migrasse nella
senape selvatica e da questa, in modo incontrollato, si diffondesse nell’ambiente?
Esempi in questo senso sono rappresentati per il momento da alcuni animali,
sicuramente dannosi per la nostra agricoltura e per il nostro benessere, regalo
della globalizzazione dei mercati, che si sono diffusi nel nostro Paese,
originando situazioni dannose per gli equilibri ecologici ambientali di alcuni
territori (infantria, nutrie, scoiattoli, gamberi, pesce siluro,
ecc.).
Anche le nuove piante transgeniche potrebbero dar luogo
ad un inquinamento genetico di questo tipo, con un'aggravante però; mentre per
gli animali sarebbe sostanzialmente semplice, anche se oneroso e cruento,
risolvere il problema una volta accertato che essi sono dannosi per la salute
dell’uomo e per l’ambiente, per le piante transgeniche, trattandosi di piante
fenotipicamente identiche a quelle naturali, la risoluzione del problema
sarebbe notevolmente più difficoltosa e dispendiosa, se non impossibile.
In
questo contesto appare necessario adottare il “principio di precauzione” e
verificare preventivamente, attraverso lo sviluppo di specifiche ricerche, gli
effetti che gli OGM possono determinare, con particolare riferimento agli
elementi di sicurezza, di sostenibilità e di economicità per
l’agricoltura del nostro Paese.
Da un punto di vista della sicurezza, è necessario
che le produzioni transgeniche non si collochino ad un livello inferiore
rispetto a quelle convenzionali in termini di salubrità, tracciabilità, qualità
ed economicità.
Per quanto attiene alla salubrità, occorrerà dapprima
chiarire gli effetti degli organismi transgenici sulla salute umana,
sia da un punto di vista delle malattie che essi possono eventualmente indurre,
sia da un punto di vista delle loro caratteristiche nutrizionali. Molti
scienziati, infatti, concordano sul fatto che l’inserimento del transgene e la
produzione della relativa proteina potrebbero dare origine a fenomeni di tipo
allergico. Occorrerà, inoltre, verificare se risponde al vero l’eventualità che
i batteri patogeni possano acquisire il marcatore che conferisce resistenza
all’antibiotico utilizzato per selezionare le cellule che hanno ricevuto il
transgene. Più in generale, occorrerà valutare attentamente tutte le
interazioni che possono dare origine a fenomeni dannosi per la salute, sia nel
caso di elevati livelli di singole somministrazioni, sia nel caso, più
realistico per le sostanze alimentari, di basse somministrazioni che si
protraggono nel tempo.
Un altro pericolo reale, soprattutto in relazione al
fatto che la tecnologia necessaria per ottenere piante transgeniche è piuttosto
semplice e alla portata di piccoli laboratori, potrebbe essere costituito dalla
possibilità che piante transgeniche siano prodotte e commercializzate all’insaputa
degli organismi di controllo. Pertanto,
occorrerà essere in grado di distinguerle nettamente da quelle “normali”, anche
nel caso in cui non siano conosciuti i transgeni, i marcatori e i promotori. In
questo ambito le ricerche potranno essere rivolte alla definizione di metodi
di identificazione delle produzioni transgeniche.
Nell’ambito delle problematiche relative alla sicurezza
per il consumatore, un ruolo di rilievo possono avere anche le ricerche tese
ad evidenziare le caratteristiche organolettiche degli alimenti
transgenici, che non devono essere diverse da quelle che caratterizzano le
produzioni convenzionali. Soprattutto per il nostro Paese, nel quale le
produzioni tipiche di qualità assumono un ruolo decisamente importante, questo
elemento dovrà essere verificato attentamente prima di indirizzare la
produzione agricola verso questa strada.
Da un punto di vista qualitativo, in relazione al fatto
che attualmente siamo alle prime applicazioni di questa tecnologia, ci si può
chiedere: che cosa accadrà quando nella stessa pianta saranno introdotti più
transgeni (uno che conferisce resistenza ad un erbicida, un altro che
conferisce resistenza agli insetti, uno che conferisce resistenza ai virus, un
altro che conferisce resistenza alle batteriosi, un altro che conferisce
resistenza alle micosi, un altro ancora che conferirà alla pianta resistenza al
freddo o al caldo, alla siccità, ecc.)? Ci troveremo di fronte alla stessa
pianta, con le stesse caratteristiche nutrizionali originarie, oppure sarà qualcosa
di diverso? Ecco che la ricerca potrebbe verificare gli effetti e le
interazioni sul prodotto finale conseguenti alla contemporanea presenza di più
transgeni nello stesso organismo.
Per quanto attiene alla sostenibilità degli OGM,
occorrerà preliminarmente considerare che il nostro Paese è caratterizzato
dalla presenza di un gran numero di prodotti tipici, frutto di una continua
selezione naturale e di un continuo affinamento delle tecniche di
trasformazione, che rappresentano un vanto per la nostra agricoltura e per la
nostra industria agro-alimentare. Le ricerche in questo ambito si rendono
necessarie al fine di:
- impedire che entrino nel Paese organismi non voluti,
che potrebbero determinare una variazione permanente delle caratteristiche
qualitative delle nostre produzioni tipiche (IGP, DOP, DOC,
biologiche, ecc.). Per esempio, sarà necessario verificare se il “Parmigiano
Reggiano”, ma così anche per le altre produzioni, mantiene le medesime
caratteristiche organolettiche anche nel caso in cui per la sua produzione sia
utilizzato latte proveniente da vacche alimentate con mangimi di origine
transgenica (stessa cosa dicasi per il “Prosciutto di Parma” e per le altre
produzioni tipiche);
- impedire che determinate scelte possano mettere in
crisi la competitività della nostra agricoltura, soprattutto
quella attuata nelle aree marginali, che, come è risaputo, svolge anche altre
importanti funzioni che non sono esclusivamente legate alla produzione di
derrate alimentari (paesaggio, assetto idrogeologico, tutela della flora e
della fauna, ecc.);
- verificare gli effetti ambientali reali e
potenziali degli organismi transgenici (impatti diretti e indiretti,
effetti sulla flora, effetti sulla fauna, effetti sul terreno, effetti
sugli ecosistemi, effetti economici, ecc.), al fine di fornire una risposta
univoca a quelli che attualmente sono i principali dubbi che caratterizzano
l’applicazione di questa tecnologia.
In particolare, occorrerà verificare se risponde al vero
che:
- possano
esserci delle interazioni tra le piante transgeniche e le loro parentali
selvatiche, con la possibilità di trasferimento a queste ultime del transgene
per la resistenza ai diserbanti, con conseguente creazione di “superinfestanti”
resistenti esse stesse al diserbante (come per esempio può accadere tra Colza
RR e senape selvatica);
- vi possa essere
la possibilità di trasferimento a piante parentali selvatiche del transgene per
la resistenza agli insetti;
- si abbia la selezione nel tempo di insetti
resistenti alla tossina insetticida prodotta dal transgene nelle piante BT;
- si possa avere un’azione della tossina
insetticida anche nei confronti di insetti non bersaglio;
- si possa avere un comportamento infestante delle
PT resistenti al diserbante, con aggravamento delle problematiche agronomiche
connesse al contenimento dei danni provocati dalle piante infestanti;
- si abbia una riduzione della biodiversità, in relazione
alla forte specializzazione produttiva che accompagnerà la coltivazione di
queste piante.
Di estrema importanza per il nostro Paese è anche la
verifica degli effetti legati all’eventuale modificazione del paesaggio rurale,
in relazione al fatto che la transgenesi potrebbe essere in grado di eliminare
quelle limitazioni di carattere ambientale che oggigiorno impediscono la
diffusione di determinate piante in ambiti territoriali a loro ostili (per
assurdo si potrebbe pensare alla diffusione nel nostro Paese di coltivazioni di
banane, di datteri, ecc.).
Per quanto attiene, infine, all’economicità, occorrerà
verificare se le coltivazioni transgeniche rispondono o meno ad obiettivi di
sviluppo sostenibile e se le stesse sono in sintonia con gli obiettivi di
politica agraria. In particolare, occorrerà verificare se esse sono in grado di
determinare:
- un aumento della competitività dell'agricoltura, in
relazione alle aperture del commercio internazionale previste dagli Accordi
GATT;
- un aumento della qualità dei prodotti agricoli, in
relazione alle nuove esigenze dei consumatori;
- una maggior sostenibilità ambientale delle pratiche
agricole;
- il mantenimento del prezzo delle produzioni alimentari
ad un livello accettabile per gli agricoltori e per i consumatori;
- l’impostazione di adeguate politiche di sviluppo
rurale, al fine di evitare fenomeni di esodo rurale;
- la multifunzionalità dell'agricoltura, al fine di
favorire altre forme di integrazione al reddito dell'agricoltore;
- il decentramento e la semplificazione burocratica
dell'attività agricola.
Preoccupante per il nostro Paese è la possibilità offerta
dalle moderne biotecnologie di:
- indurre nelle piante la resistenza a fattori
pedoclimatici avversi (caldo, freddo, ph, contenuto di calcare, contenuto di
sodio, ecc.), al fine di consentire la coltivazione di piante tipiche del
nostro territorio (fragola, agrumi, olivo, vite, ortaggi, ecc.) anche in altre
aree del pianeta, che presentano limitazioni di tipo pedoclimatico. Quando sarà
possibile produrre di tutto ovunque, con ogni probabilità le produzioni si
sposteranno laddove minori sono i costi di produzione e laddove minori sono le
limitazioni di carattere ambientale e di carattere produttivo (ci si riferisce
alle limitazioni nell’uso di concimi, di fitofarmaci, ecc.);
- far produrre a piante annuali le sostanze che
attualmente otteniamo dopo anni di allevamento da piante arboree (per esempio
sembra che sia possibile ottenere dalla coltivazione di colza transgenica un
olio "sostanzialmente equivalente" a quello ottenuto dalla spremitura
delle olive), e gli esempi potrebbero continuare ancora.
Da un punto di vista economico occorrerà infine operare
un confronto tra i costi di produzione in agricoltura convenzionale e
transgenica, al fine di stimare l’effetto che l’introduzione di questi
nuovi prodotti potrebbe avere sul sistema dei prezzi dei prodotti alimentari.
Nell’ambito dei costi, un ruolo importante assumeranno
anche quelli di distribuzione, in quanto la segregazione delle filiere
produttive implica la necessità di effettuare analisi del DNA e certificazioni
di processo e di prodotto caratterizzate da elevati costi. Da rilevare a questo
proposito che fin tanto che permarranno perplessità e incertezze nell’uso di
questi nuovi alimenti non si intravedono grandi vantaggi economici per il
consumatore, in quanto i costi dei controlli ed i costi di segregazione delle
due filiere andranno a compensare, se non a superare, gli auspicati minori
costi di produzione della fase agricola.
In questo contesto occorre credere nella ricerca e
affidarle il compito di fornire certezze in merito a scelte che possono avere
ripercussioni a lungo termine per il nostro sviluppo e per quello delle
generazioni future.
Gent. Sen. Cattaneo, colui che Le ha suggerito questa domanda
l’ha utilizzata per far credere alla gente comune che c’è oscurantismo nei
confronti degli OGM, ma non è vero! La ricerca può andare avanti senza
problemi. Rimane il fatto che in presenza di risorse scarse, esistono campi
della ricerca socialmente più importanti degli OGM. Pensiamo, per esempio a
tutta la problematica relativa al mantenimento dell’agricoltura nelle aree di
collina e di montagna del nostro Paese, al fine di limitare l’esodo rurale e al
fine di consentire una corretta utilizzazione del territorio al fine di frenare
il dissesto idrogeologico.
Cara Neuroscienziata Elena
Cattaneo, ancora una volta, come vede, non è tutto così semplice. E’ vero
che il mais Bt come da Lei auspicato potrebbe contribuire al benessere della
nostra Società, ma il benessere non è dato solo da elementi di carattere
economico, è qualcosa di molto più complesso. Tenga poi presente che le
importazioni sono inevitabili, poiché molto spesso nel Commercio Internazionale
siamo costretti ad accettare prodotti agricoli in cambio di prodotti
industriali.